Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47544 del 01/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 47544 Anno 2013
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ROMEO MARIO n. 1/5/1967
avverso l’ordinanza n. 739/2012 del 12/4/2013 del

TRIBUNALE DEL

RIESAME DI BARI
visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. VITO D’AMBROSIO che ha

concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Udito il difensore avv. GIUSEPPE PEDARRA che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso.
CONSIDERATO IN FATTO
1. Con ordinanza del 24 aprile 2012 il gip del Tribunale di Bari decideva sulla
richiesta di misura cautelare presentata dal PM il 27 aprile 2011 nei confronti di
numerose persone per contestazione di associazione per delinquere finalizzata
allo spaccio di stupefacenti, ipotizzando l’esistenza di diversi gruppi operanti nei
comuni di San Severo e Apricena e contestando, altresì, numerosi reati fine.
2. Nei confronti dell’odierno ricorrente, Romeo Mario, il giudice accoglieva la
misura ed applicava la custodia in carcere limitatamente al capo C11 della
rubrica, riferito a varie condotte di spaccio di droga contestate in continuazione,
rigettando la richiesta di misura per il resto.

Data Udienza: 01/10/2013

3. Il pubblico ministero presentava appello in data 2 maggio 2012 avverso il
rigetto della misura per gli altri fatti contestati, associazione ex articolo 74 dpr
309/90 ed altre varie ipotesi di spaccio di droga; il Tribunale del riesame di Bari,
con ordinanza del 12/4/2013, accoglieva la richiesta limitatamente al capo C)
(reato associativo) disponendo la custodia in carcere.
4. In motivazione il Tribunale, dopo aver dato atto della erroneità della
valutazione del gip di parziale inammissibilità della richiesta del pubblico
ministero per carenza di motivazione ed aver ritenuto infondata la eccezione di

riferimento ai reati per i quali accoglieva la misura, affermava esservi gravi indizi
del reato associativo rilevando frequentissimi contatti tra gli indagati, l’esistenza
in una base operativa, la assegnazione ai vari correi di ruoli ben definiti ed una
reiterazione di condotte di spaccio di droga in concorso indicative di stabilità del
vincolo. Quanto alle esigenze cautelari, rilevava la applicabilità della presunzione
relativa di cui all’articolo 275 terzo comma codice procedura penale.
5. Avverso tale ordinanza propone ricorso il difensore di Romeo .
6. Deduce la inammissibilità dell’atto di appello del pubblico ministero che
non sviluppava motivi specifici di critica alla ordinanza impugnata; neanche la
valutazione globale dell’atto di appello consentiva di rilevare alcuna censura
riferibile alle valutazione del primo giudice. Nel merito, comunque, secondo il
ricorrente non vi è alcun elemento che consenta di ritenere la responsabilità del
Romeo al di là di singoli contatti diversamente giustificati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
7. È fondato il primo motivo di ricorso quanto alla originaria inammissibilità
dell’appello del pubblico ministero.
8. Anche in materia di misure cautelari l’appello ha le medesime
caratteristiche generali di tale tipo di gravame. Quindi è necessario:
9. che siano rispettate le caratteristiche di specificità dell’atto di
impugnazione nell’individuare i punti del provvedimento impugnato rispetto ai
quali si formulano doglianze;
10.

che in riferimento a tali punti siano svolti argomenti in fatto ed in

diritto specifici non potendosi l’appello limitare ad un generico invito alla
revisione della originaria decisione mediante una autonoma valutazione della
richiesta di misura cautelare.
11.

La conseguenza è, quindi, che in linea generale un semplice

richiamo al contenuto della richiesta di misura cautelare non potrà soddisfare tali
requisiti di specificità salvo, ovviamente, i casi nei quali, vuoi per motivi formali
ritenuti assorbenti, vuoi per particolare apoditticità della decisione del primo
giudice, di fatto non vi sia stata alcuna valutazione della richiesta stessa. La

inammissibilità dell’appello del pubblico ministero per genericità dei motivi in

peculiarità della impugnazione cautelare del PM tocca, invece, altri profili. In
particolare, poiché il caso non è assimilabile a quello dell’impugnazione di una
sentenza che interviene a seguito di una fase in contraddittorio, il Tribunale che
giudica in sede di appello cautelare, ancorché il provvedimento di rigetto della
misura cautelare abbia affermato, ad esempio, la esistenza di gravità indiziaria e
la assenza di esigenze cautelari, dovrà valutare la sussistenza delle complessive
condizioni per la emissione dell’atto; ma, si vedrà, non è una questione che
rileva nel caso di specie.
Non rileva ai fini della disciplina dell’appello cautelare neanche

l’apparente parallelismo della particolare impugnazione rappresentata dal
riesame ex articolo 309 cod. proc. pen poichè quest’ultima impugnazione
consiste, in realtà, nella ripetizione nel giudizio cautelare da effettuare in
contraddittorio, su richiesta facoltativa del soggetto sottoposto alla misura che
non ha partecipato al procedimento applicativo della stessa.
13.

Applicando tali regole al caso di specie non può che concludersi nel

senso che effettivamente, come dedotto dalla parte ricorrente, l’originario
appello del pubblico ministero era totalmente inammissibile:
14.

Va considerato innanzitutto che l’ordinanza del gip presentava un

contenuto adeguato al fine di contestare la tesi di accusa sotto il profilo della
esistenza della associazione per delinquere; di ciò dà atto il Tribunale del
Riesame che afferma chiaramente che vi era stata una adeguata valutazione in
merito da parte del gip che quindi non si era comunque fermato ad una
valutazione meramente formale ancorchè si fosse espresso su una presunta
inammissibilità per genericità della richiesta ex art. 291 cod. proc. pen. del
pubblico ministero.
15.

In particolare il gip, con argomentazioni comuni a tutte le

associazioni per delinquere configurate dagli inquirenti, osservava la assenza di
reali elementi di unificazione delle condotte degli indagati in esecuzione di un
programma comune.
16.

In sede di impugnazione, invece, il PM, senza alcun riferimento alle

singole contestazioni ai singoli indagati o, almeno, alle singole organizzazioni
criminali, si limitava a riprodurre in larga parte la richiesta di misura cautelare
aggiungendo brevi interpolazioni che non rappresentavano affatto delle critiche
alle argomentazioni del gip ma apodittici commenti sulla bontà delle proprie
pretese originarie (Diversamente, tutte le condotte sono descritte, specificate e
approfondite nei capi di attribuzione che rappresentano la sintesi della miriade di
condotte di spaccio e di approvvigionamento di droga), di generica critica alla
metodologia del giudicante

(II difetto valutativo più eclatante è nella

considerazione di alcuni delitti ex art. 73 T. U. 309/90 senza integrare gli stessi

12.

nella portata più ampia del delitto associativo, in una visione atomistica e
parcellizzata del dato probatorio che viene scongiurato attraverso una
aggettivazione assiomatica che si sovrappone ai fatti, completamente trascurati.
Non v’è lo sforzo di estrapolare condotte; elementi significativi; reiterazioni;
vorticosità e frenesia nei contatti tra fornitori ed acquirenti; gestione della rete di
spaccio; rifornimenti continui. ….)

tanto da affermare che ” …

Circa le

caratteristiche e la descrizione della associazione , si riportano i passi della
richiesta che costituiscono migliore risposta alle alogicità del Giudice barese”;

bastevole per il giudice di appello (ri)leggere la propria originaria richiesta di
misura.
17.

Nessuna specificazione neanche quanto allo specifico ruolo di

Romeo Mario, in quanto n PM si limita a confermare il contenuto della originaria
richiesta di misura

(“Come emerge dal contenuto delle conversazioni

intercettate, ROMEO Mario, collabora, nell’attività illecita dello spaccio di
sostanza stupefacente, GUIDI Roberto, con la mansione di corriere. Infatti, lo
stesso è deputato al trasporto della droga da San Nicandro G.co, dove ritira lo
stupefacente dal Canova Giovanni, a San Severo..”). Inutile, poi, cercare ragioni
riferibili al suo presunto ruolo

nella associazione criminale; per lui la

motivazione dell’appello è limitata al

“Valgono le doglianze espresse con

riferimento ai capi A e 8, insieme alle pagine che riportano il ruolo dei
componenti all’interno della associazione ( pagg. 44 in poi). Si rinvia alle schede
soggettive”. Invero la “valutazione” del ruolo del ricorrente alle pagine 44 e ss
dovrebbe essere quanto sopra trascritto, né le “schede soggettive” risultano
essere parte del parte dell’atto di appello.
18.

Il giudizio conclusivo, in accoglimento del primo motivo di ricorso,

è che effettivamente l’atto di appello non era congegnato in modo da introdurre
una fase di revisione critica per specifici punti della decisione di primo giudice ma
tendeva a chiedere una nuova valutazione del medesimo materiale indiziario
senza specifico riferimento alle decisioni del giudicante, così affermando una
corrispondenza fra appello e riesame che, invero, non vi è nella legge.
19.

Va quindi dichiarata la inammissibilità originaria dell’appello del

pubblico ministero con conseguente annullamento della ordinanza impugnata
senza rinvio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata per inammissibilità dell’appello
del P.M.

ovvero, il PM appellante sosteneva che fosse inutile argomentare essendo

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