Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47780 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47780 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ALMA MARCO MARIA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:

PICARDI Dino, nato a Milano il giorno 22/2/1965;
CHIANURA Nicola, nato a Francavilla Fontana il giorno 21/10/1964;

avverso la sentenza n. 1395/2012 in data 27/11/2012 della Corte di Appello di
Perugia;
visti gli atti, la sentenza e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Marco Maria ALMA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Paola FILIPPI, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità di entrambi
i ricorsi;
udito il difensore degli imputati, Avv. Simonetta CAVALLARI in sostituzione
dell’Avv. Massimo CATARINUCCI (per PICARDI) e dell’Avv. Silvia EGIDI (per
CHIANURA), che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 27/11/2012 la Corte di Appello di Perugia, in parziale
riforma della sentenza emessa dal locale Tribunale in data 20/4/2004 ha
dichiarato non doversi procedere nei confronti di PICARDI Dino e CHIANURA
Nicola in relazione al reato di porto illegale di un taglierino di cui al capo B) della
rubrica delle imputazioni per essere lo stesso estinto per intervenuta prescrizione
mentre ha confermato la sentenza del Tribunale nella parte in cui ha ritenuto i
predetti imputati (in concorso tra loro e con SAPONARO Giuliano) colpevoli del

Data Udienza: 19/11/2015

reato di rapina aggravata commessa in data 1/12/2009 ai danni della Banca
dell’Umbria, Filiale di Castiglione del Lago, procedendo per l’effetto alla
rideterminazione del trattamento sanzionatorio in termini ritenuti di giustizia e
dichiarando lo stesso interamente condonato.
Ricorrono per Cassazione avverso la predetta sentenza i difensori degli imputati,
deducendo:
1. per PICARDI:

e), cod. proc. pen.
Si duole, innanzitutto, la difesa del ricorrente che la Corte di Appello avrebbe
errato nel momento in cui ha ritenuto l’attendibilità del teste SANCISI Simone
che ebbe a descrivere le fasi della rapina e non quella della teste FUSCO
Addolorata, moglie dell’imputato.
Il SANCISI nel corso delle dichiarazioni rese in sede dibattimentale avrebbe
mostrato molte incertezze nella descrizione dell’auto in fuga errando nella
indicazione del tipo di essa ed affermando di non ricordarne il colore.
Per il resto non è emersa da alcun elemento la prova certa che alla guida
dell’autovettura sulla quale a detta del teste sarebbe salito il rapinatore vi fosse
proprio il CHIANURA così come non è certo che l’autovettura utilizzata per la
consumazione della rapina fosse quella del PICARDI.
Quanto, poi, al fatto che l’autovettura del PICARDI al momento in cui fu
rinvenuta dai Carabinieri avesse ancora il motore caldo vi sarebbero le
dichiarazioni dei carabinieri CAPURSO e CAMPAGNA che eseguirono l’intervento e
rinvennero l’autovettura dopo circa un quarto d’ora dai fatti affermando che il
motore della stessa era ancora caldo e le dichiarazioni del carabiniere ARMANNI
che sopraggiunto in loco dopo circa una mezzora dal rinvenimento della
macchina ha riferito che il motore della stessa era invece freddo. Non sarebbe
però stato eseguito alcun accertamento tecnico per verificare i tempi di
raffreddamento del motore dell’autovettura e per accertare che la temperatura
del motore non fosse compatibile con quanto asserito dal PICARDI circa il fatto
che l’autovettura era stata usata (per altre ragioni) verso le ore 9 della mattina
dei fatti.
Il rinvenimento di un guanto in lattice a bordo dell’autovettura del PICARDI
sarebbe poi giustificato dal fatto che, come ha dichiarato la moglie (FUSCO), egli
utilizzava dei guanti per il proprio lavoro
Per il resto la valutazione di inattendibilità della teste FUSCO non troverebbe
alcun riscontro negli atti e persino il rilievo effettuato dalla Corte di Appello circa

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1.a Contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione ex art. 606, lett.

il fatto che potrebbe non essere corretto l’orario dello scontrino prodotto dal
PICARDI dal quale risulta che egli al momento della rapina si trovava all’interno
di un negozio di merceria ad acquistare del filo per la moglie è frutto di una mera
congettura priva di riscontro probatorio.
1.b Contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione ex art. 606, lett.
e) cod. proc. pen.
La Corte di Appello, secondo la difesa del ricorrente, sarebbe inoltre incorsa in

FUSCO è inattendibile quando ha dichiarato di non conoscere il SAPONARO il
quale risulta invece essere stato ospitato presso la propria abitazione.
Il fatto che il SAPONARO avesse dimorato presso l’abitazione dei coniugi
PICARDI/FUSCO non sarebbe, infatti emerso in modo certo nel dibattimento,
emergendo esclusivamente dalle dichiarazioni di RUBECA Paola amica del
CHIANURA la quale ha peraltro dichiarato di essere uscita con il SAPONARO in
una sola occasione e che potrebbe aver reso le proprie dichiarazioni sulla base di
mere intuizioni.
2. per CHIANURA:
2.a Violazione dell’art. 606, lett. b), c) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli
artt. 192 cod. proc. pen., 111, comma 6, Costituzione e 533 cod. proc. pen. per
inosservanza ed erronea applicazione delle leggi penali, delle norme processuali
e per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione,
nonché travisamento delle risultanze processuali.
Rileva, al riguardo, la difesa del ricorrente che la motivazione della sentenza
impugnata si basa su elementi contradditori e su costruzioni inverosimili del
materiale probatorio e che nella stessa si sarebbe omessa la valutazione delle
decisive doglianze formulate con l’atto di appello.
Quanto alla presenza di CHIANURA a Castiglione del Lago, ritenuta non
altrimenti giustificata se non per compiere l’azione delittuosa, la Corte di Appello
avrebbe omesso di prendere in considerazione le dichiarazioni di Paola RUBECA
circa i suoi rapporti con l’imputato anche con riguardo a precedenti visite che lo
stesso aveva fatto in loco al fine di incontrarla ed all’interesse del CHIANURA
nell’ambito di rapporti commerciali/lavorativi con il PICARDI. Anche il SAPONARO
si era poi recato a Castiglione del Lago per motivi simili ed aveva
successivamente fatto immediato ritorno a Brindisi mentre CHIANURA si
trattenne sul posto per alcuni giorni.
La Corte di Appello non avrebbe poi preso in considerazione le seguenti ulteriori
circostanze:

una ulteriore contraddizione motivazionale allorquando ha affermato che la

a) i Carabinieri non hanno riscontrato la sussistenza di pregressi o successivi
rapporti tra CHIANURA e PICARDI;
b) SAPONARO qualche giorno dopo i fatti venne raggiunto da ordinanza cautelare
per una serie di rapine effettuate con la complicità di altri soggetti il che non può
portare ad escludere che anche con essi abbia agito in occasione della
consumazione della rapina de qua.
Avrebbe, poi, errato la Corte di Appello nel momento in cui ha ritenuto non

affermato che il CHIANURA al momento della rapina si trovava in sua compagnia
all’interno del negozio di cornici gestito dalla donna che peraltro non è mai stata
denunciata per falsa testimonianza.
CHIANURA poi non è stato riconosciuto dal teste d’accusa SANCISI come l’autista
dell’autovettura sulla quale il rapinatore si allontanò immediatamente dopo il
fatto e che egli ebbe modo di vedere da vicino.
Sempre la Corte di Appello non ha tenuto in debito conto la doglianza relativa al
fatto che è quantomeno illogico il fatto che CHIANURA e PICARDI abbiano deciso
di partecipare ad una rapina in una zona nella quale erano ben conosciuti e che
addirittura CHIANURA continuò a frequentare la zona anche dopo la rapina.
Tutti gli elementi indicati avrebbero dovuto portare quantomeno alla sussistenza
di ragionevoli dubbi in ordine alla penale responsabilità dell’imputato e, quindi,
alla pronuncia di una sentenza assolutoria nei confronti dello stesso.

2.b Violazione dell’art. 606, lett. b), c) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli
artt. 192 cod. proc. pen., 111, comma 6, Costituzione e 533 cod. proc. pen. in
relazione agli artt. 110 cod. pen. e 4, comma 2, I. 110/75 e 129 cod. proc. pen.
per inosservanza e erronea applicazione delle leggi penali, delle norme
processuali e per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione, nonché travisamento delle risultanze processuali in ordine alla
ritenuta responsabilità del ricorrente per i reati allo stesso ascritti al capo B)
della rubrica delle imputazioni.
Pur non rinunciando alla prescrizione il CHIANURA, secondo la difesa del
ricorrente avrebbe dovuto essere assolto da tale reato, all’evidenza connesso con
quello di rapina e per le ragioni sopra indicate.

2.c Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione
agli artt. 62-bis, 63, 99, 118, 132 e 133 cod. pen. in correlazione agli artt. 110,
628, comma 3, per violazione di legge e mancata e/o manifesta illogicità e
contraddittorietà della motivazione e/o motivazione meramente apparente in
ordine alla congruità della pena irrogata all’imputato, al mancato riconoscimento
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attendibili le dichiarazioni rese dalla teste FUSCO Addolorata allorquando ha

della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche concesse sulle aggravanti
contestate ed all’erroneo riconoscimento della circostanza aggravante di cui
all’art. 99 cod. pen.
Rileva al riguardo la difesa del ricorrente che il SAPONARO, autonomamente
processato ha ottenuto un trattamento sanzionatorio totalmente differente.
Quanto al giudizio di comparazione tra le circostanze lo stesso sarebbe
caratterizzato da motivazione incongrua e quanto alla recidiva contestata

aggravante.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi di ricorso formulati nell’interesse dell’imputato PICARDI (di cui ai
superiori punti 1.a e 1.b) e quelli formulati nell’interesse dell’imputato CHIANURA
(di cui al superiore punto 2.a) appaiono meritevoli di trattazione congiunta
afferendo in entrambi i casi alla valutazione del compendio probatorio ed ai
connessi profili motivazionali della sentenza impugnata.
Va detto subito che entrambi i ricorsi, sotto il profilo del vizio di motivazione,
tentano in realtà di (ri)sottoporre a questa Corte un giudizio di merito, non
consentito anche dopo la Novella. La modifica normativa dell’articolo 606 cod.
proc. pen., lett. e), di cui alla legge 20 febbraio 2006 n. 46 ha lasciato infatti
inalterata la natura del controllo demandato la corte di Cassazione, che può
essere solo di legittimità e non può estendersi ad una valutazione di merito.
Al giudice di legittimità resta tuttora preclusa – in sede di controllo della
motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perché
ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Tale
modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del
fatto, mentre la Corte, anche nel quadro della nuova disciplina, è – e resta giudice della motivazione.
Nel caso di specie va anche ricordato che con riguardo alla decisione in ordine
all’odierno ricorrente ci si trova dinanzi ad una c.d. “doppia conforme” e cioè
doppia pronuncia di eguale segno per cui il vizio di travisamento della prova può
essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti
(con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritannente travisato è
stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione della motivazione
del provvedimento di secondo grado.

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all’imputato i Giudici del merito ben avrebbero potuto disapplicare la contestata

Il vizio di motivazione può infatti essere fatto valere solo nell’ipotesi in cui
l’impugnata decisione ha riformato quella di primo grado nei punti che in questa
sede ci occupano, non potendo, nel caso di c.d. “doppia conforme”, superarsi il
limite del “devolutum” con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il
giudice d’appello, per rispondere alle critiche dei motivi di gravame, abbia
richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (Cass.
Sez. 4, sent. n. 19710/2009, Rv. 243636; Sez. 1, sent. n. 24667/2007; Sez. 2,

Nel caso in esame, invece, il giudice di appello ha esaminato lo stesso materiale
probatorio già sottoposto al tribunale e, dopo aver preso atto delle censure degli
appellanti, è giunto, con riguardo alla posizione dei due odierni ricorrenti, alla
medesima conclusione della sentenza di primo grado.
A ciò si aggiunga un elemento di rilievo che caratterizza entrambi i ricorsi che qui
ci occupano e che è quello dall’assenza dell’autosufficienza”. Infatti il ricorso
formulato nell’interesse dell’imputato PICARDI contiene solo stralci delle
dichiarazioni testimoniali mentre quello nell’interesse dell’imputato CHIANURA
contiene soltanto richiami al contenuto di dichiarazioni che alcuni soggetti (i testi
FUSCO, SANCISI e RUBECA) avrebbero reso nelle fasi delle indagini o del
processo di merito.
In proposito, può ritenersi ormai consolidato, nella giurisprudenza di legittimità,
il principio della c.d. “autosufficienza del ricorso”, inizialmente elaborato dalle
Sezioni civili di questa Corte Suprema.
Tenuto conto dei principi e delle finalità complessivamente sottesi al giudizio di
legittimità, questa Corte Suprema ha quindi già ritenuto che <

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