Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47778 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47778 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ALMA MARCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
• DI BRITA Giovanni, nato a Foggia il giorno 10/6/1974
avverso la sentenza n. 359/2014 in data 11/2/2014 della Corte di Appello di
Brescia;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Marco Maria ALMA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Paola FILIPPI, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 11/2/2014 la Corte di Appello di Brescia ha confermato la
sentenza emessa all’esito di giudizio abbreviato dal Giudice per l’udienza
preliminare presso il Tribunale di Bergamo in data 24/10/2013 con la quale DI
BRITA Giovanni è stato riconosciuto colpevole di plurimi episodi di furto, tentato
furto, sostituzione di persona e rapina allo stesso contestati ai capi B, C, D, E, G,
H, I, L, M, N, O e P della rubrica delle imputazioni, ritenuti uniti sotto il vincolo
della continuazione e, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti
alle contestate aggravanti, condannato a pena ritenuta di giustizia.
I fatti-reato in contestazione all’imputato risalgono agli anni 2007-2008.
Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore dell’imputato,
deducendo:

Data Udienza: 19/11/2015

1. Nullità dell’impugnata sentenza per violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c)
cod. proc. pen. in relazione all’art. 178, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. per
lesione del diritto di difesa dell’imputato all’intervento nel giudizio celebratosi a
suo carico innanzi alla Corte di Appello di Brescia in data 11/2/2014.
Rileva, al riguardo, la difesa del ricorrente che il DI BRITA con missiva redatta di
suo pugno e trasmessa dall’Ufficio Matricola della Casa Circondariale di Milano
S.Vittore alla Corte di Appello di Brescia sempre in data 11/2/2014 aveva

oncologico e che mentre la traduzione dalla Casa Circondariale di Napoli
Poggioreale a quella di Milano S.Vittore era avvenuta con ambulanza ed in
presenza di personale infermieristico, per contro il medico di turno di S.Vittore
aveva ritenuto di autorizzare la traduzione dell’imputato a Brescia con mezzi
ordinari e non con ambulanza. Pe tali ragioni chiedeva il rinvio dell’udienza.
La Corte di Appello, sebbene poi nella parte motiva della propria sentenza abbia
sotto altro profilo evidenziato la sussistenza di “documentate attuali condizioni di
salute dell’appellante”, non ha però tenuto in debito conto la richiesta di rinvio
del dibattimento per legittimo impedimento dell’imputato e ciò comporterebbe la
lamentata violazione di legge.
2. Nullità dell’impugnata sentenza per violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b)
cod. proc. pen. per erronea applicazione della legge penale laddove la Corte di
Appello, rispetto alle emergenze della condotta illecita subita dalla persona
offesa di cui al capo D) della rubrica delle imputazioni, ha ritenuto la
configurabilità del delitto di cui all’art. 628 cod. pen. in luogo di quello di cui
all’art. 624-bis cod. pen.
Rileva, al riguardo la difesa del ricorrente che la persona offesa CASTELLI come evidenziato nella sentenza impugnata – “aveva sentito un colpo alle spalle
che gli aveva fatto cadere la borsa che teneva in mano”. Ciò secondo la difesa
del ricorrente renderebbe evidente che nella dinamica descritta la violenza fu
esercitata esclusivamente al fine di spossessamento della borsa che la persona
offesa teneva in mano ma non si è estesa alla vittima

tout court il che

consentirebbe di configurare il reato di cui all’art. 624-bis cod. pen. in luogo di
quello di rapina.
3. Nullità dell’impugnata sentenza per violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b)
cod. proc. pen. in relazione all’art. 192 cod. proc. pen. per errata valutazione in
merito alla gravità, precisione e concordanza del quadro indiziario a carico
dell’imputato con riferimento al reato di cui al capo D) della rubrica delle
imputazioni per inconciliabilità del ruolo materiale attribuito all’imputato di

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segnalato di essere affetto da gravi patologie di carattere vascolare ed

esecutore materiale della rapina comprovata dalla documentazione medica
acquisita agli atti del procedimento nonché (ex art. 606, lett. e) cod. proc. pen.)
per illogicità della motivazione al riguardo. Travisamento delle condizioni di
salute dell’imputato documentate agli atti ai fini di un giudizio di incompatibilità
tra il ruolo attribuitogli nella dinamica dell’azione delittuosa ed il mancato
riconoscimento della diminuzione di pena prevista dall’art. 116 cod. pen.
Rileva, al riguardo, la difesa del ricorrente che è stato documentato ai Giudici del

ipertrofia della coscia destra con marcata riduzione funzionale dell’arto inferiore
con conseguenti palesi problemi di deambulazione che lo costringono a muoversi
con l’ausilio di stampelle. Ciò sarebbe incompatibile con il ruolo di esecutore
materiale della rapina attribuitogli nella sentenza di condanna sia come colui che
materialmente asportò la borsa alla persona offesa, sia come colui che era
rimasto al volante dell’autovettura in attesa del complice al fine di darsi alla
fuga.
Nella sentenza impugnata sarebbe stata omessa ogni valutazione al riguardo.
L’assenza di una prova certa della materiale partecipazione dell’odierno
ricorrente al fatto-reato avrebbe dovuto portare al riconoscimento a favore dello
stesso della diminuente di cui all’art. 116 cod. pen. avendo il DI BRITA in ordine
agli altri fatti per i quali è intervenuta sentenza di condanna dello stesso
partecipato solo a furti che per le loro modalità realizzative sono più compatibili
con le condizioni di salute dello stesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Non risulta, infatti, alcun elemento per ritenere che l’imputato fosse
“assolutamente” impedito a comparire all’udienza del giorno 11/2/2014 innanzi
alla Corte di Appello di Brescia.
La questione concernente esclusivamente le modalità di traduzione da Milano a
Brescia (non gradite dall’imputato) risulta chiarita da quanto si è dato atto nel
ricorso stesso allorquando si è evidenziato che il medico della Casa Circondariale
di Milano S.Vittore ebbe nell’occasione a non autorizzare il trasporto con
ambulanza dell’imputato ma la traduzione ordinaria dello stesso, all’evidenza non
ravvisando condizioni ostative a tale modalità di traduzione e tantomeno alla
partecipazione dell’imputato al processo.
Quanto affermato dall’ufficiale sanitario milanese non può certo ritenersi
superato da una diversa valutazione che venne fatta dai sanitari del carcere di
Napoli Poggioreale in occasione di un certo ben più lungo ed impegnativo

merito che il DI BRITA presenta varie patologie che hanno determinato una

trasferimento per via stradale tra Napoli e Milano e tantomeno da mere
affermazioni contenute in una nota vergata dallo stesso imputato.
Non sussistendo e quindi non essendo opportunamente documentato da idonea
certificazione sanitaria un “assoluto” impedimento dell’imputato a partecipare
all’udienza, bene ha fatto la Corte di Appello di Brescia a non accordare il
richiesto rinvio ed a considerare il rifiuto dell’imputato ad essere tradotto con
modalità ordinarie come rinuncia a comparire in udienza.

caso in esame.
Per solo dovere di completezza deve essere rilevato che un conto sono le
condizioni di salute dell’imputato che la Corte di Appello ha preso in
considerazione per altri fini e ben altro sono le condizioni tali da creare un
“assoluto” impedimento dell’imputato a partecipare all’udienza.
2. Inammissibili tout court sono poi il secondo ed il terzo motivo di ricorso.
Non risulta che le relative questioni siano state oggetto di gravame innanzi alla
Corte di Appello.
Secondo l’orientamento di questa Corte, condiviso dall’odierno Collegio, “in tema
di ricorso per cassazione, la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt.
606, comma terzo, e 609, comma secondo, cod. proc. pen. – secondo cui non
possono essere dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di
appello, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado
del giudizio o di quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado d’appello
– trova la sua “ratio” nella necessità di evitare che possa sempre essere rilevato
un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un
punto del ricorso, non investito dal controllo della Corte di appello, perché non
segnalato con i motivi di gravame.” (Cass. Sez. 4^, sent. n. 10611 del
04/12/2012, dep. 07/03/2013, Rv. 256631).
Inoltre, anche scorrendo il riepilogo dei motivi di impugnazione riportato nella
sentenza impugnata si evince che l’imputato non risulta avere sollevato tra le
varie doglianze anche quella relativa alla corretta qualificazione del fatto-reato di
cui al capo D) della rubrica delle imputazioni e tantomeno avere invocato sotto i
profilo delle proprie difficoltà di deambulazione quello dell’applicazione del
disposto dell’art. 116 cod. pen.
I motivi di ricorso in proposito sono pertanto inammissibili anche sotto questo
profilo perché parte ricorrente, tenuto conto di quanto disposto dall’art. 606,
comma 3, ultima parte, c.p.p., ed in virtù dell’onere di specificità dei motivi di
ricorso per cassazione, imposto dall’art. 581, comma 1, lett. c), c.p.p., avrebbe

Nessuna violazione di legge e del diritto di difesa risulta quindi ravvisabile nel

avuto anche il dovere processuale di contestare specificamente, nell’odierno
ricorso, il riepilogo dei motivi di gravame operato dalla Corte di appello nella
sentenza impugnata, se ritenuto incompleto o comunque non corretto, poiché la
tempestiva deduzione della violazione di legge come motivo di appello costituisce
requisito che legittima la riproposizione della doglianza in cassazione e, pertanto,
di ciò il ricorso, con la dovuta specificità, deve dar conto.
Invero, questa Corte Suprema ha già avuto modo di affermare il seguente

verificatesi nel corso del giudizio, per soddisfare l’onere di specificità dei motivi
imposto a pena di inammissibilità dall’art. 581, comma 1, lett. C), c.p.p., deve
contenere la specifica contestazione del riepilogo dei motivi di appello contenuto
nella sentenza impugnata, nel caso in cui lo stesso non dia conto della deduzione
della predetta violazione di legge come motivo di appello; il ricorso proposto per
violazioni di legge verificatesi nel corso del giudizio di primo grado, ma non
dedotte con i motivi di appello, sarebbe, infatti, ai sensi dell’art. 606, comma 3,
ultima parte, c.p.p., inammissibile» (Cass. Sez. 2, sent. n. 9028 del 05/11/2013,
dep. 25/02/2014, Rv. 259066).
Per solo dovere di completezza deve essere rilevato che in ogni caso corretta è
stata da parte dei Giudici di merito la qualificazione giuridica del fatto come
rapina in luogo di quella di furto con strappo atteso che – come ha dato atto
anche lo stesso ricorrente – dalla (incontestata) ricostruzione del fatto di cui al
capo D) della rubrica delle imputazioni emerge che “prima” il CASTELLI aveva
subito un colpo alla spalle che gli aveva fatto cadere la borsa sportiva che teneva
in mano e “poi” uno dei malviventi si era impossessato della stessa.
E’ quindi inequivoco il fatto che la violenza di chi ebbe ad agire si rivolse
primariamente verso la persona del CASTELLI e non direttamente verso la borsa
che lo stesso impugnava.
Questa Corte al riguardo ha, infatti, già avuto modo di ribadire in plurime
occasioni che “integra il reato di furto con strappo la condotta di violenza
immediatamente rivolta verso la cosa e solo in via del tutto indiretta verso la
persona che la detiene, mentre ricorre il delitto di rapina quando la violenza sia
stata esercitata per vincere la resistenza della persona offesa, giacché in tal caso
è la violenza stessa – e non lo strappo – a costituire il mezzo attraverso il quale si
realizza la sottrazione” (ex ceteris: Cass. Sez. 2, sent. n. 2553 del 19/12/2014,
dep. 21/01/2015, Rv. 262281).
Appare, poi, a dir poco singolare che la difesa del ricorrente per invocare la
sussistenza della condizione per rendere applicabile l’art. 116 cod. pen. contesti

5

principio di diritto: «Il ricorso proposto per violazioni di legge asseritamente

il fatto che l’imputato a causa delle propria condizioni fisiche non avrebbe potuto
essere né colui che si impossessò materialmente della borsa né colui che era
rimasto al volante dell’autovettura per consentire la fuga al complice, e ciò in un
quadro di fatti riassunti nella sentenza impugnata nei quali è stato ritenuto
provato che proprio nella vicenda che in questa sede ci occupa il DI BRITA ebbe
ad eseguire una serie di spostamenti prima e dopo l’azione delittuosa e che lo
stesso all’udienza del 10/10/2013 ha addirittura confessato di avere pedinato il

Al di là quindi del fatto che la Corte di Appello, legittimamente non ha motivato
in ordine all’omesso riconoscimento della fattispecie di cui all’art. 116 cod. pen.
non essendo stato provato che la stessa è stata investita della relativa questione
di diritto, va solo detto che dalle ulteriori (incontestate) emergenze processuali è
emerso un concorso “pieno” dell’imputato anche nel reato di cui al capo D) della
rubrica delle imputazioni il quale – ad onta dell’asserita incapacità di movimento
– risulta aver partecipato non solo alla fase della rapina ma anche all’articolata
fase preparatoria della stessa.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle
Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di C
1.000,00 (mille) a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il g” o 19 novembre 2015.

CASTELLI per poterlo derubare.

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