Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47667 del 19/05/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47667 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: CASA FILIPPO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ROSCA ANTON CATALIN N. IL 24/09/1961
avverso l’ordinanza n. 167/2014 TRIBUNALE di VENEZIA, del
14/07/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
Data Udienza: 19/05/2015
RITENUTO IN FATTO
1.
Con ordinanza resa in data 14.7.2014, il Tribunale di Venezia, in composizione
monocratica e in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata da ROSCA Anton
Catalin al fine di ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione fra i reati oggetto delle
sentenze emesse, rispettivamente, dal Tribunale di Rimini in data 8.8.2008 (irrevocabile il
21.4.2009) e dal Tribunale di Venezia in data 18.5.2010 (irrevocabile il 16.6.2010).
criminoso il significativo intervallo temporale che separava i due reati (sette mesi) e il diverso
ambito territoriale in cui erano stati commessi (l’uno a Rimini e l’altro a Venezia).
2.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto personalmente ricorso per cassazione il
ROSCA, affermando la sussistenza dei presupposti dell’art. 81 cpv. c.p..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è basato su motivi aspecifici.
2. Il giudice dell’esecuzione ha esaminato le due sentenze in discussione e correttamente ha
rilevato la mancanza dei presupposti per poter desumere la sussistenza di un’unica ideazione
definita nei suoi particolari sin dal primo dei delitti di furto, tenuto conto del non breve arco di tempo
decorso prima della commissione del secondo delitto della stessa indole (sette mesi) e della diversità
dei luoghi di commissione dei reati.
A fronte della valutazione operata dal Tribunale, che non si espone a critiche in termini di
inadeguatezza del discorso giustificativo, il ricorrente si è limitato a rivendicare in modo del tutto
generico la sussistenza dei presupposti del reato continuato, senza, tuttavia, confrontarsi con i
passaggi argomentativi del provvedimento impugnato.
3.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escluderne la
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della Cassa delle
ammende di somma che pare congruo determinare in euro 1.000,00, ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 maggio 2015
Il Consigliere estensore
Ad avviso del giudice dell’esecuzione, ostavano alla configurabilità dell’unico disegno