Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47467 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47467 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

21/5/2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Paola Filippi, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 22/4/2015 il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Catania disponeva l’applicazione della misura della custodia
cautelare in carcere nei confronti di Lo Monaco Giuseppe in ordine ai reati ai
capi B) partecipazione all’associazione di tipo mafioso facente capo al boss
detenuto Cintorino Antonino affiliata all’organizzazione criminale denominata
clan Cappello, E) ed F), concorso in due estorsioni aggravate anche ai sensi
dell’art. 7 d.l. n. 152 del 1991 consumate ai danni di titolari di aziende
agricole operanti nel territorio di Castiglione di Sicilia.
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Data Udienza: 19/11/2015

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1.1. Avverso tale provvedimento proponeva istanza di riesame l’indagato
contestando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
1.2.

Il Tribunale di Catania, sezione del riesame, con ordinanza del

21/5/2015, accoglieva parzialmente l’istanza con riferimento al reato di cui
al capo B), respingendola invece con riguardo alle ipotizzate estorsioni e
disponendo la sostituzione della misura della custodia in carcere con quella
degli arresti dorniciliari con applicazione del braccialetto elettronico a

2.

Ricorre per Cassazione l’indagato, per mezzo del suo difensore di

fiducia, sollevando il seguente motivo di gravame: mancanza e manifesta
illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod.
proc. pen. con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi in ordine ai reati
ipotizzati; evidenzia con riguardo al reato di cui al capo F) il travisamento
del dato relativo all’attività lavorativa che avrebbe espletato la convivente
dell’indagato presso la ditta della persona offesa; nonché con riferimento al
reato di cui al capo F), rappresenta l’inconferenza rispetto alla vicenda
descritta nell’imputazione del dato relativo alla prestazione lavorativa
presso la ditta Vagliasindi. Rappresenta poi la mancanza dei requisiti
essenziali del concorso di persone nei reati ipotizzati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere, pertanto, dichiarato
inammissibile. È anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da
parte di questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei
provvedimenti sulla libertà personale. Secondo l’orientamento di questa
Corte, che il Collegio condivide, l’ordinamento non conferisce alla Corte di
Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle
vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di
riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso
l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate,
trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile
del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché
del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è,
perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di
verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di
carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto

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norma dell’art. 273 bis cod. proc. pen.

4.

incensurabile in sede di legittimità: 1) – l’esposizione delle ragioni
giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) – l’assenza di
illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine
giustificativo del provvedimento. (Sez. 6 n. 2146 del 25.05.1995, Tontoli,
Rv. 201840; sez. 2 n. 56 del 7/12/2011, Rv. 251760). Inoltre il controllo di
legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti
restrittivi della libertà personale è diretto a verificare, da un lato, la

collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza
dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo,
stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo
del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle
fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio,
quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e
giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della motivazione
dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando
non risulti “prima facie” dal testo del provvedimento impugnato, restando
ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della
motivazione sulle questioni di fatto. (Sez. 1 n. 1700 del 20.03.1998,
Barbaro, Rv. 210566). Non possono essere dedotte come motivo di ricorso
per cassazione avverso provvedimento adottato dal tribunale del riesame
pretese manchevolezze o illogicità motivazionali di detto provvedimento,
rispetto a elementi o argomentazioni difensive in fatto dì cui non risulti in
alcun modo dimostrata l’avvenuta rappresentazione al suddetto tribunale,
come si verifica quando essa non sia deducibile dal testo dell’impugnata
ordinanza e non ve ne sia neppure alcuna traccia documentale quale, ad
esempio, quella costituita da eventuali motivi scritti a sostegno della
richiesta di riesame, ovvero da memorie scritte, ovvero ancora dalla
verbalizzazione, quanto meno nell’essenziale, delle ragioni addotte a
sostegno delle conclusioni formulate nell’udienza tenutasi a norma dell’art.
309, comma 8, cod. proc. pen. (Sez. 1 sent. n. 1786 del 5.12.2003,
Marchese, Rv 227110). Tanto precisato, sul caso di specie deve rilevarsi
quanto segue: il provvedimento impugnato non presenta i vizi denunciati
con il ricorso. Specificamente nell’ordinanza si dà atto adeguatamente della
sussistenza del presupposto cautelare di cui all’art. 273 cod. proc. pen., sul
quale unicamente si concentra il ricorso, rilevandosi come i fatti enunciati

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congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argormentativo che

nella provvisoria imputazione siano stati analiticamente ricostruiti nel
provvedimento impugnato sulla base degli elementi probatori acquisiti e
tenendo conto delle doglianze sollevate in sede di riesame, essendo stato
riportati, con argomentazioni prive di contraddittorietà o di illogicità
manifeste, gli elementi in base ai quali si era, ragionevolmente, ritenuta la
partecipazione dell’attuale ricorrente ad entrambi gli episodi. Quanto al
denunciato travisamento, il Tribunale dà atto che la circostanza relativa

ricorrente, del posto di lavoro presso la ditta Vagliasindi non era stata
affatto smentita sulla base della produzione difensiva, in quanto il dato
temporale relativo alla suddetta assunzione è perfettamente compatibile
con l’estorsione consumata in danno del Vagliasindi.

4. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve
essere condannata al pagamento delle spese del procedimento nonché al
pagamento in favore della cassa delle ammenda della somma di C
1.000,00.
4.1. Inoltre, poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in
libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter,
delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia
della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui
l’indagato si trova ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1
bis del citato articolo 94.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali nonché al pagamento in favore della Cassa delle
ammende della somma di C 1.000,00.
Si provveda a norma dell’articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni di
attuazione del codice di procedura penale.

Così deliberato in camera di consiglio, il 19.11.2015

all’ottenimento da parte della Varrica Angela, convivente dell’attuale

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