Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4755 del 08/01/2014
Penale Sent. Sez. 1 Num. 4755 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: ROCCHI GIACOMO
Data Udienza: 08/01/2014
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FRAZZITTA ANTONINO N. IL 23/12/1961
avverso l’ordinanza n. 2376/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
GENOVA, del 12/12/2012
sentita la elazione fatta dal Consigliere lett GIACOMO ROCCHI;
lette/s91tie le conclusioni del PG Dott.
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RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di sorveglianza di Genova, con ordinanza del 12/12/2012,
rigettava l’istanza di differimento facoltativo della pena per gravi motivi di salute
proposta da Frazzitta Antonino, detenuto per un cumulo di anni ventitre e giorni
ventotto di reclusione e imputato per reati commessi nel 2010 durante la
semilibertà.
L’istanza era stata presentata in relazione al morbo di Chron da cui il
dieta; il Tribunale, sulla base della relazione sanitaria in atti, riteneva l’esito degli
esami ematochimici in complesso soddisfacente e la patologia adeguatamente
monitorata dai sanitari; escludeva, pertanto, l’assoluta incompatibilità con
l’espiazione della pena; segnalava peraltro al DAP la necessità dell’assegnazione
del detenuto ad un CDT dell’Amministrazione penitenziaria.
2. Ricorre per cassazione Frazzitta Antonino, chiedendo l’annullamento
dell’ordinanza impugnata.
Il ricorrente riferisce che il Morbo di Chron cui è affetto, oltre ad una cura
farmacologica che viene fornita, richiede una dieta alimentare adeguata che
nessuna Direzione del Carcere era in grado di garantire. Il differimento della
pena era stato chiesto per mera provocazione, al solo fine di stabilire a quali
condizioni la malattia è compatibile con il regime penitenziario.
Secondo il ricorrente, il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza di
Genova contrasta con quanto disposto dall’art. 9 dell’ordinamento penitenziario.
L’annullamento deve essere disposto nel punto in cui dispone il trasferimento in
un CDT, che non è affatto necessario, e in quello dove dispone che la dieta
debba essere a spese del detenuto.
3.
Il Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, conclude per la
declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Lo stesso ricorrente sostiene che l’istanza di differimento della pena era
stata presentata a scopo “provocatorio”, quindi senza nemmeno dedurre la
“grave infermità fisica” che, ai sensi dell’art. 147, comma 1, n. 2 cod. pen.,
legittima il provvedimento; si deve ricordare che, per il rinvio dell’esecuzione, è
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condannato è affetto, con la conseguente necessità di seguire una specifica
necessario che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave, cioè tale da
porre in pericolo la vita o da provocare rilevanti conseguenze dannose e,
comunque, da esigere un trattamento che non si possa facilmente attuare nello
stato di detenzione, operando un bilanciamento tra l’interesse del condannato ad
essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività (Sez. 1,
n. 972 del 14/10/2011 – dep. 13/01/2012, Farinella, Rv. 251674).
Il Tribunale di Sorveglianza fa leva sulla relazione sanitaria, da cui emerge
che la situazione saM12g:gl del detenuto è monitorata e che gli esami
Il ricorrente non contesta affatto tale valutazione, ma concentra le sue
censure su due aspetti estranei al contenuto dell’ordinanza: l’onere a suo carico
della dieta speciale che deve seguire e il trasferimento ad un CDT. Mentre sul
primo aspetto il Tribunale non si pronuncia affatto, non costituendo oggetto della
domanda, sul secondo l’ordinanza impugnata si limita ad una segnalazione al
DAP, priva di contenuto decisorio.
Ben si comprende, quindi, che l’inammissibilità deriva dalla mancata
indicazione di uno dei vizi di cui all’art. 606, comma 1, cod. proc. pen. e dalla
genericità del ricorso.
2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta congrua, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso (v. sentenza Corte Cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 alla Cassa delle
ammende.
Così deciso 1’8 gennaio 2014
Il Consigliere esten ore
Il Presidente
ematochimici non forniscono risultati preoccupanti.