Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47676 del 19/05/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47676 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: CASA FILIPPO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DIACCIOLI ANTONINO N. IL 17/02/1976
avverso l’ordinanza n. 1130/2013 TRIBUNALE di MILANO, del
19/09/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
Data Udienza: 19/05/2015
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 19.9.2013, il Tribunale di Milano, in composizione monocratica e
in funzione di Giudice dell’esecuzione, revocava l’indulto già concesso a DIACCIOLI
Antonino:
– nella misura di sei mesi di reclusione sulla pena inflitta con sentenza del Tribunale
– nella misura di sei mesi di reclusione sulla pena inflitta con sentenza del Tribunale
Militare di Palermo in data 17.9.1998, irrevocabile il 15.11.1998;
– nella misura di un mese di reclusione sulla pena inflitta con sentenza del Tribunale
Militare di Palermo in data 30.11.1999, irrevocabile il 4.1.2000;
– nella misura di sette mesi e undici giorni di reclusione e 600,00 euro di multa sulla
pena residua determinata con provvedimento di cumulo emesso dalla Procura della
Repubblica di Catania in data 5.11.2004.
La revoca era determinata dall’avere il DIACCIOLI commesso, nel quinquennio dalla
data di entrata in vigore della legge n. 241/2006, il delitto di cui agli artt. 110, 624-bis, 625
n. 2), c.p., per il quale il predetto era stato condannato alla pena di due anni di reclusione e
140,00 euro di multa con sentenza resa dal G.U.P. del Tribunale di Catania il 31.1.2007,
irrevocabile il 23.9.2007.
2. Avverso la citata ordinanza ricorre personalmente il condannato, lamentando che
la pena comminatagli con la sentenza determinante la revoca non travalicava i limiti stabiliti
dalla L. n. 241/2006, come ritenuto dal giudice dell’esecuzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato, in quanto, a mente dell’art. 1, comma 3,
della legge 31 luglio 2006, n. 241, “Il beneficio dell’indulto è revocato di diritto se chi ne ha
usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due
anni”.
La pena detentiva di due anni di reclusione inflitta al ricorrente per il nuovo reato
costituisce, pertanto, legittima causa di revoca dell’indulto, sicché l’ordinanza impugnata è
del tutto immune da censure.
2. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escluderne la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n.
1
Militare di Palermo in data 8.11.1996, irrevocabile il 2.10.1998;
186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle ammende di somma che pare
congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese e
Così deciso in Roma, il 19 maggio 2015
Il Consigliere estensore
al versamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.