Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47805 del 24/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 47805 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GAZZARA SANTI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BONETTO PAOLO N. IL 10/12/1970
avverso la sentenza n. 500272/2011 TRIB.SEZ.DIST. di SAN DONA’
DI PIAVE, del 22/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANTI GAZZARA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 24/10/2013

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Venezia, con sentenza del 22/6/2012, ha applicato a carico
di Paolo Bonetto, imputato del reato di cui all’art. 256, co. 1, lett. a) e b),
d.Lvo 152/06, e 110 cod.pen., perché in difetto di titolo autorizzativo, in
rifiuti pericolosi, la pena di mesi 4 e giorni 20 di arresto ed euro 2.000,00
di ammenda, con concessione del beneficio ex art. 163 cod.pen.
subordinata alla bonifica dell’area; ha condannato il prevenuto a
rifondere le spese processuali sostenute dalle parti civili, Comune di
Fossalta di Piave, WWF Italia e Legarnbiente Volontariato Veneto, nella
misura ritenuta equa e di giustizia.
Propone ricorso per cassazione il Bonetto, personalmente, con i seguenti
motivi:
-violazione dell’art. 318, d.Lvo 156/06, carenza di legittimazione ad agire
innanzi al giudice ordinario delle Regioni, delle Provincie e dei Comuni, in
quanto l’unico destinatario di detta legittimazione è da ritenere, ex lege, il
Ministro dell’Ambiente, con la conseguenza che il giudice avrebbe dovuto
escludere l’ingresso nel processo sia del Comune di Fosalta di Piave, sia
delle associazioni WWF e Legambiente;
-vizio di motivazione in ordine alla pena inflitta, in punto di mancata
giustificazione sulla applicazione del trattamento sanzionatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
In ordine al primo motivo di annullamento va, preliminarmente,
osservato che il d.Lvo 252/06, art. 316, ha espressamente abrogato l’art.
18 della L. 349/86 e, nell’art. 300, commi 1 e 2, ha definito la nozione di

concorso con soggetti non identificati, espletava attività di gestione di

danno ambientale, con riferimento a quella posta, in ambito comunitario,
dalla Direttiva 2004/35/CE.
L’art. 311 del citato decreto 152 riserva attualmente allo Stato e in
particolare al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio il
potere di agire, anche esercitando l’azione civile in sede penale, per il
per equivalente patrimoniale.
Ai sensi del successivo art. 313, co. 7, comunque, resta in ogni caso fermo
il diritto dei soggetti danneggiati dal fa :to produttivo di danno ambientale
di agire in giudizio per il risarcimentc di detto danno nei confronti del
responsabile, a tutela dei diritti e degli interessi lesi.
Si è avuto un ridimensionamento del ruolo degli enti locali, ai quali è stata
espressamente attribuita la sola facoltà di sollecitare l’intervento statale
(art. 309 ) e di ricorrere in caso di inerzie od omissioni ( art. 310), ma non
la legittimazione ad agire ed intervenire in proprio.
Rientrano, quindi, nella esclusiva pertinenza statale i profili strettamente
riparatori dell’ambiente in sé, mentre gli enti territoriali possono agire per
il risarcimento dei danni diversi, derivànti dalle lesioni di interessi locali,
specifici e differenziati di cui sono portatori, ad essi eventualmente
arrecati ( Cass. Sent. 755/2009).
La normativa ambientale, ut supra richiamata, si affianca alla disciplina
generale del danno posta dal codice civile, sicché le associazioni
ambientaliste, pure dopo l’abrogazione delle previsioni di legge prima
richiamate, devono ritenersi legittimate alla costituzione di parte civ le
nel processo per reati che abbiano cagionato pregiudizi all’ambiente, per
il risarcimento non del danno ambientale come interesse pubblico, bensì
dei danni direttamente da esse direttamente subiti: danni diretti e
specifici, ulteriori e diversi rispetto a quello, generico e di natura pubblica,
della lesione dell’ambiente come bene pubblico e diritto fondamentale di

risarcimento del danno ambientale, sia in forma specifica e, se necessario,

rilievo costituzionale ( Cass. 3/10/2006, n. 36514; Cass. 11/2/2010, n.
14428).
Le associazioni ambientaliste, sono, quindi, legittimate a costituirsi parte
civile quando perseguano un interesse non caratterizzato da un mero
collegamento con quello pubblico, bensì concretizzatosi in una realtà
l’interesse all’ambiente cessa di essere diffuso e diviene soggettivizzatc e
personificato ( Cass. 25/1/2011, Pelloni, Cass. 21/6/2011, Memmo ).
Fatta questa dovuta premessa, devesi rilevare che, nel caso di specie, la
doglianza, formulata nel primo motivo di annullamento, non può trovare
ingresso, in quantab dagli atti process_iali emerge che al momento de la
costituzione delle parti civili, nessuna contestazione è stata mossa da la
difesa del prevenuto; dopo due rinvii, per permettere al Bonetto di
formulare richiesta di applicazione di ici alternativi, la difesa di costui si è
opposta alla costituzione di parte civiie; ma alla decisione del giudice di
ammettere la detta costituzione, nessuna contestazione è più stata
ribadita dal difensore del prevenuto, il quale si è limitato a chiedere che il
proprio assistito fosse giudicato ex art. 444 e segg. cod.proc.pen.,
proponendo le condizioni del negoi io pattizio, di poi, ratificato cal
Tribunale.
Non può, quindi, l’imputato, ora, dolersi che in favore del WWF Italia e di
Legambiente Volontariato Veneto sia stata disposta la rifusione de le
spese processuali, in quanto avverso la decisione con cui il giudice di
merito ha ammesso la costituzione delle stesse, nessuna opposizione è
stata ritualmente sollevata.
Del pari manifestamente infondata è da ritenere la censura mossa con il
secondo motivo di annullamento, attinente al trattamento sanzionatoro,
in quanto in tema di patteggiamento, una volta che l’accordo delle parti
sia stato ratificato dal giudice con la sentenza, non è consentito muovere

storica di cui il sodalizio ha fatto il proprio scopo, in quanto in tal caso

censura alla entità della pena applicata, a meno che la stessa non risulti
illegale; violazione nella specie non ravvisabile.
Tenuto conto della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte
Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il
Bonetto abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
616 cod.proc.pen., deve, altresì, essere condannato al versamento di una
somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in
ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.500,00.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento della somma di euro 1.900,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma il 24/10/2013.

determinazione della Causa di inammissibilità, lo stesso, a norma dell’art.

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