Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47528 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 47528 Anno 2013
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ELEZAJ ERENATO N. IL 04/10/1985
avverso la sentenza n. 336/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
19/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI
Udito il Procuratore Generale inyersona del Dott.tti’,A,(4
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che ha concluso per e,R “
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 13/11/2013

Considerato in fatto e ritenuto in diritto

1. Con sentenza del 19. 3. 2013 la Corte di appello di Milano – a seguito di
gravame interposto nell’interesse dell’imputato ELEZAJ ERENATO
avverso la sentenza emessa il 21.4.2010 dal Tribunale di Milano – in
rideterminava la pena inflitta,

confermando nel resto la decisione che aveva riconosciuto l’imputato
colpevole dei delitti di cui all’art. 74 e 110/81 c.p./ 73 DPR n. 309/90.
2.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato a mezzo
del difensore deducendo:

2.1.violazione ai sensi dell’art. 606 lett. c) ed e) c.p.p. in relazione agli artt.
179,295,296, 169 co. 4 c.p.p. con riferimento alla dedotta nullità del
decreto di latitanza e degli atti conseguenti avendo la Corte di merito
ritenuto inapplicabile alla fattispecie l’art. 169 co. 4 c.p.p., pur
richiamando l’opposto orientamento di legittimità allorquando valorizza
l’argomento della inattendibilità del luogo di residenza indicato sul
passaporto. Ove non si accogliesse tale ultimo orientamento, il
ricorrente sollecita la rimessione della questione alle Sezioni Unite ex
art. 618 c.p.p..
2.2.violazione ex art. 606 lett. c) ed e) c.p.p. in relazione agli artt. 296 e
179 c.p.p. in ordine alla dedotta questione della volontaria irreperibilità
dell’imputato rispetto alla ordinanza cautelare emessa. Si deduce il
travisamento di quanto a proposito valorizzato nell’atto di appello che,
invece, testimonierebbe la resipiscenza dell’imputato che ebbe ad
allontanarsi da Milano.
2.3.violazione ex art. 606 lett. c) ed e) c.p.p. in relazione agli artt. 175 co.
II e 438 c.p.p. in relazione all’omesso riconoscimento della facoltà di
avvalersi del rito abbreviato incondizionato a seguito della rimessione in
termine per l’appello. La Corte non ha inteso adeguarsi al principio
ricavato dalla sentenza di legittimità n. 858 del 2011 erroneamente
ritenendo inesistente la regola invocata. Neanche è corretto il secondo
argomento, fondato sulla legittima declaratoria della latitanza, dalla
quale non può farsi discendere automaticamente l’inibizione a chiedere il
rito alternativo.
2.4.Si sollecita , infine, la rimessione della questione di costituzionalità
dell’art. 175 co. H c.p.p. in relazione agli artt. 3,24 e 111 Cost. nella
1

parziale riforma di detta sentenza

parte in cui non consente all’imputato restituito nel termine per
appellare di richiedere il giudizio abbreviato incondizionato essendo
irragionevolmente equiparata la posizione del «contumace
inconsapevole» a quella del « contumace consapevole».
3.

Il primo e secondo motivo sono infondati.

4.

Secondo l’orientamento dominante di questa Corte , il provvedimento
che dichiara la latitanza presuppone il verbale di vane ricerche, che la

custodia cautelare, indicando in modo specifico le indagini svolte nei
luoghi in cui si presume l’imputato possa trovarsi, senza essere vincolata
quanto ai luoghi di ricerca, dai criteri indicati in tema di irreperibilità. Né
tale situazione postula necessariamente la conoscenza dell’interessato in
ordine alla avvenuta emissione a suo carico del provvedimento
restrittivo della libertà personale, essendo semplicemente sufficiente che
egli sappia che un ordine o un mandato può essere emesso nei suoi
confronti, evenienza che, una volta positivamente apprezzata con
provvedimento del giudice, legittima alle notificazioni mediante
consegna al difensore (Sez. 5, Sentenza n. 4114 del 09/12/2009 Rv.
246098 Imputato: Hasanbelliu e altri).
5. Ancora, quanto alle ricerche ed alla loro esaustività, è stato insegnato
che la conoscenza della residenza all’estero dell’imputato colpito da
ordinanza di custodia cautelare comporta l’attivazione della procedura
per il suo arresto a fini estradizionali, non l’operatività delle disposizioni
per la notifica all’estero, dettate per altri atti, diversi dai provvedimenti
restrittivi della libertà personale
10/04/2003 Rv. 225483

(Sez.

Imputato:

6,

Sentenza n.

29702

del

Dattilo e altri). Quindi, la

completezza delle ricerche, ai fini della dichiarazione della latitanza, va
valutata non con riferimento a parametri prefissati ma alla condizione
personale del soggetto, così da consentire al giudice, in relazione allo
specifico caso in esame, di valutare l’esaustività o meno delle indagini
svolte

(Sez.

Imputato:

3,

Sentenza n.

46983

Campaniello e altro;

Sez.

del
2,

15/10/2009 Rv. 245415
Sentenza n.

25315

del

20/03/2012 Rv. 253072 Imputato: Ndreko e altri). L’accertata assenza
del ricercato del territorio dello Stato è, di per sé, circostanza sufficiente
per la dichiarazione della latitanza, che cessa soltanto con l’arresto e
non anche con la giuridica possibilità di eseguire notificazioni all’estero in
base a indicazioni circa il luogo di residenza del destinatario latitante
(Sez. 1, Sentenza n. 15410 del 25/03/2010 Rv. 246751

2

Imputato:

polizia redige a seguito della mancata esecuzione dell’ordinanza di

Arizzi e altri; conf. Sez. 6, Sentenza n. 29702 del 10/04/2003 Rv.
225484 Imputato: Dattilo e altri). Infine, l’emissione del decreto di
latitanza non deve essere necessariamente preceduto dallo svolgimento
all’estero di ricerche tese a rintracciare il soggetto nei cui confronti è
stato adottato il provvedimento cautelare e della cui dimora o residenza
in un paese straniero si abbia avuto generica notizia, non sussistendo i
presupposti per l’applicazione in via analogica delle regole dettate per le

5, Sentenza n. 46340 del 19/09/2012 Rv. 253636 Imputato: P.G., P.C.,
Adler e altri.).
6. Al richiamato orientamento questo Collegio intende aderire in
consapevole contrasto con il diverso orientamento ( espresso sin da Sez.
I n. 17592/07 alla quale le successive Sez. VI n. 5929/2009 e Sez. I n.
9443/2010 si richiamano; con più ampia motivazione v. anche Sez. I n.
17703/2010) che si fonda sulla interpretazione analogica dell’art. 169
co. 4 c.p.p., che – a giudizio del Collegio – non può riconoscersi nel caso
in esame in difetto del duplice presupposto che presiede a tale
operazione ermeneutica. L’art. 12 co. 2 delle preleggi, infatti, consente il
ricorso all’analogia solo quando manchi nell’ordinamento una specifica
norma regolante la concreta fattispecie e si renda, quindi, necessario
porre rimedio ad un vuoto normativo altrimenti incolmabile in sede
giudiziaria ( Cass. sent. n. 9852/02). Ove si verifichi una tale lacuna, il
caso si regola con la disciplina prevista per un caso analogo, che abbia
cioè lo stesso razionale fondamento: essa consiste in un processo logico
per risalire dalle norme espresse e particolari al principio che le governa,
al fine di accertare se in questo rientri anche il caso non preveduto (
Cass. 65/2004, conf. 85/6462). Ebbene, quanto alla prima condizione
l’art. 295 c.p.p. non prevede criteri predeterminati per l’attività di
ricerca volta alla esecuzione della misura cautelare ed alla stregua dei
quali il giudice, ai sensi dell’art. 295 co. 2 c.p.p., deve valutare
l’esaustività delle ricerche prima di dichiarare la latitanza. Pertanto non
abbisogna di alcun criterio integrativo la fattispecie in cui, «rebus sic
stantibus», l’attività di ricerca sia stata ritenuta esauriente. Anzi, può
affermarsi che la determinazione di un criterio legale in materia può
rivelarsi incompatibile con l’esigenza che sorregge l’orientamento che
qui si critica potendo una siffatta indicazione giustificare
presuntivamente una completezza delle ricerche del catturando che
,invece, per loro natura, devono modularsi rispetto alle concrete ed

3

ricerche dell’irreperibile dall’art. 169 comma quarto cod. proc. pen.( Sez.

imprevedibili circostanze legate alla commissione dei fatti ed al soggetto
che li ha commessi. Sotto l’aspetto dell’«eadenn ratio», mentre l’art.
169 c.p.p. disciplina il regime di notificazione di atti e, pertanto, è volto
ad assicurare le condizioni per la conoscenza dei medesimi in relazione
all’imputato residente o dimorante all’estero, l’art. 295 c.p.p. e le
ricerche all’uopo previste pertengono, invece, alla esecuzione di una
ordinanza cautelare che non necessita di alcuna previa conoscenza

pretesa necessità di ricerche all’estero del destinatario della ordinanza
cautelare, colloca queste al di fuori della finalità per la quale sono
previste, attesocchè all’individuazione del soggetto all’estero non
seguirebbe la esecuzione del provvedimento cautelare ma l’attivazione
delle procedure internazionali per la consegna; nè la individuazione
all’estero del destinatario della ordinanza da eseguire potrebbe
escludere, di per sé, la volontarietà della sua sottrazione alla esecuzione
della misura.
7.

Deve quindi affermarsi il principio di diritto secondo il quale

la

completezza delle ricerche, ai fini della dichiarazione della latitanza, va
valutata non con riferimento a parametri prefissati ma alle concrete
evenienze di fatto ( connotazione dell’attività criminosa e condizione
personale del soggetto), così da consentire al giudice, in relazione allo
specifico caso in esame, di valutare l’esaustività o meno delle indagini
svolte, non potendosi estendere in via analogica, a tale fine, l’art. 169
co. 4 c.p.p. dettato nell’ambito di una distinta area operativa.
8.

Si è pertanto posta nel richiamato alveo di legittimità la Corte territoriale
che – con motivazione logica e priva di vizi giuridici – ha ritenuto
validamente emesso il decreto di latitanza del 16.1.2009 nei confronti
dell’imputato coinvolto in una associazione dedita al traffico di sostanze
stupefacenti operante in Milano e zone limitrofe – sulla base del verbale
di vane ricerche nell’ambito del territorio nazionale del 12.12.2008
redatta dai CC di TREVISO – ritenendo che gli organi preposti alla
esecuzione della misura cautelare non dovessero effettuare ricerche del
soggetto, che aveva commesso i reati nel territorio italiano, anche nel
territorio di nascita o di precedente residenza nell’ambito della nazione
straniera, tanto più che , nella specie, l’a.g. italiana ignorava e poteva
ignorare l’avvenuto trasferimento del soggetto in ALBANIA. La Corte per
smentire la asserita inconsapevolezza dell’imputato ha valorizzato,
inoltre, nell’ambito di una plausibile valutazione in fatto incensurabile in
4

essendo, anzi, normalmente, atto «a sorpresa». D’altra parte, la

questa sede, le dichiarazioni dello stesso imputato contenute nell’atto di
appello in ordine ai motivi del suo allontanamento da Milano e dal
coimputato HYKA Mario a seguito dell’arresto di ZEQO portandosi nel
Veneto. Non introduce valide ragioni di censura il generico e non
autosufficiente riferimento operato dalla difesa alla asserita informazione
contenuta in una non meglio identificata <

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