Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4767 del 08/01/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 4767 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: LOCATELLI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CIOCCHETTI MICHELANGELO N. IL 05/08/1975
avverso l’ordinanza n. 380/2012 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 13/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
LOCATELLI;
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 08/01/2014

RITENUTO IN FATTO
Ciocchetti Michelangelo, premesso di essere stato condannato per reati in
materia di armi con sentenza del 13.5.2002 del Tribunale di Reggio Calabria,
parzialmente riformata da Corte di appello di Reggio Calabria in data 24.2.2011,
nonché con sentenza 12.4.2002 del Giudice dell’udienza preliminare del
Tribunale di Reggio Calabria, parzialmente riformata da Corte di appello di
Reggio Calabria del 29.9.2003 (procedimento “Itaca”, chiedeva al giudice
dell’esecuzione di ritenere l’identità dei fatti giudicati con le due sentenze;

dell’art.671 cod.proc.pen.
Con ordinanza del 13.12.2012 la Corte di appello di Reggio Calabria , in
funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava entrambe le istanze.
Avverso l’ordinanza il difensore propone ricorso per cassazione deducendo
erronea applicazione dell’art.649 cod.proc.pen. ed illogicità della motivazione,
essendo evidente che a Ciocchetti viene contestata la detenzione sempre e
comunque delle medesime armi; 2) violazione dell’art.671 cod.proc.pen.: il
possesso di armi faceva parte di un unico disegno criminoso volto alla
commissione di rapine e alla vendita di armi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1.La Corte di appello ha escluso che le citate sentenza abbiano condannato
il ricorrente per il medesimo fatto, sul rilievo che non vi è prova alcuna che le
armi oggetto della sentenza di condanna della Corte di appello di Reggio
Calabria del 24.2.2011 (concorso con Diano e Muscianisi nella detenzione di
kalashnicov, armi comuni da sparo ed esplosivi, fatto commesso in Reggio
Calabria e Lazio fino al marzo 1998) siano le medesime armi indicate in taluni
dei capi di imputazione del cosiddetto procedimento “Itaca” ( in particolare capo
24B: concorso nella detenzione di tre fucili a pompa e un bazooka, in Siderno in
data antecedente al 13.3.2000; capo 31A: concorso nell’acquisto e detenzione
illegale di armi clandestini importate dall’Albania, in Bari e Siderno il 14.4.2000;
40A:detenzione di una pistola cal.6,35, una pistola cal.10 e due pistole cal.9×21,
in Siderno il 5.5.2000).
La motivazione del giudice dell’esecuzione, aderenti ai dati fattuali risultanti
dai capi di imputazione, ha fatto corretta applicazione della regola secondo cui,
ai fini della preclusione derivante dal principio “ne bis in idem” previsto
dall’art.649 cod.proc.pen., applicabile anche nella fase esecutiva a norma
dell’art.669 cod.proc.pen., l’identità del fatto sussiste soltanto quando vi sia
corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in
tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo

sb,

1

subordinatamente chiedeva di applicare la disciplina del reato continuato ai sensi

alle circostanze di tempo, di luogo e di persona.

(Sez. U, n. 34655 del

28/06/2005 – dep. 28/09/2005, P.G. in proc. Donati ed altro, Rv. 231799).
Il motivo di ricorso è generico nella parte in cui non specifica in riferimento a
quale dei molteplici capi di imputazione contenuti nella sentenza che definisce il
procedimento “Itaca” sussista identità con il fatto giudicato con la sentenza
24.2.2011 della Corte di appello di Reggio Calabria; è privo di contenuto
argomentativo nella parte in cui si risolve nella asserzione aprioristica circa la
pretesa identità delle armi oggetto delle due sentenze di condanna.

criminoso sul rilievo che la detenzione di armi giudicata con la sentenza della
Corte di appello di Reggio Calabria del 24.2.2011 costituisce un episodio del
tutto svincolato rispetto ai fatti di cui al procedimento “Itaca”, essendo relativo
ad una cessione di armi ad occasionale cliente ( Diano), commessa ad
apprezzabile distanza cronologica dai fatti di detenzione di armi utilizzati per la
commissione di rapine ai quali si riferisce il procedimento “Itaca”.
La motivazione è priva di vizi logici e non è suscettibile, in questa sede, di
essere diversamente apprezzata nel merito.
A norma dell’art.616 cod.proc.pen. il ricorrente deve essere condannato al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente
processuali.
Così deciso in Roma il 8.1.2014.

al pagamento delle spese

2.La Corte di appello ha concluso per l’insussistenza del medesimo disegno

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