Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47473 del 02/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 47473 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CORSANO ROBERTO N. IL 28/09/1975
avverso l’ordinanza n. 311/2005 TRIB.SEZ.DIST. di CASARANO, del
27/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA

ANDRONIO ;
lette/seAltite le conclusioni del PG Dott. SMTZ -SeltiA‘. ■ 1’th-L ,
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 02/10/2013

RITENUTO IN FATTO
1. – Con ordinanza del 27 giugno 2012, il Tribunale di Lecce – sezione
distaccata di Casarano, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta
di revoca della confisca di immobili disposta con sentenza dello stesso Tribunale del 22
novembre 2007, confermata con sentenza della Corte d’appello di Lecce del 10
febbraio 2010. Il Tribunale ha rilevato, in particolare, che il ricorrente non aveva
prodotto né la scrittura privata del 30 marzo 2000, né l’ordinanza traslativa del

trasferimento a lui della proprietà del bene confiscato.
2. – Avverso il provvedimento l’interessato ha proposto, tramite il difensore,
ricorso per cassazione, rilevando di avere acquistato l’immobile oggetto di
lottizzazione abusiva e di conseguente confisca quale terzo di buona fede estraneo alla
commissione del reato, a seguito di ordinanza con effetto costitutivo pronunciata in
sede civile dal Tribunale, in conseguenza dell’inadempimento di un contratto
preliminare precedentemente stipulato.
Il ricorrente lamenta, in primo luogo, di avere prodotto in giudizio la scrittura
privata del 30 marzo 2000 recante il contratto preliminare e l’ordinanza traslativa del
24 febbraio 2011 e che tali documenti non sarebbero stati inseriti dalla cancelleria nel
fascicolo a disposizione del giudice.
Nel merito, evidenzia la propria buona fede, che sarebbe desumibile proprio dal
fatto di avere ottenuto la proprietà del bene tramite provvedimento giurisdizionale.
Tali rilievi sono ribaditi nella memoria depositata in prossimità della camera di
consiglio davanti a questa Corte.
3. – Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, con le quali chiede
che, qualificata l’impugnazione come opposizione ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod.
proc. pen., gli atti siano trasmessi al Tribunale quale giudice dell’esecuzione. Sostiene,
in particolare, il pubblico ministero che il ricorso deve essere riqualificato come
opposizione in sede di esecuzione, sul rilievo che contro il provvedimento emesso in
materia di confisca è dato lo specifico mezzo di reclamo rappresentato dall’opposizione
ex art. 666 cod. proc. pen., perché altrimenti si priverebbe la parte della possibilità di
far valere compiutamente le doglianze di merito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. – Preliminarmente deve essere rigettata la richiesta del Procuratore generale
di riqualificazione dell’impugnazione come opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art.

Tribunale del 24 febbraio 2011, dalle quali sarebbe risultato, a suo dire, il

667, comma 4, cod. proc. pen. e conseguente trasmissione degli atti al giudice
dell’esecuzione.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, il combinato disposto degli
artt. 676, comma 1, e 667, comma 4, cod. proc. pen. impone di ritenere che, contro il
provvedimento emesso dal giudice dell’esecuzione in materia di confisca, è dato lo
specifico mezzo di reclamo costituito dall’opposizione ex art. 666 cod. proc. pen.,
perché altrimenti si priverebbe la parte della possibilità di far valere compiutamente le

6, 22 settembre 2010, n. 35408, rv. 248634; sez. 5, 26 maggio 2009, n. 37134, rv
245130). Nondimeno tale orientamento si riferisce al caso in cui la confisca è stata
disposta dal giudice dell’esecuzione e non al caso in cui al giudice dell’esecuzione si è
chiesto di provvedere su una confisca già ordinata con sentenza. In tale ultimo caso,
infatti, il giudice dell’esecuzione procede a norma dell’art. 666 cod. proc. pen.,
pronunciando decreto, nell’ipotesi di cui al comma 2 dello stesso articolo,
pronunciando ordinanza, ai sensi del comma 6 dello stesso articolo, negli altri casi. Sia
contro l’ordinanza sia contro il decreto può essere proposto ricorso per cassazione,
secondo quanto previsto, rispettivamente, dai richiamati commi 2 e 6.
Ciò è quanto è avvenuto nel caso di specie, in cui: l’ordine di confisca è
contenuto nella sentenza pronunciata a carico di soggetti diversi dall’odierno
ricorrente; il giudice dell’esecuzione ha, con ordinanza emanata ai sensi dell’art. 666,
comma 6, cod. proc. pen. rigettato l’incidente di esecuzione; l’interessato ha, sempre
ai sensi dell’art. 666, comma 6, richiamato, proposto ricorso per cassazione avverso
l’ordinanza.
5. – Il ricorso per cassazione è inammissibile.
Il Giudice dell’esecuzione evidenzia che gli argomenti addotti dal ricorrente a
sostegno della pretesa buona fede nell’acquisto della proprietà dell’immobile oggetto
di confisca sono limitati all’affermazione di esserne divenuto proprietario in forza di
provvedimento giudiziale. Evidenzia, altresì, che, contrariamente a quanto sostenuto
dallo stesso ricorrente, non sono stati prodotti il contratto preliminare del 30 marzo
2000 né l’ordinanza traslativa emessa dal Tribunale civile il 24 febbraio 2011.
Nel contestare tale ultima affermazione, il ricorrente sostiene che i documenti
erano stati prodotti in allegato all’istanza e che la cancelleria aveva omesso di inserirli
nel fascicolo.
Trattasi, all’evidenza, di un’affermazione del tutto sfornita di prova, che non
trova riscontro neanche nella produzione documentale effettuata di fronte a questa

doglianze di merito (ex plurimis, sez. 1, 28 febbraio 2012, n. 11770, rv. 252572; sez.

Corte. Tale produzione ha, infatti, per oggetto le coipie dell’atto di vendita e
dell’ordinanza traslativa, nonché una nuova copia conforme rilasciata dalla cancelleria
dell’ordinanza traslativa, dalle quali non si evince che le stesse fossero state
depositate in sede di incidente di esecuzione. Né l’avvenuto deposito può essere
desunto dal semplice fatto che nell’istanza rivolta al giudice dell’esecuzione tali
documenti fossero indicati, ben potendo darsi il caso della mera indicazione formale di
documenti poi effettivamente non prodotti.

sostanzialmente ritenendo che la stessa fosse formulata in modo non sufficientemente
specifico, perché basata sull’affermazione, neanche suffragata da idonea
documentazione relativa ai modi, ai tempi e alle circostanze, della sussistenza di una
buona fede derivante dal fatto che il terzo era divenuto proprietario in forza di
provvedimento giurisdizionale. Nel fare ciò, del resto, il Tribunale ha dato applicazione
al costante orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di reati edilizi, la
confisca di un immobile abusivamente lottizzato può essere disposta anche nei
confronti del terzo acquirente, qualora nei suoi confronti siano riscontrabili
quantomeno profili di colpa per non aver assunto le necessarie informazioni sulla
sussistenza di un titolo abilitativo e sulla compatibilità dell’intervento con gli strumenti
urbanistici

(ex plurimis,

sez. 3, 6 marzo 2013, n. 15987, rv. 255416). Più in

particolare, si è precisato che, per affermare l’esistenza della buona fede del terzo
acquirente di immobile abusivamente lottizzato, quale presupposto di esclusione di
operatività della confisca, è necessario procedere all’esame specifico dell’atto
traslativo e della documentazione ad esso allegata, in una corretta prospettiva di
verifica dell’esistenza di un’aspettativa di esattezza giuridica dei provvedimenti
amministrativi su cui il privato possa fare affidamento (sez. 3, 28 febbraio 2013, n.
15981, rv. 254987).

Correttamente, dunque, il giudice dell’esecuzione ha rigettato l’opposizione,

6. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità»,
alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod.
proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della
somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.

4&

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2013.

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