Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47456 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47456 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da Muroni Stefano nato ad Oristano il 22/5/1961
avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino del 29/10/2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott.ssa Paola Filippi, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza
rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 29/10/2013 la Corte di appello di Torino, in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Novara sez. dist. di Borgomanero del
5/5/2005, esclusa la contestata recidiva, riduceva la pena inflitta a Muroni
Stefano ad anni due di reclusione ed € 516,00 di multa per il reato di cui
all’arte. 648 cod. pen.
1.1. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,
in punto di affermazione della penale responsabilità dell’imputato in ordine
al reato a lui ascritto, accogliendole nei termini sopra indicati quanto al
trattamento sanzionatorio.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato, per mezzo del suo
difensore di fiducia, sollevando il seguente motivo di gravame: violazione

Data Udienza: 19/11/2015

di legge ed particolare violazione degli artt. 157 cod. pen., per essere il
reato già estinto per prescrizione al momento della pronuncia della
sentenza della Corte d’appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, per essere manifestamente
infondata la questione proposta. Difatti alla data della pronuncia della decisione
impugnata il termine massimo di prescrizione non era affatto decorso, dovendo

per il reato contestato, un termine massimo di quindici anni. Difatti alla data di
entrata in vigore della predetta legge il procedimento era già pendente in grado
di appello (cfr. sentenza della Corte costituzionale n.393/2006) essendo stata la
sentenza di primo grado emessa il 5/5/2005. Ed a questo riguardo, secondo la
giurisprudenza consolidata di questa Corte, condivisa dal Collegio, ai fini
dell’applicazione delle disposizioni transitorie di cui all’art. 10, comma 3 della n.
251/2005, la pendenza del grado di appello, che rileva per escludere la
retroattività delle norme sopravvenute più favorevoli, ha inizio con la pronuncia
della sentenza di condanna di primo grado, che deve ritenersi intervenuta con la
lettura del dispositivo (sez. U. n. 47008 del 29/10/2009, Rv. 244810; sez. 6 n.
8983 del 16/12/2009, Rv. 246406). Ne consegue che il termine massimo di
prescrizione nel caso di specie, risalendo il reato all’anno 2002, non è ancora
decorso.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in € 1000,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 19 novembre 2015

Il Consi

estensore

Il Presidente

farsi riferimento alla disciplina previgente alla legge 251/2005, che prevedeva,

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