Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47736 del 23/10/2014

Penale Sent. Sez. 2 Num. 47736 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: CASUCCI GIULIANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
A.A.
B.B.
avverso l’ordinanza n. 433/2014 TRIB. LIBERTA’ di SALERNO, del
19/06/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere D tt. GIULIANO
letkelsentite le conclusioni del PG Dott.

Data Udienza: 23/10/2014

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ordinanza in data 19 giugno 2014, il Tribunale di Salerno, sezione per il
riesame, ha confermato l’ ordinanza del GIP del Tribunale in sede, con la quale era
stata disposta la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di A.A. e B.B. perché gravemente indiziati del reato di
partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti
di cui agli artt. 372 e 642 cod. pen. con ruolo di promotori e organizzatori in quanto

dinanzi al quale avevano promosso ricorso e richieste di risarcimento danni in
relazione a falsi sinistri stradali, con l’ ausilio di B.A. quale CTU nominato
nei suddetti procedimenti nei quali agivano quali falsi danneggiati gli altri associati
e dei reati fine dettagliatamente
indicati.
Il Tribunale ha confermato la valutazione di gravità indiziaria perché fondata sui
risultati delle indagini effettuate, che avevano consentito di svelare la commissione
di innumerevoli frodi ai danni delle compagnie di assicurazione mediante la
prefigurazione di falsi incidenti stradali aventi costanti caratteristiche (avvenivano
sempre in costiera amalfitana in tarda serata o notte, senza richiesta di intervento
delle forze di polizia e di mezzi di soccorso con trasporto presso l’ Ospedale
Umberto I° di Nocera Inferiore e l’ Ospedale Tortora di Pagani, con richieste di
risarcimento a notevole distanza di tempo dai fatti e ricorrenza dei medesimi
protagonisti in una pluralità di incidenti). A.A. aveva ammesso gli
addebiti e se ne era assunto l’ esclusiva responsabilità. Tuttavia il materiale
probatorio acquisito dava conto della consapevole partecipazione della moglie
B.B. e degli altri associati (in particolare del CTU dott. Baio
Alfonso), in un quadro complessivo che ha consentito di individuare l’ esistenza di
un programma criminoso e di un’ organizzazione collaudata finalizzata alla
commissione di una serie indeterminata di reati di frode in ambito assicurativo,
attraverso l’ acquisizione di elementi di prova di commissione di numerosi reati fine.
Le esigenze probatorie erano ravvisate nel pericolo di reiterazione. Unica misura
idonea era quella degli arresti domiciliari tenuto conto che il crimine costituiva la
loro prevalente fonte di reddito.
Contro tale decisione hanno proposto tempestivo ricorso gli indagati, a mezzo del
difensore, che ne ha chiesto l’ annullamentchiolazione dell’ art. 416 cod. pen. per
erronea applicazione della legge penale nonché manifesta illogicità della
motivazione per avere il Tribunale sposato la tesi del GIP, avendo fatto discendere il
convincimento della gravità indiziaria in ragione della predisposizione di una serie di
false certificazioni mediche e di false consulenze, elementi sintomatici soltanto dell’
adesione ad un medesimo disegno criminoso, tanto più che le altre persone legate

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avvocato patrocinatori dinanzi al giudice di pace di Amalfi assieme a Baio Alfonso

da vincoli familiari sono state coinvolte in un numero limitato di sinistri, con accordi
occasionali. Non è stata data alcuna spiegazione alla circostanza che le consulenze
tecniche d’ ufficio sono state eseguite in contraddittorio con i consulenti di parte
nominati dalle compagnie assicuratrici e che non è stata fornita alcuna
dimostrazione di contatti illeciti tra i ricorrenti e il dott. Baio
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso:

vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta gravità indiziaria in ordine al delitto
associativo, perché l’ ordinanza impugnata ha diffusamente spiegato le ragioni per
le quali ne ha ritenuto la sussistenza dei presupposti, attraverso l’ individuazione
del collaudato sistema messo in atto, dimostrativo dell’ esistenza di una previa
organizzazione, stante la reiterazione delle medesime modalità operative che
contavano sulla sicura collaborazione del consulente tecnico d’ ufficio, che con i suoi
accertamenti avallava quanto predisposto dagli odierni ricorrenti. L’ ordinanza si è
soffermata nella descrizione delle condotte poste in essere in riferimento ad ogni
singolo reato fine. Da tale analisi, che non è stata oggetto di critica alcuna, ha
desunto il convincimento dell’ esistenza di struttura organizzativa finalizzata alla
commissione di una serie indeterminata di reati. Va ribadito che in tema di
associazione per delinquere è consentito al giudice, pur nell’autonomia del reato
mezzo rispetto ai reati fine, dedurre la prova dell’esistenza del sodalizio criminoso
dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalità
esecutive, posto che attraverso essi si manifesta in concreto l’operatività
dell’associazione medesima (ex plurimis Cass. Sez. 2, 18.1.2013 m. 2740;
2. è inammissibile per la parte in cui, al fine di contestare la motivazione adottata
dal Tribunale, fa riferimento a circostanze di natura fattuale (quale l’ asserita
assenza di prove di contatti al di fuori delle procedure dinanzi al giudice di pace fra i
ricorrenti e il dott. Baio), come tali non deducibili in questa sede, perché non
risultanti dal provvedimento impugnato. L’ indagine di legittimità sul discorso
giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato
demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del
legislatore – a riscontrare l’ esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari
punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’ adeguatezza delle
argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostenere il suo
convincimento o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula infatti dai
poteri della Corte di cassazione quello della “rilettura” degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al
giudice del merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera

1. è manifestamente infondato per la parte in cui denuncia violazione di legge e

prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle
risultanze processuali (Cass. S.U. 30.4/2.7.97 n. 6402, ric. Dessimone e altri; Cass.
S.U. 24.9-10.12.2003 n. 47289, ric. Petrella).
Il ricorso deve in conseguenza essere dichiarato inammissibile, con condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di somma in favore della Cassa
delle ammende che, in ragione dei profili di colpa rinvenibili nelle rilevate cause di
inammissibilità, si quantifica in mille/00 euro ciascuno.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Roma 23 ottobre 2014

P.Q.M.

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