Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47458 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47458 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

Data Udienza: 19/11/2015

SENTENZA
sul ricorso proposto da Balzarini Vittorio nato a Codogno il 13/8/1952
avverso la sentenza del 30/1/201\5 della Corte d’appello di Milano ;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. sa Paola Filippi, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga
dichiarato inammissibile;
udito per le costituite parti civili l’avv. Giovanni Tripodi in sostituzione
dell’avv. Vilma Figliani che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato
inammissibile riportandosi alle conclusioni depositate.
udito per l’imputato l’avv. Elli Gian Alberto Lazzaro che ha concluso
riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendone l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 30/1/2015, la Corte di appello di Milano,

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in

parziale riforma della

sentenza del Tribunale di Pavia del 21/2/2011,

riduceva la pena inflitta a Balzarini Vittorio ad anni tre e mesi quattro di
reclusione ed € 20.000,00 di multa per il reato allo stesso ascritto di cui agli
artt. 81 cpv. 644 commi 1 e 5 n. 4 cod pen., sostituiva la pena accessoria
dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici con quella temporanea di anni
cinque, revocava l’interdizione legale durante la pena, confermava le
statuizioni civili con la riduzione del sequestro per equivalente fino

1.1. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,
in punto di acquisizione delle scritture contabili della OMG srl, di
riconosciuta attendibilità delle dichiarazioni rese dalle parti civili, di
sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, della natura usuraria di
alcune delle operazioni, di revoca delle statuizioni civili, accogliendole nei
termini sopra indicati quanto al trattamento sanzionatorio e quanto
all’entità del sequestro per equivalente.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato, sollevando i seguenti
motivi di gravame:
2.1. mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai
sensi dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., in relazione alla
ritenuta inesistenza delle prestazioni professionali svolte dall’avv. Balzarini
nell’interesse della parte civile 0.M.G. s.r.I., della ditta Gandini Paolo e delle
parti civili Gandini / Tinelli, giudizio diametralmente opposto a quello
formulato dal giudice di primo grado, al quale il giudice di appello pure si
era richiamato. Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., in
relazione alla ritenuta inidoneità delle prestazioni professionali svolte
dall’avv. Balzarini a giustificare i profitti dal medesimo ricevuti di €
210.000,00; ciò in quanto la qualità di cliente dell’avvocato non coincide
necessariamente con quella del soggetto direttamente titolare dell’interesse
che l’attività del professionista deve perseguire. Lamenta poi l’assenza di
motivazione in ordine alla prestazioni professionali rese dall’imputato
nell’interesse della 0.M.G. s.r.l. e sulle anticipazioni di spesa che l’avv.
Balzarini aveva provveduto a versare in nome e per conto della 0.M.G.
Quanto poi all’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, che
l’imputato non aveva redatto note, né fatture, cosa che avrebbe
certamente fatto se realmente avesse operato in qualità di professionista,

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all’importo di € 210.000,00.

al fine di tenere distinti i profili di finanziatore della O.M.G. s.r.l. e quelli di
avvocato, evidenzia che la Corte territoriale non ha tenuto conto che quei
fondi provenivano da dal patrimonio “formato illegalmente ed illecitamente”
della O.M.G. s.r.l. Ancora rappresenta che dalla mancanza del parere di
congruità dell’ordine professionale e dalla non tutelabilità del credito
professionale in sede civile non può farsi derivare l’inesistenza della
prestazione resa e dedurne che alcun pagamento possa essere mai

reali e concrete rese nell’interesse diretto di O.M.G. s.r.l. ovvero dei
componenti della proprietà, non denunciate al fisco da parte del
professionista e restituite con denaro extracontabile dal cliente O.M.G.
Contraddittorietà ella motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. e)
cod. proc. pen., in relazione alla ritenuta mancata retribuzione dell’attività
professionale svolta dall’imputato per essere stato imputato l’intero profitto
di C 210.000,00 agli interessi usurari senza tener conto delle prestazioni
professionali svolte dall’avv. Balzarini, considerate reali dal Tribunale e
retribuite “in nero”. Evidenzia come dalla deposizione di Gandini Angelo
fosse emerso che Balzarini si accontentava delle differenze fra contanti
prestati ed assegni a lui consegnati per svolgere la sua attività in
anticipazione delle proprie attività giudiziali ed extragiudiziali. Illogicità
della motivazione nel ritenere il ruolo di finanziatore /creditore
dell’imputato e la tempistica degli assegni bancari come indici a supporto
dell’esistenza di interessi usurari. Segnatamente si eccepisce come la Corte
territoriale non abbia spiegato che dal ruolo di finanziatore della O.M.G.
assunto dall’imputato possa derivare che i profitti conseguiti dallo stesso
fossero interessi usurari piuttosto che il pagamento di prestazioni
professionali, come pure non viene spiegato come il numero, la frequenta e
cadenza degli assegni dimostri il carattere usurario del compensi ricevuti
dal Balzarini.
2.2. mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai
sensi dell’art. 606 comma lett.- e) cod. proc. pen., in relazione al giudizio di
bilanciamento fra attenuanti generiche ed aggravante contestate ex art. 69
cod. pen. Evidenzia che nella sentenza impugnata si fa riferimento al
diniego delle attenuanti generiche, laddove le stesse erano state
riconosciute dal primo giudice. Contesta poi la ritenuta sussistenza
dell’aggravante di avere danneggiato un’attività imprenditoriale, pur
trattandosi di una società che aveva costituito e gestito il suo patrimonio

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avvenuto; in sostanza evidenzia che si trattava di prestazioni professionali

nell’illegalità.
2.3. mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai
sensi dell’art. 606 comma lett.- e) cod. proc. pen., in relazione al metodo
impiegato per correlare le somme conferite ad O.M.G. in contanti con
quelle restituite a mezzo di assegno e successiva imputazione della
differenza ad interesse usurario nonché alla condanna dell’imputato per le
operazioni n. 17, 27, 36, 40, 54, 55, 56, 57, 73, 80, 81, 161, 179, 180,

operazioni fra le 228 contestate non vi era affatto una perfetta coincidenza
fra la data riportata di volta in volta sulla matrice degli assegni emessi da
O.M.G. e la data riportata sul quaderno manoscritto dall’imputato.
2.4. mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai
sensi dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., in relazione alla
ritenuta esistenza di due accordi usurari e conseguentemente
all’individuazione della pena edittale di riferimento e della continuazione.
Evidenzia al riguardo che la testimonianza di Gandini Angelo non contiene
alcun riferimento a due accordi di prestito con successiva dazione di
interessi usurari, rappresentandosi altresì che le argomentazioni del
Tribunale si basano sulle singole operazioni di dare e avere; si duole poi
della mancanza di motivazione in ordine alle modalità di calcolo della pena
irrogata con riferimento alla determinazione della pena stabilita per il reato
considerato più grave.
2.5. mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai
sensi dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., in relazione
all’impugnazione dell’ordinanza del Tribunale del 8/6/2011 con la quale è
stata rigettata la richiesta di restituzione di assegni e cambiali estranei ai
fatti descritti nell’imputazione che era stato oggetto di uno specifico motivo
di appello e rispetto al quale la Corte territoriale non ha reso alcuna
motivazione.
2.6. mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai
sensi dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., in relazione alla revoca
o sospensione della provvisionale disposta a vantaggio della O.M.G. s.r.I.,
che pure costituiva uno specifico motivo di appello e rispetto al quale la
Corte territoriale non ha reso alcuna motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi tutti

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181, 165, 172, 193, 200, 208. Evidenzia al riguardo che in numerose

manifestamente infondati.
3.1. Le questioni proposte nell’ambito del primo e del terzo motivo
attengono a valutazioni di merito che sono insindacabili nel giudizio di
legittimità, quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai
principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel
caso di specie. (Sez. U., n. 24 del 24/11/1999, Rv. 214794; Sez. U., n. 12
del 31.5.2000, Rv. 216260; Sez. U. n. 47289 del 24.9.2003, Rv. 226074).
Nel ricorso viene prospettata una valutazione delle prove diversa e più

grado e confermata dalla sentenza di appello, che si è limitata a ridurre la
pena. In sostanza si ripropongono questioni di mero fatto che implicano una
valutazione di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una
motivazione esaustiva, immune da vizi logici; viceversa dalla lettura della
sentenza della Corte territoriale non emergono, nella valutazione delle
prove, evidenti illogicità, risultando, invece, l’esistenza di un logico apparato
argomentativo sulla base del quale si è pervenuti alla conferma della
sentenza di primo grado con riferimento alla responsabilità dell’imputato in
ordine ai fatti ascrittigli; in tal senso si è fatto riferimento a puntuali
risultanze probatorie, quali la deposizione delle persone offese ed i
documenti acquisti, che consentivano, ragionevolmente, di ritenere
riconducibili ad un rapporto usurario il denaro ricevuto dall’imputato
determinato complessivamente nella somma di € 210.000, escludendosi che
lo stesso, anche in parte, potesse trovare giustificazione in prestazioni
professionali che l’imputato avrebbe svolto nei confronti delle stesse
persone offese. Segnatamente la Corte territoriale si è riportata alle
argomentazioni contenute nella decisione di primo grado in base alle quali
era state confutate tutte le argomentazioni poste a base della tesi difensiva
circa la provenienza di quanto restituito all’imputato in misura ulteriore
rispetto ai prestiti da crediti professionali vantati dallo stesso nei confronti
della famiglia Gandini.
In punto di diritto occorre, al riguardo, rilevare che la sentenza di
primo grado e quella di appello, quando non vi è difformità sulle conclusioni
raggiunte, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed
inscindibile, una sola entità logico- giuridica, alla quale occorre fare
riferimento per giudicare della congruità della motivazione. Pertanto, il
giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella appellata, può
limitarsi a rinviare per relationem a quest’ultima sia nella ricostruzione del

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favorevole al ricorrente rispetto a quella accolta nella sentenza di primo

fatto sia nelle parti non oggetto di specifiche censure (sez. 1, n. 4827 del
18/3/1994, Rv. 198613; Sez. 6 n. 11421 del 29/9/1995, Rv. 203073).
Inoltre, la giurisprudenza di questa Suprema Corte ritiene che non possano
giustificare l’annullamento minime incongruenze argonnentative o l’omessa
esposizione di elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero
potuto dar luogo ad una diversa decisione, sempreché tali elementi non
siano muniti di un chiaro e inequivocabile carattere di decisività e non

una diversa decisione. In argomento, si è spiegato che non costituisce vizio
della motivazione qualsiasi omissione concernente l’analisi di determinati
elementi probatori, in quanto la rilevanza dei singoli dati non può essere
accertata estrapolandoli dal contesto in cui essi sono inseriti, ma devono
essere posti a confronto con il complesso probatorio, dal momento che
soltanto una valutazione globale e una visione di insieme permettono di
verificare se essi rivestano realmente consistenza decisiva oppure se
risultino inidonei a scuotere la compattezza logica dell’impianto
argomentativo, dovendo intendersi, in quest’ultimo caso, implicitamente
confutati. (Sez. 5 n. 3751 del 15/2/2000, Rv. 215722; Sez. 5 n. 3980 del
23/9/2003, Rv.226230; Sez. 5 n. 7572 del 22/4/1999, Rv. 213643). Le
posizioni della giurisprudenza di legittimità rivelano, dunque, che non è
considerata automatica causa di annullamento la motivazione incompleta
ne’ quella implicita quando l’apparato logico relativo agli elementi probatori
ritenuti rilevanti costituisca diretta ed inequivoca confutazione degli
elementi non menzionati, a meno che questi presentino determinante
efficienza e concludenza probatoria, tanto da giustificare, di per sè, una
differente ricostruzione del fatto e da ribaltare gli esiti della valutazione
delle prove. In applicazione di tali principi, può osservarsi che la sentenza di
secondo grado recepisce in modo critico e valutativo la sentenza di primo
grado, correttamente limitandosi a ripercorrere e ad approfondire alcuni
aspetti del complesso probatorio oggetto di valutazione critica da parte
della difesa, omettendo, in modo del tutto legittimo in applicazione dei
principi sopra enunciati, di esaminare quelle doglianze degli atti di appello
che avevano già trovato risposta esaustiva nella sentenza del primo giudice.
Ciò vale anche per ritenere manifestamente infondato quanto dedotto nel
terzo motivo proposto con riguardo agli accertamenti espletati dal
consulente tecnico in ordine alla determinazione del tasso d’interesse
praticato, risultato per tutte le operazioni accertate superiore al tasso soglia

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risultino, di per sè, obiettivamente e intrinsecamente idonei a determinare

di usura fissato all’epoca dei fatti.
Quanto finora detto preclude qualsiasi ulteriore esame da parte della
Corte di legittimità.
3.2. Quanto alla doglianza proposta con il secondo motivo, rileva il Collegio
che effettivamente la Corte territoriale ha errato nel ritenere che nulla
giustificasse la concessione delle attenuanti generiche, laddove le stesse
erano state, invece, concesse dal giudice di primo grado e ritenute

erroneamente, per il diniego delle attenuanti deve considerarsi risposta
esaustiva alla doglianza proposta con i motivi di appello in ordine alla
ritenuta equivalenza fra le attenuanti generiche e l’aggravante contestata;
in tal senso la Corte territoriale ha fatto riferimento alla mancanza di
elementi positivi offerti alla valutazione del giudice con particolare
riferimento all’assenza di una condotta risarcitoria o di una condotta
comunque che avesse rivisitato in modo critico il proprio operato; dette
argomentazioni devono essere lette congiuntamente alla valutazione
effettuata dal primo giudice che ha ritenuto di non potere andare oltre un
giudizio di equivalenza delle generiche rispetto all’aggravante contestata,
costituita dalla qualità di imprenditore della persona offesa. Con riguardo,
poi, alla contestata sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art.
644 comma 5 n. 4 cod. pen., il ricorso risulta inammissibile ai sensi dell’art.
606, comma 3 cod. proc. pen., in quanto fondato la questione, integrante in
astratto solo in vizio di violazione di legge, non è stata proposta con i motivi
di appello e, pertanto, ai sensi dell’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., non
può essere sollevata per la prima volta dinanzi a questa Corte di legittimità.
Si tratta, come stabilito da questa Corte nel ritenere manifestamente
infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 606 comma 3
cod. proc. pen. per asserito contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost. (sez. 2 n.
40240 del 22/11/2006, Rv. 235504), di una ragionevole regolamentazione
del diritto di ricorrere per cassazione per violazioni di legge dettata da
ragioni di funzionalità dell’intero sistema delle impugnazioni, in virtù delle
quali tale specifica impugnazione è ammissibile solo ove la parte abbia
inteso adire i tre gradi di giudizio. La doglìanza è, in ogni caso,
manifestamente infondata, avendo questa Corte costantemente ritenuto
che la circostanza aggravante speciale di cui all’art. 644, comma quinto, n.
4, cod. pen. è configurabile per il solo fatto che la persona offesa eserciti
una delle attività protette, a nulla rilevando che il finanziamento corrisposto

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equivalenti all’aggravante contestata. Ma la motivazione addotta,

dietro la promessa o dazione di interessi usurari non abbia alcuna attinenza
con le predette attività (sez. 2 n. 25328 del 22/3/2011, Rv. 250759; sez. 2
n. 47559 del 27/11/2012, Rv. 253942).
3.3. Ed anche con riferimento a quanto dedotto nel quarto motivo, vengono
contestate, peraltro per la prima volta in Cassazione, valutazioni di fatto che
non sono proponibili in sede di legittimità in presenza di argomentazioni
prive di contraddittorietà o illogicità manifeste. In tale direzione il giudice di

essere rivalutati in questa sede, che all’imputato erano ascrivibili due
episodi di usura, uno prolungatosi dal marzo 2000 al gennaio 2005 e l’altro
iniziato nel maggio 2005 e concluso con l’intervento degli inquirenti. Inoltre
la doglianza, pur prospettata come vizio di motivazione, potrebbe, al più
integrare un vizio di violazione di legge e cioè dell’art. 81 cod. pen., che non
è ammissibile in Cassazione in virtù del sopra richiamato disposto dell’art.
606 comma 3 cod. proc. pen.
3.4. Palesemente inammissibile è la doglianza contenuta nel quinto motivo
riferito alla mancata risposta all’impugnazione dell’ordinanza del Tribunale
del 8/6/2011 2011 con la quale è stata rigettata la richiesta di restituzione
di assegni e cambiali estranei ai fatti descritti nell’imputazione che era stato
oggetto di uno specifico motivo di appello. Difatti l’impugnazione contro le
ordinanze emesse nel dibattimento deve essere proposta, ai sensi dell’art.
586 comma 1 cod. proc. pen., unitamente all’impugnazione della sentenza
solo quando non è diversamente stabilito dalla legge; e nel caso di specie,
trattandosi di provvedimento con il quale era stata rigettata la richiesta di
restituzione di cose sequestrate, l’impugnazione doveva essere proposta
con le forme previste per l’impugnazione delle misure cautelari reali.
3.5. Quanto, infine, all’ultimo motivo proposto, la Corte territoriale, nel
rispondere alla doglianza che era stata proposta in sede di gravame, ha
ritenuto di confermare le statuizioni civili che erano state disposte dal primo
giudice ritenendole congruamente calcolate e riportandosi alle
argomentazioni richiamate dalla stessa Corte territoriale in ordine alla
legittimità del sequestro dei vantaggi usurari accertati all’esito del
dibattimento nella misura di € 210.000,00. Non presenta vizi di legittimità,
quindi, la conferma della decisione di primo grado anche con riferimento
alla condanna al pagamento della provvisionale determinata sulla base del

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primo grado ha evidenziato, sulla base di elementi di fatto che non possono

danno patrimoniale accertato nel giudizio nei limiti della complessiva
somma degli interessi usurari accertati.
4.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi

dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dell’imputato che lo ha
proposto al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al
pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla
luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000,

L’imputato deve essere inoltre condannato alla rifusione in favore delle
costituite parti civili Gandini Angelo, Gandini Paolo, Gandini Patrizia, Tinelli
Rosa ed O.M.G. s.r.l. delle spese processuali sostenute in questo grado di
giudizio, che si ritiene di potere liquidare in C 4.000,00 oltre accessori di
legge.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende
nonché alla rifusione delle spese processuali sostenute nel grado dalle
costituite parti civili Gandini Angelo, Gandini Paolo, Gandini Patrizia, Tinelli
Rosa ed O.M.G. s.r.1, che liquida in C 4.000,00 oltre accessori di legge.

Così deciso, il 19 novembre 2015

Il

sigliere estensore

Il Presidente

sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in C 1.000,00 .

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