Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47752 del 12/11/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 47752 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MENICHETTI CARLA

Data Udienza: 12/11/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
POMARE’ WILLIAM N. IL 27/07/1995
nei confronti di:
CESCO CIMAVILLA ORAZIO N. IL 26/11/1956
avverso la sentenza n. 27/2014 TRIBUNALE di BELLUNO, del
03/03/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CARLA MENICHETTI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Oweu_
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv Pvizz,
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Considerato in fatto
1. Con sentenza in data 10.2.2014 il Giudice di Pace di Pieve di Cadore
condannava Cesco Cirnavilla Orazio alla pena di giustizia, quale responsabile del reato di
lesioni colpose ai danni del minore Ponnarè William, e rimetteva le parti davanti al giudice
civile competente per la quantificazione del risarcimento.
2.

Veniva contestata all’imputato, nella qualità di Presidente pro tempore

dell’Associazione Calcio San Pietro di Pieve di Cadore, gestore della “Struttura sportiva

c.p.) di aver permesso o comunque di aver omesso di impedire che soggetti terzi alla
detta società accedessero alla struttura citata e liberamente prelevassero una porta di
calcio mobile in proprietà e comunque in custodia all’Associazione Calcio San Pietro, per
posizionarla all’interno della vicina area adibita nella stagione invernale a campo di
pattinaggio, così consentendone l’utilizzo al minore Pomarè William, il quale a causa del
mancato ancoraggio al suolo della stessa porta mobile, veniva travolto dalla medesima,
cagionando così colposamente, per negligenza ed imprudenza nonché con il proprio
comportamento omissivo, le lesioni patite dal minore, consistite in “frattura scomposta
del malleolo tibiale sinistro”.
3. Con sentenza emessa il 3.3.2015 il Giudice Monocratico del Tribunale di
Belluno, in totale riforma dell’appellata pronuncia, assolveva l’imputato ritenendo
insussistente il fatto, sia perché non provata la condotta colposa ascrittagli sia per difetto
del nesso di causalità con la lesione occorsa al minore. In particolare il giudice del
gravame fondava la pronuncia assolutoria sul rilievo che la posizione di garanzia ricoperta
dal Cesco Cimavilla in seno all’Associazione Calcistica San Pietro, che aveva in gestione il
campo di calcio, gli imponeva l’obbligo di adottare tutte le opportune cautele per
preservare l’incolumità fisica degli utilizzatori del centro sportivo in relazione alle
strutture ivi esistenti, mentre non poteva essere ritenuto responsabile del
comportamento ascrivibile a terzi estranei che, senza alcuna autorizzazione e a sua
insaputa, avevano abusivamente prelevato le porte accatastate in una zona recintata, per
spostarle ed utilizzarle in una zona limitrofa esterna alla struttura; rilevava ancora che
nessuna prova era emersa in ordine al fatto che la porta mobile non potesse essere
ancorata al suolo e che tale ancoraggio dovesse essere imposto all’imputato; infine,
riteneva che la lesione al minore fosse dipesa non già da una caduta della porta mobile a
seguito di un’azione di gioco normale, ma a seguito di un uso non corretto della stessa, in
quanto il ragazzo si era aggrappato alla traversa fino a quando gli era rovinata addosso.
4. Propone ricorso la parte civile, a mezzo del difensore di fiducia, sviluppando i
seguenti motivi: violazione di legge, inosservanza e/o erronea applicazione della legge
penale e vizio di motivazione per manifesta illogicità in relazione al disposto di cui
all’art.40, secondo comma, c.p., nella parte in cui esclude la ricorrenza del nesso di
causalità tra la condotta omissiva ascritta all’imputato e l’evento lesivo occorso al minore

campo calcio comunale”, la condotta (artt.40, secondo comma e 590, primo comma,

sulla scorta di un’erronea ricostruzione degli spazi di operatività della posizione di
garanzia del Presidente dell’Associazione Calcistica San Pietro, titolare e custode della
porta mobile rovinata addosso al minore, e nella parte in cui, ricostruiti i presupposti che
in fatto costituiscono il paradigma di operatività dell’obbligo giuridico di impedire l’evento,
non ne trae le conclusioni immediatamente conseguenti; violazione di legge,
inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale in relazione al disposto di cui
all’art.41, comma secondo, c.p., nella parte in cui attribuisce al prelievo asseritamente

condotta omissiva contestata all’imputato e l’evento lesivo occorso al minore, e ciò in
ragione di una distorta ricostruzione della portata applicativa della citata disposizione
codicistica, ed ancora vizio di motivazione per manifesta illogicità in relazione alla
individuazione degli elementi fattuali comportanti l’interruzione del nesso di causalità a
norma del cit. art.41; infine, vizio di motivazione della sentenza impugnata nella parte in
cui è pervenuta alla pronuncia assolutoria senza aver adempiuto all’obbligo di
motivazione rafforzata sussistente in caso di riforma in appello della sentenza
pronunciata in primo grado, obbligo che, pur se tendenzialmente relativo ad ipotesi in cui
a fronte di una pronuncia assolutoria in primo grado si sia giunti, in appello, ad una
condanna per i medesimi fatti, ha portata di carattere generale.
4. Per tali motivi, ampiamente argomentati in ricorso, si chiede l’annullamento
senza rinvio dell’impugnata sentenza e, accertata la penale responsabilità dell’imputato,
la conferma delle statuizioni civili ovvero, in subordine, l’annullamento con rinvio ad altro
Giudice del Tribunale di Belluno, con la formula ritenuta di giustizia e con ogni
conseguente effetto di legge.
In data 6.11.2015 Cesco Cimavilla Orazio, a mezzo del difensore di fiducia, ha
depositato memoria ex art.121 c.p.p. di contestazione delle singole ragioni di ricorso, di
cui ha chiesto il rigetto.
Il P.G. all’odierna udienza ha concluso per la inammissibilità del ricorso.

Ritenuto in diritto
1. Il ricorso va respinto.
Come già ritenuto da questa Corte, in tema di lesioni colpose, il responsabile di
una società sportiva, che ha la disponibilità di impianti ed attrezzature per l’esercizio
delle attività e discipline sportive, è titolare di una posizione di garanzia ai sensi
dell’art.40, comma 2, c.p. ed è tenuto, anche per il disposto dell’art.2051 c.c., a
garantire l’incolumità fisica degli utenti e ad adottare quelle cautele idonee ad impedire il
superamento dei limiti di rischio connaturali alla normale pratica sportiva, provvedendo
alla manutenzione delle infrastrutture e delle attrezzature, con la conseguente
affermazione del nesso di causalità tra l’omessa adozione di dette cautele e l’evento
lesivo occorso ad un utente dell’impianto. Ne discende che l’omessa adozione di

non autorizzato delle porte mobili valore di fatto interruttivo del nesso causale tra la

accorgimenti e cautele idonee al suddetto scopo, in presenza dei quali l’incidente non si
sarebbe verificato o avrebbe cagionato pregiudizio meno grave per la incolumità fisica
dell’utente, costituisce violazione di un obbligo di protezione gravante su tale soggetto.
Posto che l’attività sportiva del gioco del calcio (benché non assimilabile alle
discipline qualificabili come “sport estremi”) è comunque attività pericolosa, in ragione
dei coessenziali rischi per l’incolumità fisica dei giocatori dalla stessa derivanti, deve in
altre parole affermarsi che la posizione di garanzia di cui il titolare o responsabile

per impedire il verificarsi di aventi lesivi per coloro che praticano detto sport, previa
utilizzazione dell’impianto e delle connesse attrezzature (Sez.IV, 25.5.2015, n.22037 e
16.5.2012, n.18798).
2. Analizzando alla luce di tali consolidati principi la fattispecie in esame si osserva
che il Tribunale di Belluno ha del tutto correttamente, con motivazione logica ed immune
da censure, escluso ogni responsabilità del Cesco Cimavilla Orazio in relazione al sinistro
occorso al giovane Pomarè William, per insussistenza della condotta e del nesso di
causalità.
Ed infatti – richiamato quanto già esposto in narrativa al punto 3 – l’imputato era
il Presidente pro tempore dell’Associazione Calcistica San Pietro di Cadore che, in base ad
una convenzione sottoscritta con il Comune, aveva ricevuto in gestione il solo campo da
calcio, indicato come “Struttura Sportiva Campo Calcio Comunale”, e ne aveva assunto
l’obbligo di manutenzione ordinaria; tra le strutture in dotazione di tale Associazione vi
era la porta mobile in questione, collocata di regola all’interno del campo da calcio, in
luogo recintato.
Orbene, l’istruttoria di cui ha dato conto il Tribunale ripercorrendone le risultanze,
ha consentito di accertare che tale porta era stata abusivamente sottratta senza alcuna
autorizzazione dal luogo in cui era custodita ed era stata posta sul vicino campo di
pattinaggio per poter giocare anche lì una partita di calcio, senza che di ciò avesse
conoscenza l’imputato, a cui dunque non può essere attribuita nessuna negligenza
colposa né in relazione allo spostamento, né in relazione al mancato ancoraggio; con
l’ulteriore rilievo – ben evidenziato dal Giudice Monocratico – che la lesione al Pomarè fu
cagionata dalla caduta della porta mobile non già a seguito di un’azione di gioco normale
ma di un uso non corretto della stessa da parte del ragazzo, il quale durante una pausa
della partita si era aggrappato alla traversa fino a quando la stessa non gli era rovinata
addosso provocandogli le lesioni al piede.
3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

P.Q.M.

dell’impianto è investito implichi la sicura imposizione di porre in atto quanto è possibile

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 novembre 2015

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Il Pre ente

Il Consig

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