Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47484 del 06/10/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 47484 Anno 2015
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

Data Udienza: 06/10/2015

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PATTI VINCENZO N. IL 25/01/1979
avverso l’ordinanza n. 615/2015 TRIB. LIBERTA’ di CATANIA, del
28/04/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. C -vet

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Ritenuto in fatto.

1.Con ordinanza deliberata il 29 aprile 2015 il Tribunale di Catania, costituito ai
sensi dell’art. 309 c.p.p., rigettava la richiesta di riesame avanzata da Vincenzo Patti

suoi confronti 1’8 aprile 2015 dal giudice per le indagini preliminari del locale
Tribunale in ordine al delitto di cui all’art. 416 bis c.p.
Il Tribunale, dopo avere ricostruito le vicende relative alla sanguinosa
contrapposizione tra i clan mafiosi Rapisarda-Morabito e Assinnata-Alleruzzo,
evidenziava, sulla base delle sentenze acquisite ai sensi dell’art. 238-bis c.p.p. e
delle dichiarazioni rese da numerosi collaboratori di giustizia, che in territorio di
Paternò era operativa un’articolazione territoriale del sodalizio mafioso dei
“Laudani”, in cui erano confluite le “famiglie” Rapisarda e Morabito.
Con specifico riferimento alla posizione di Patti, quale soggetto organicamente
inserito nel clan mafioso capeggiato da Salvatore Rapisarda, osservava che gravi
indizi di colpevolezza erano costituiti dalle dichiarazioni rese da Francesco
Musumarra (già affiliato al gruppo di Salvatore Rapisarda), ritenute intrinsecamente
attendibili e riscontrate oggettivamente.
La chiamata in correità di Musumarra, estremamente analitica, dettagliata e di
assoluta attualità, era, ad avviso dei giudici, confermata, con specifico riferimento
alla posizione di Patti, dai seguenti elementi: a) controlli effettuati dalle forze
dell’ordine, comprovanti i rapporti tra l’indagato, Francesco Musumarra, Vincenzo
Salvatore Rapisarda ed altri associati; b) contenuto delle intercettazioni effettuate,
contenenti espliciti riferimenti ai problemi economici dell’organizzazione, alla
riscossione di somme di denaro da parte di Patti nell’interesse del sodalizio, alla
totale subordinazione e fedeltà di Patti agli esponenti rivestiti, come Magro, di un
ruolo superiore al suo, al sostentamento degli associati, ai problemi insorti dentro il
gruppo a causa del mancato versamento da parte di Patti di alcune delle somme
riscosse, nonché alle relative contestazioni ad opera di Magro.
Le esigenze cautelari, presunte ai sensi dell’art. 275, comma 3, c.p.p., venivano
ritenute sussistenti sulla base del fattivo apporto, causalmente rilevante, fornito

1

e, per l’effetto, confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei

dall’indagato alla vita del sodalizio, dell’intensità del dolo sotteso alle condotte
illecite.
2.Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione
personalmente l’indagato, il quale formula le seguenti censure.
Lamenta violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento alla
ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi del delitto previsto dall’art. 416 bis

quadro indiziario non caratterizzato da gravità, univocità e concordanza, avuto
riguardo al contenuto criptico dei colloqui captati, all’assenza di un qualsiasi fattivo
contributo di Patti alla vita dell’associazione.
Denuncia violazione di legge e vizio della motivazione in relazione
all’insussistenza di elementi atti a vincere la presunzione di cui all’art. 275, comma
3, c.p.p. e all’omesso rispetto dei principi di proporzionalità e adeguatezza.

Osserva in diritto.

Il ricorso non è fondato.
1.In merito al primo motivo di censura, il Collegio osserva quanto segue.
Il Tribunale ha attentamente analizzato, con motivazione esauriente ed immune
da vizi logici e giuridici, le risultanze probatorie disponibili e ha desunto la gravità
degli indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui all’art. 416 bis c.p. dal
contenuto delle intercettazioni telefoniche e ambientali, dalle dichiarazioni rese da
Francesco Musumarra, ritenute motivatamente attendibili, confermate
oggettivamente e assistite da riscontri di tipo estrinseco anche di tipo
individualizzante, nonché dall’esito dei controlli effettuati dalle forze dell’ordine.
Il provvedimento impugnato, con argomentazione corretta, esauriente e priva di
incongruenze o lacune, ha evidenziato l’operatività di un articolato sodalizio di
stampo mafioso caratterizzato da un’organizzazione gerarchica, da tempo aduso ad
avvalersi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della conseguente
condizione di assoggettamento e di omertà per la commissione di una serie di
delitti, tra cui quelli contro la persona e il patrimonio, al fine di realizzare il
controllo capillare del territorio e di realizzare ingenti profitti illeciti.
All’interno di tale organizzazione, caratterizzata da un forte radicamento sul
territorio, il ricorrente forniva un pieno e consapevole contributo causale,

2

c.p. e alla partecipazione del ricorrente al sodalizio mafioso in presenza di un

occupandosi, in particolare, della riscossione dei crediti derivanti dalle illecite
attività di usura e della gestione dei reati perseguito dal sodalizio mafioso.
Il Tribunale ha, infine, evidenziato, con puntuali riferimenti alle emergenze
processuali sin qui acquisite, il consapevole contributo morale e materiale fornito
dal ricorrente alla vita associativa in vista del pieno radicamento territoriale
dell’organizzazione, della sua espansione economica, del sostentamento degli

Orbene, lo sviluppo argomentativo della motivazione è fondato su una coerente
analisi critica degli elementi indizianti e sulla loro coordinazione in un organico
quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità
logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della gravità, nel senso
che questi sono stati reputati conducenti, con un elevato grado di probabilità,
rispetto al tema di indagine concernente la responsabilità di Vincenzo Patti in
ordine al delitti di partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso
a lui contestato.
Di talché, considerato che la valutazione compiuta dal Tribunale verte sul grado
di inferenza degli indizi e, quindi, sull’attitudine più o meno dimostrativa degli
stessi in termini di qualificata probabilità di colpevolezza anche se non di certezza,
deve porsi in risalto che la motivazione dell’ordinanza impugnata supera il vaglio di
legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato non può non arrestarsi alla
verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che
presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, prescritti dall’art.
273 c.p.p. per l’emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza
poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di
merito.
2.Prive di pregio sono anche le ulteriori censure.
Il provvedimento impugnato, con iter argomentativo correttamente articolato,
ha desunto la sussistenza delle esigenze cautelari dalle modalità di consumazione
del delitto, dall’intensità del dolo sotteso alle condotte illecite, dalla forza del
vincolo associativo, dalla totale disponibilità del ricorrente a fare fronte ad ogni
aspetto della vita associativa.
3.In conclusione, risultando infondato in tutte le sue articolazioni, il ricorso
deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese
processuali.
3

associati del sodalizio.

La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94, comma
1 ter, disp. att. c.p.p.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al
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Così deciso, in Roma, il 6 ottobre 2015.

Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att. c.p.p.
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