Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47462 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47462 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Rossitto Antonino Gioele, nato a Messina il 04/11/1961;
avverso la sentenza del 10/04/2015 della Corte d’appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fulvio
Baldi, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile..

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza del 27.6.2011 il Tribunale di Monza dichiarò Rossitto

Antonio Gioele responsabile di appropriazione indebita e lo condannò alla pena di
anni 1 di reclusione ed C 600,00 di multa.

2.

L’imputato propose gravame ma la Corte d’appello di Milano, con

sentenza del 10.4.2015, confermò la pronunzia di primo grado.

3. Ricorre per cassazione l’imputato personalmente deducendo:
1. violazione di legge e vizio di motivazione sull’affermazione di
responsabilità senza analisi della documentazione acquisita; l’uso
dell’autovettura non era escluso dall’accordo stipulato; l’imputato ha
sempre riscontrato le comunicazioni di MPS S.r.l. e segnatamente a quella

Data Udienza: 25/11/2015

contenente la richiesta di restituzione dell’autovettura, contestando la
legittimità della richiesta; la Corte territoriale ha affermato che i bonifici
sono illeggibili, ma se così fosse stato il Procuratore generale si sarebbe
opposto alla loro acquisizione; comunque in primo grado erano state
acquisite due fatture relative ai canoni di leasing e spese di assicurazione,
nonché la ricevuta di Lottomatica relativa al pagamento del bollo; sono
stati documentati i pagamenti per il subentro nel leasing; l’imputato non
era irreperibile come evidenzia la corrispondenza intercorsa con MPS; il

del GPS, ma di tale rimozione non vi è prova;
2.

violazione di legge e vizio di motivazione mancando sia l’elemento
oggettivo che quello soggettivo del reato di appropriazione indebita; MPS
non ha mai restituito le somme ricevute;

3.

violazione di legge e vizio di motivazione sul diniego delle circostanze
attenuanti generiche e sulla mancata riduzione della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso sono manifestamente infondati e
svolgono censure di merito.
La Corte territoriale ha argomentato, anche richiamando la sentenza di
primo grado, che l’imputato aveva ricevuto da MPS Multi Platform Services
un’autovettura Porche 997 cabrio in forza di un contratto di custodia conto
vendita, non dette più notizie di sé, utilizzò abusivamente l’autovettura che
doveva custodire e simulò di voler subentrare nel contratto di leasing avanzando
una richiesta parziale e incompleta di riscatto, con pagamenti mai pervenuti.
L’imputato rimasto contumace non aveva fornito spiegazioni alternative. Ha
ravvisato l’interversione del possesso nella disattivazione del GPS. Ha ancora
rilevato che i moduli di bonifici prodotti erano sostanzialmente incomprensibili e
che comunque la società proprietaria del veicolo non aveva ricevuto alcun
pagamento.
Nel caso in esame il ricorrente propone una ricostruzione alternativa a quella
operata dai giudici di merito, ma, in materia di ricorso per Cassazione, perché sia
ravvisabile la manifesta illogicità della motivazione considerata dall’art. 606
primo comma lett. e) cod. proc. pen., la ricostruzione contrastante con il
procedimento argomentativo del giudice, deve essere inconfutabile, ovvia, e non
rappresentare soltanto una ipotesi alternativa a quella ritenuta in sentenza. (V.,
con riferimento a massime di esperienza alternative, Cass. Sez. 1 sent. n. 13528
del 11.11.1998 dep. 22.12.1998 rv 212054).

2

momento di interversione del possesso è stato individuato nella rimozione

Peraltro la tesi difensiva riguarda tutti fatti successivi all’interversione del
possesso conseguente alla mancata tempestiva restituzione del veicolo dopo la
richiesta della società proprietaria e quindi dopo la consumazione del reato.

2. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato e svolge censure di
merito.
Le circostanze attenuanti generiche sono state negate trattandosi di imputato
pluri recidivo.

valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti
dalla legge, sicché l’obbligo della motivazione da parte del giudice
dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in relazione
alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione
della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non
eccessiva. Ciò dimostra, infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e
globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’art. 133 cod. pen. ed anche quelli
specificamente segnalati con i motivi d’appello (Cass. Sez. 6, sent. n. 10273 del
20.5.1989 dep. 12.7.1989 rv 181825. Conf. mass. n. 155508; n. 148766; n.
117242).

3. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in
ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deciso il 25/11/2015.

La determinazione in concreto della pena costituisce il risultato di una

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