Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47663 del 19/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 47663 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: CASA FILIPPO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SIMONETTA MARTINO N. IL 02/09/1962
avverso l’ordinanza n. 124/2013 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 03/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;

Data Udienza: 19/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza resa in data 3.6.2014, la Corte di Appello di Reggio Calabria, in
funzione di giudice dell’esecuzione, riconosceva l’applicazione della disciplina della
continuazione, richiesta da SIMONETTA Martino, fra i reati oggetto delle sentenze emesse,
rispettivamente, dalla Corte di Appello di Torino il 2.4.2007 (artt. 570, commi 1 e 2, e 99 c.p.)
e dalla Corte di Appello di Reggio Calabria il 29.4.2008 (artt. 572 e 99 c.p.), rideterminando la

Rigettava, viceversa, l’istanza di continuazione fra i reati in materia di stupefacenti
oggetto delle sentenze emesse dalla Corte di Appello di Reggio Calabria, rispettivamente, in
data 21.10.2008 (cessione di alcune dosi di marijuana) e 16.11.2010 (coltivazione di 1.200
piante di marijuana), trattandosi di fattispecie criminose di portata non esattamente omogenea,
commesse in ambiti territoriali distinti e a distanza di ben tre anni l’una dall’altra.
2.

Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione SIMONETTA

Martino, per il tramite del difensore, deducendo violazione dell’art. 671 c.p.p..
Sotto un primo profilo, il ricorrente denuncia la sproporzione dell’aumento applicato per
la continuazione ritenuta fra i reati di cui agli artt. 570 e 572 c.p. in relazione alla pena base
originariamente valutata dal giudice di merito.
Sotto un secondo profilo, il ricorrente lamenta che il provvedimento non abbia preso
adeguatamente in esame gli indicatori evidenziati dalla difesa, ovvero l’omogeneità dei reati, la
consumazione in un arco temporale limitato e in uno stesso contesto spaziale, essendo limitrofi
i comuni di Molochio e Terranova.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La prima censura è manifestamente infondata.
2. Va ricordato che il Giudice dell’esecuzione, nel determinare la pena finale per il reato
continuato, incontra il limite, stabilito dall’art. 671 c.p.p., del divieto di superamento della
somma delle sanzioni inflitte con ciascun titolo giudiziale, ma entro tale margine, una volta
individuata, secondo il disposto dell’art. 187 disp. att. c.p.p., la violazione più grave, è libero di
stabilire la pena congrua per ciascun altro episodio criminoso, anche facendo ricorso ai criteri di
ragguaglio di cui all’art. 135 c.p., senza essere tenuto a rispettarne misura e nemmeno specie
già indicate nelle sentenze (Sez. 1, n. 25426 del 30/5/2013, Cena, Rv. 256051), dando conto
con adeguata motivazione dei singoli aumenti solo qualora essi risultino significativi rispetto a
quelli riconosciuti in sede di cognizione per reati satellite (Sez. 1, n. 32870 del 10/06/2013,
Sardo, Rv. 257000).

1

pena complessiva in tre anni e tre mesi di reclusione.

Posto che, a mente dell’art. 187 disp. att. c.p.p., “si considera violazione più grave
quella per la quale è stata inflitta la pena più grave”, il giudice dell’esecuzione a detta norma si
è conformato nel rideterminare la pena per i due reati “contro l’assistenza familiare” sopra
menzionati, individuando correttamente la violazione più grave nel reato di cui all’art. 572 c.p.
per il quale il giudice della cognizione aveva applicato la pena di due anni e sei mesi di
reclusione (rispetto alla pena di un anno di reclusione, oltre alla multa, comminata per il meno
grave reato di cui all’art. 570 c.p.).

anni e tre mesi) risulta inferiore a quella di tre anni e sei mesi applicata in sede di cognizione,
sicché, anche sotto tale aspetto, l’ordinanza si rivela immune da censure.
3. La seconda censura pecca di aspecificità, perché contrappone alla logica ed adeguata
motivazione della Corte di merito (che ha valorizzato la differenza oggettiva, sul piano della
gravità, tra una condotta di cessione di modica quantità di marijuana e una condotta di
coltivazione di oltre 1000 piante della stessa tipologia di stupefacente, nonché la obiettiva
distanza temporale di tre anni tra i due reati e il diverso ambito spaziale di commissione)
essenzialmente il proprio soggettivo opinare, che non si misura, in concreto, con i passaggi
argomentativi dell’ordinanza.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escluderne
la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della Cassa
delle ammende di somma che pare congruo determinare in euro 1.000,00, ai sensi dell’art. 616
c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 maggio 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

La pena complessiva finale rideterminata previo riconoscimento della continuazione (tre

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