Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47832 del 11/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 47832 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CASSANO MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
HOSNI JIHAD N. IL 25/02/1979
avverso la sentenza n. 124/2012 GIUDICE DI PACE di PADOVA, del
21/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARGHERITA CASSANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Ci_ che ha concluso per e
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 11/10/2013

Ritenuto in fatto.

1.11 21 novembre 2012 il giudice di pace di Padova dichiarava Hosni Jihad

colpevole del reato previsto dall’art. 14, comma 5-ter, d. lgs. n. 286 del 1998, così
come modificato dalla 1. n. 129 del 2011, accertato in Padova il 18 giugno 2010 e
lo condannava alla pena di quindicimila euro di multa.

territorio dello Stato in violazione dell’ordine di allontanamento dal territorio dello
Stato impartito dal Questore di Perugia il 10 aprile 2010 e notificato in pari data.
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il

difensore di fiducia, Hosni Jihad, il quale lamenta erronea applicazione della legge
penale, mancanza e contraddittorietà della motivazione, atteso che la fattispecie
contestata corrisponde alla formulazione dell’art. 14, comma 4 ter, d. lgs. n. 286 del
1998 nella versione antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 23 giugno 2011 n.
89, convertito con modificazioni nella legge 2 agosto 2011 n. 129 e che tale
previsione contrasta con la direttiva 2008/115/CE.

Osserva in diritto.

Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito precisate.
1.0ccorre premettere che la condotta di inosservanza, senza giustificato motivo,
dell’ordine di allontanamento emesso dal Questore, è stata accertata – secondo
quanto risulta dalla contestazione – il 19 giugno 2010, ossia in epoca antecedente
all’entrata in vigore delle modifiche introdotte dal d.l. 23 giugno 2011 n. 89,
convertito con modificazioni nella legge 2 agosto 2011 n. 129, adottata dal
legislatore italiano per conformare la legislazione interna alla direttiva 2008/115/CE
e al dictum della sentenza del 28 aprile 2011 della Corte di giustizia europea.
Si tratta, quindi, di stabilire, attraverso il confronto tra le fattispecie astratte ex
art. 14, comma 5-ter avvicendatesi nel tempo, se si è in presenza o meno di una
mera successione modificativa e se, di conseguenza, possa trovare applicazione la
disciplina prevista dall’art. 2, commi 3 e 4, c.p.
2.11 raffronto tra la precedente e la nuova formulazione dell’art. 14, comma 5-ter
evidenzia un’omogeneità strutturale tra le due incriminazioni in successione, aventi
il medesimo oggetto di tutela, mentre non denota con immediatezza la volontà
legislativa di abrogare la previgente disciplina. In tale contesto si tratta di stabilire
1

All’imputato si contesta di essersi, senza giustificato motivo, trattenuto nel

se le condotte realizzate prima della novella legislativa di cui al d.l. n. 89 del 2011
siano tuttora punibili e siano sussumibili all’interno della nuova figura di illecito
previsto dall’art. 14, comma 5-ter, quale modificato dal suddetto provvedimento
normativo.
Affinché si possa parlare di abrogazione integrale è necessario, innanzitutto, che
il raffronto logico-strutturale tra gli elementi costitutivi delle due fattispecie

stessi. In tale ipotesi, in ossequio al principio costituzionale di irretroattività, non
può parlarsi di mera successione modificativa e si verte, piuttosto, in un caso di
abrogazione sotto un profilo e di nuova incriminazione sotto l’altro.
Inoltre, pur in presenza di un’omogeneità strutturale degli elementi costitutivi
delle due fattispecie in successione, l’abrogazione normativa può discendere dalla
espressa irrilevanza penale attribuita dal legislatore a fatti in precedenza puniti e
dalla esplicita previsione della applicabilità della nuova incriminazione opera
soltanto per l’avvenire.
3.Nel caso in esame, sul piano logico-formale si configura una piena continuità
normativa tra le due figure criminose che si sono susseguite nel tempo (contra Sez.
1, n. 36446 del 23 settembre 2011) e, allo stesso tempo, non può parlarsi di
abrogazione sotto nessuno dei due profili in precedenza indicati, in quanto
nell’ambito della nuova formulazione dell’art. 14, comma 5-ter il legislatore si è
limitato (come già sopra detto) a sostituire la sanzione, trasformata da detentiva in
pecuniaria e non ha espressamente sancito la non punibilità dei fatti pregressi.
In consonanza con un’autorevole dottrina si deve, piuttosto, ritenere che il
nuovo reato di cui all’art. 14, comma 5-ter, pur se omogeneo sotto un profilo
strutturale alla previgente fattispecie incriminatrice, non si pone in continuità
normativa con la stessa, perché sussiste una discontinuità sostanziale del “tipo di
illecito”. Di conseguenza, i fatti posti in essere in epoca antecedente alla novella
legislativa, pur se sussumibili all’interno della nuova ipotesi criminosa e dunque
tuttora punibili, non sono più perseguibili, poiché l’incriminazione non esiste più
come “tipo di illecito” (Sez. Un., n. 35 del 13 dicembre 2000). Una conclusione del
genere è avvalorata da un’ulteriore decisione delle Sezioni Unite di questa Corte
(Sez. Un., n. 1235 del 28 ottobre 2010), le quali hanno affermato che in tema di
successione di leggi penali nel tempo può accadere (anche se non costituisce la
regola) che la legge successiva contenga elementi indicativi della volontà legislativa
2

incriminatrici che si sono susseguite mette in luce un rapporto di eterogeneità fra gli

di far venire meno la punibilità dei reati commessi in precedenza, pur in presenza
delle condizioni per l’applicabilità della regola dell’art. 2, comma 4, c.p.
Sulla base di tali principi deve affermarsi che la novella legislativa ha
determinato una frattura tra la vecchia e la nuova formulazione dell’art. 14, comma
5 ter: da un lato ha comportato l’abolizione della norma previgente con conseguenti
riflessi sulla revoca delle sentenze definitive di condanna ai sensi dell’art. 673 c.p.p.

dopo la sua entrata in vigore. Sebbene, quindi, la modifica dell’art. 14, comma 5-ter
abbia inciso soltanto sulla sanzione (trasformata da detentiva in pecuniaria) senza
circoscrivere o revocare, sotto il profilo logico-formale, l’incriminazione, la nuova
previsione di illecito penale ex art. 14, comma 5-ter d.l. n. 89 del 2011 è destinata a
valere unicamente per il futuro e può essere applicata esclusivamente in relazione ai
comportamenti realizzati dopo l’entrata in vigore del suddetto decreto legge
4.Per tutte queste ragioni s’impone l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non è previsto dalla
legge come reato.
Così deciso in Roma, 1’11 ottobre 2013.

e, dall’altro, ha previsto una nuova incriminazione per i comportamenti realizzati

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