Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47779 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47779 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ALMA MARCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
• CACCIARI Corrado, nato a Modena il giorno 8/9/1966
avverso la sentenza n. 1442/13 in data 4/3/2013 della Corte di Appello di
Milano;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Marco Maria ALMA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Paola FILIPPI, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 4/3/2013 la Corte di Appello di Milano in parziale riforma
della sentenza in data 23/12/2008 del locale Tribunale ha dichiarato non doversi
procedere nei confronti di CACCIARI Corrado in relazione al reato di cui all’art.
707 cod. pen. per essere lo stesso estinto per prescrizione, mentre ha
confermato nel resto l’affermazione di penale responsabilità del predetto
imputato in ordine all’ulteriore reato di cui all’art. 648 cod. pen. (ricettazione di
una patente di guida di provenienza illecita) procedendo per l’effetto alla
rideterminazione della pena irrogata. Il reato in contestazione risulta consumato
il 23/5/2006 ed all’imputato è stata contestata la recidiva specifica e reiterata ex
art. 99 cod. pen.

Data Udienza: 19/11/2015

Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore dell’imputato,
deducendo la violazione di legge ex art. 606, lett. b) cod. proc. pen. per erronea
applicazione della legge penale in relazione alla recidiva specifica e reiterata
contestata.
Rileva, al riguardo, la difesa del ricorrente che la presenza di plurime condanne
del soggetto interessato non può bastare per ritenere sussistente la circostanza
aggravante de qua che sottende un giudizio di valore che può voler esprimere

Per contro la Corte di Appello non avrebbe adeguatamente motivato al riguardo
limitandosi a prendere atto delle condanne emergenti dal certificato penale senza
valutare gli elementi di valore o di disvalore del fatto oggetto del giudizio.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
E’ noto che è compito del giudice, quando la contestazione concerna una delle
ipotesi contemplate dall’art. 99 cod. pen., e quindi anche nei casi di recidiva
reiterata, quello di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia effettivo
sintomo di riprovevolezza e pericolosità, tenendo conto, secondo quanto
precisato dalla indicata giurisprudenza costituzionale e di legittimità, della natura
dei reati, del tipo di devianza di cui sono il segno, della qualità dei
comportamenti, del margine di offensività delle condotte, della distanza
temporale e del livello di omogeneità esistente fra loro, dell’eventuale
occasionalità della ricaduta e di ogni altro possibile parametro individualizzante
significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del
mero ed indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali.
All’esito di tale verifica al giudice è consentito negare la rilevanza aggravatrice
della recidiva ed escludere la circostanza, non irrogando il relativo aumento della
sanzione: la recidiva opera infatti nell’ordinamento quale circostanza aggravante
(inerente alla persona del colpevole: art. 70 c.p.), che come tale deve essere
obbligatoriamente contestata dal pubblico ministero in ossequio al principio del
contraddittorio (Sez. Un., 27.5.1961, P.M. in proc. Papò, rv 98479; Sez. Un.,
23.1.1971, Piano) ma di cui è facoltativa l’applicazione, secondo l’unica
interpretazione compatibile con i principi costituzionali in materia di pena.
Qualora la verifica effettuata dal giudice si concluda nel senso del concreto rilievo
della ricaduta sotto il profilo sintomatico di una «più accentuata colpevolezza e
maggiore pericolosità del reo», la circostanza aggravante opera
necessariamente e determina tutte le conseguenze di legge sul trattamento
sanzionatorio e sugli ulteriori effetti commisurativi e dunque, per quanto qui

una maggiore colpevolezza ovvero una maggiore pericolosità dello stesso.

rileva in relazione al giudizio di bilanciamento con le circostanze attenuanti
generiche e con l’ulteriore circostanza attenuante di cui all’art. 648 cpv. cod.
pen.
Nel caso di specie va solo aggiunto che la Corte di Appello alla quale in sede di
gravame era stata posta la questione vi ha dato una risposta adeguata, non
limitandosi a prendere atto della sussistenza di precedenti penali dell’imputato
ma evidenziando che detti precedenti proprio in quanto gravi e specifici sono

della pericolosità sociale dell’imputato.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle
Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di C
1.000,00 (mille) a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il giorno 19 novembre 2015.

indicativi di una spiccata inclinazione alla violazione del precetto penale e, quindi,

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