Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47478 del 24/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 47478 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GODINO ANDREA N. IL 28/06/1968
avverso la sentenza n. 1532/2012 GIP TRIBUNALE di PIACENZA, del
23/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI; _
–lette/s9atge le conclusioni del PG Dott.
QI

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 24/10/2013

8121/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 23 gennaio 2013 il gip del Tribunale di Piacenza, su richiesta delle parti,
ha applicato a Godino Andrea la pena di mesi otto di reclusione per il reato di cui all’articolo 95
d.lgs. 115/2002, per avere falsamente dichiarato nella richiesta di ammissione al patrocinio a
spese dello Stato il reddito proprio e dei componenti di famiglia pari a euro O nell’anno 2010,
reddito che invece ammontava ad euro 8833.

omessa valutazione da parte del giudice dell’ipotesi di non punibilità di cui all’articolo 47 c.p. e
della sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo generico, con correlato vizio di insufficienza
motivazionale; il secondo denuncia l’erroneo giudizio di rilevanza della recidiva ex articolo 99,
quarto comma, c.p. con conseguente necessario bilanciamento in termini di equivalenza con le
attenuanti generiche, nonché la mancata diminuzione della pena ex articolo 62 bis, ancora con
correlato vizio di omessa motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
L’applicazione della pena su richiesta delle parti è invero un negozio processuale che le parti
non possono unilateralmente sciogliere esercitando uno jus poenitendi una volta che si è
perfezionato (sulla mancanza di una facoltà di recesso Cass. sez.II 10 gennaio 2006 n. 3622).
Rientra nel contenuto dell’accordo anche la valutazione delle circostanze ai fini del
bilanciamento tra aggravanti e attenuanti, per cui su questo il ricorrente non può presentare
censura che equivale a una inammissibile revoca unilaterale dell’accordo ex articolo 444 c.p.p.
La natura peculiare della sentenza, il cui contenuto è in massima parte eterodiretto
dall’accordo che recepisce, si riflette poi logicamente su una

deminutio

dell’obbligo

motivazionale (cfr. p. es . Cass. sez. IV, 16 luglio 2006 n. 34494), che si riduce al sintetico
rendiconto degli elementi verificati, con particolare riguardo alle ipotesi di non punibilità ex
articolo 129 c.p.p. delle quali è sufficiente anche soltanto il richiamo (ex multis Cass. sez. II,

2. Ha presentato ricorso il difensore dell’imputato adducendo due motivi: il primo denuncia

17 novembre 2011-17 febbraio 2012 n. 6455) – e nel caso di specie il giudice ha considerato
nella motivazione le fattispecie ex articolo 129 c.p.p. -. La sentenza di applicazione della pena
su richiesta può pertanto essere oggetto di controllo di legittimità per vizio motivazionale
soltanto se dal suo testo appare evidente la sussistenza delle cause di non punibilità di cui
all’articolo 129 c.p.p. (Cass.sez.IV, 13 agosto 2011 n. 30867), il che non si verifica nella
fattispecie in esame. Sono pertanto inammissibili anche le censure motivazionali proposte nel
ricorso.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile,
con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese
del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale

.–)

emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il
ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di
Euro 1500,00 in favore della Cassa delle ammende.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di €1500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 24 ottobre 2013

Il Consiglier Estensore

Il Presidente

P.Q.M.

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