Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47531 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 47531 Anno 2013
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sul ricorso proposto da Banin Andrea, nato il giorno 18 novembre
1982, avverso la sentenza 14 dicembre 2012 della Corte di appello di Bologna.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale
Gianluigi Pratola, che ha concluso per il rigetto del ricorso, nonché il difensore
del ricorrente avv. Mola che ha chiesto raccoglimento dell’impugnazione.
RITENUTO IN FATTO
1. Banin Andrea, ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la sentenza
14 dicembre 2012 della Corte di appello di Bologna, che in parziale riforma della
sentenza del G.I.P. presso Tribunale di Piacenza, ha confermato la colpevolezza
dell’imputato riducendo peraltro la pena ad anni 2 e mesi 8 di reclusione ed C. 12
mila di multa.

Data Udienza: 13/11/2013

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2. Con sentenza 11 aprile 2012, il G.I.P. presso Tribunale di Piacenza, in
sede di giudizio abbreviato, in conversione di rituale richiesta di rito immediato,
dichiarava Marchesi Alessandro e Banin Andrea, nato il giorno 18 novembre
1982, colpevoli del reato di cui agli artt. 110 c.p. e 73 D.P.R. 309/90, commesso
in data 29.11.2011 in Monticelli di Ongina (PC) e, per l’effetto, applicate le

considerata la diminuente di rito, li condannava rispettivamente alla pena di anni
quattro di reclusione ed euro 30.000 di multa (Marchesi) ed anni due e mesi otto
di reclusione ed euro 20.000 di multa (Banin).
3.

La responsabilità di entrambi è stata ritenuta alla luce delle emergenze

scaturenti dall’arresto in flagranza, seguito ad un servizio di o.p.c. eseguito dai
Carabinieri di Cremona che seguivano i movimenti del Marchesi. Costui, privo di
patente di guida, veniva fermato il 29.11.2011 allorché si trovava a bordo della
vettura condotta dal coimputato Banin, in compagnia della fidanzata. Venivano
seguiti i loro movimenti ed il Marchesi veniva osservato scendere dal mezzo, per
poi dirigersi in una strada sterrata di campagna, mentre Banin rimaneva a bordo.
Una volta ripartito, il veicolo veniva bloccato dai Carabinieri. Sulla persona del
Marchesi veniva trovata la sostanza stupefacente (gr. 177,89 circa di eroina con
principio attivo pari al 9%, come accertato dalle analisi eseguite dall’ASL di
Cremona, oltre ad un modesto quantitativo di cannabis).
4.

Il possesso dell’eroina, ai fini di cessione, è stato ascritto

concorsualmente a carico di entrambi gli imputati, nonostante Marchesi avesse
sostenuto in parte la destinazione all’uso personale, in parte la destinazione
all’utilizzo di gruppo, avendo, a suo dire, effettuato un acquisto su commissione.
Egli però non forniva i nomi dei co-acquirenti. L’imputato riferiva anche che una
piccola quantità di sostanza era stata promessa al Banin a titolo di compenso per
l’attività di trasportatore.
5. Quanto al Banin, si è ritenuto che egli fosse del tutto consapevole di
accompagnare il coimputato ad acquistare eroina, certamente destinata alla futura
cessione a terzi, tanto che era previsto un compenso “in natura” per il servizio di
trasporto.

attenuanti generiche, ritenute per il Marchesi equivalenti alla contestata recidiva,

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6.

La Corte di appello con la gravata sentenza ha confermato la

colpevolezza del Banin riducendo peraltro la pena ad anni 2 e mesi 8 di reclusione
ed €. 12 mila di multa.
La corte distrettuale ha concluso con l’affermazione che la posizione del
Banin è quella di un pieno concorrente.

a) che non è pensabile che il Banin, pure tossicodipendente, fosse all’oscuro
dell’attività posta in essere dal Marchesi, il quale aveva appena avuto un contatto
telefonico con lo spacciatore;
b) che il Banin svolgeva, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, un
ruolo fondamentale, ove si consideri che Marchesi è privo di patente di guida,
ragion per cui la partecipazione di una persona del tutto fidata era, non solo utile,
ma necessaria per consentire l’acquisizione del cospicuo quantitativo di
stupefacente;
c) che il ricorrente era consapevole che si trattasse di un quantitativo
importante, tanto che egli stesso ha ammesso che, quale compenso per i suoi
servigi, gli era stata promessa “qualche fumata”;
d) che la circostanza che il giovane disponga di un’attività lavorativa non ha
evidentemente svolto effetto deterrente, e del resto l’esperienza dimostra che il
solo fatto dì avere un regolare lavoro non impedisce di delinquere;
e) che poi la sostanza sia stata trovata sulla persona del Marchesi nulla
sposta, posto che l’azione è stata bruscamente interrotta dal controllo delle forze
dell’ordine: l’approvvigionamento era da poco avvenuto e certamente la sostanza
non poteva essere suddivisa e frazionata mentre il mezzo era in movimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Il ricorso prospetta unitariamente vizio di motivazione per

contraddittorietà e manifesta illogicitknonché violazione di legge in ordine ai criteri
di ripartizione dell’onere della prova in punto di destinazione non a sé, ma a terzi
della sostanza detenuta.
In particolare la difesa ribadisce ed evidenzia i tre elementi che
deporrebbero per un uso esclusivamente personale (autonomia patrimoniale per
redditi da lavoro; esito negativo della perquisizione domiciliare anche per gli

In proposito la gravata sentenza impugnata ha evidenziato:

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accessori tipici dello spaccio; nessuna sostanza stupefacente custodita nella
vettura nella disponibilità del ricorrente). La mancanza di consapevolezza della
quantità comperata dal Marchesi renderebbe conto che la finalità del Banin fosse
solo quella di acquistare per sé, ed in tale quadro, inoltre, il difensore segnala la
stranezza che l’altra trasportata nel veicolo del Banin, una cittadina marocchina,

Infine l’impugnazione contesta che l’imputato abbia assistito alla telefonata
tra il Marchese ed il suo cedente e lamenta che non si sia considerato che la
condotta di acquisto è avvenuta in luogo non percepibile dagli occupanti il veicolo e
che ad essa ha partecipato il solo Marchesi e che quest’ultimo ha ribadito
l’estraneità del ricorrente nella transazione illecita.
2. il motivo per come formulato non supera la soglia dell’ammissibilità.
In primo luogo, quanto al mancato esame e valutazione degli elementi che
avrebbero consentito una decisione di destinazione per uso personale dello
stupefacente, è noto che la sentenza di merito non è tenuta a compiere un’analisi
approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame
dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche
attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in
modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni fatto
decisivo è stato tenuto presente, sì da potersi considerare implicitamente disattese
le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano
logicamente incompatibili con la decisione adottata (cass. pen. sez. 4, 26660/2011
Rv. 250900).
In secondo luogo il dedotto vizio di omessa motivazione può essere
prospettato solo quando il giudice di merito abbia ingiustificatamente negato
l’ingresso nella sua decisione ad un elemento di prova, risultante dagli atti
processuali, dotato di efficacia invalidante l’impianto motivazionale, non invece
quando il giudice di merito, come nella specie, abbia dato, coerentemente ed
esaustivamente, una valutazione degli elementi di prova diversa da quella
prospettata dal ricorrente.
Nella stessa ottica,

l’illogicità manifesta e la contraddittorietà della

motivazione sussistono quando gli altri atti del processo, specificamente indicati

non sia mai stata inquisita pur essendo essa della stessa nazionalità del fornitore.

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nel gravame, inficiano radicalmente, dal punto di vista logico, l’intero apparato
motivazionale e non invece quando sono stati coerentemente ed adeguatamente
valutati nel provvedimento di merito, seppure in modo diverso rispetto alla tesi
prospettata (sentenze Cassazione Penale 13/11/2007 n. 47524; 24/5/2007 n.
24680; 28/9/2006 n. 35964).

un’argomentata (doppia conforme) decisione nella quale non si rinvengono
manifeste incoerenze logiche, le quali non risultano rivestire forza invalidante,
confrontate con la ragionevole linearità della giustificazione di responsabilità,
quale proposta dai giudici di merito, che il ricorso pretende di aggredire,
sviluppando ipotesi di più favorevoli interpretazioni, notoriamente non
apprezzabili in questa sede.
Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.
Alla decisa inammissibilità consegue, ex art. 616 C.P.P., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, in favore della
Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in C. 1000,00 (mille).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
essuali e della somma di C. 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il giorno 13 novembre 2013
sigliere es ensore

Quanto al resto, si versa nella cornice di una serie di critiche, contro

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