Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47445 del 06/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47445 Anno 2013
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Albanese Giuseppe Domenico nato a Grotteria (RC)
22/3/1954
avverso l’ordinanza del Tribunale di Milano, sezione del riesame in data
5/6/2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Giulio Romano, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito l’avv. Luca Montanari in sostituzione dell’avv. Marco Baroncini, che si è
riportato ai motivi di ricorso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza
impugnata.
RITENUTO IN FATI-0
1. Con ordinanza del 6/5/2013 la Corte d’Appello di Milano rigettava la
richiesta di revoca o sostituzione della misura della custodia in carcere
applicata nei confronti di Albanese Giuseppe Domenico in relazione al reato
di cui all’art. 416 bis (capo 1).
1.1. Avverso tale provvedimento proponeva appello l’imputato, eccependo la

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Data Udienza: 06/11/2013

violazione dell’art. 273 comma 2 cod. proc. pen. nella parte in cui prevede
che nessuna misura cautelare può essere emessa o mantenuta quando
sussista una causa di estinzione della pena, che, nel caso di specie
opererebbe, in quanto, l’imputato, oltre al periodo di anni due e mesi dieci di
reclusione, dovrebbe beneficiare della liberazione anticipata ai sensi dell’art.
54 ordinamento penitenziario; eccepiva altresì la violazione dell’art. 273 cod.
proc. pen. per non essere stata valutata la proporzionalità della misura in
atto, tenendosi conto della durata della stessa e della pena inflitta, essendosi

la Corte limitata al richiamo della presunzione di cui all’art. 275 comma 3
cod. proc. pen. ed infine contestava in concreto la sussistenza del rischio di
recidiva.
1.2.

Il Tribunale di Milano, sezione del riesame, respingeva l’istanza

proposta, confermando l’ordinanza impugnata.

2.

Ricorre per Cassazione l’indagato, sollevando i seguenti motivi di

gravame:
2.1. violazione di legge nonché mancanza, contraddittorietà ed illogicità
della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. c) ed e) cod. proc.
pen., in relazione all’art. 273 comma 2 cod. proc. pen. con riguardo alle
condizioni generali di applicabilità di qualsiasi misura coercitiva nonché con
riferimento alla motivazione posta a base dell’applicazione della misura
della custodia in carcere nei confronti del ricorrente. Si rappresenta al
riguardo che il ricorrente avrebbe potuto fruire del beneficio della
liberazione anticipata ex art. 54 legge n. 354 del 1975, in ragione
quantomeno di sei semestri di detenzione già sofferta con una detrazione
pari a nove mesi di reclusione sulla pena complessiva irrogata di quattro
anni, evidenziando che la liberazione anticipata è, a tutti gli effetti, una
causa di estinzione della pena.
2.2. violazione di legge nonché mancanza, contraddittorietà ed illogicità
della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. c) ed e) cod. proc.
pen., in relazione all’art. 275 commi 2 e 3 cod. proc. pen. con riguardo
all’inadeguatezza ed alla sproporzione della misura della custodia in carcere
rispetto all’entità del fatto ed alla sanzione irrogata. Rileva al riguardo il
travisamento degli elementi obiettivi afferenti il ricorrente, laddove si è
fatto riferimento ad indagini successive quali le intercettazioni ambientali in
carcere, essendo stati valorizzati solo elementi emersi nel corso delle
indagini preliminari.

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O

2.3. violazione di legge nonché mancanza, contraddittorietà ed illogicità
della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. c) ed e) cod. proc.
pen., in relazione all’art. 274 cod. proc. pen. con riguardo alle esigenze
cautelari.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere rigettato per essere infondati tutti i motivi

proposti.
3.1. Segnatamente il primo motivo di ricorso attiene all’applicazione della
previsione contenuta nell’art. 273 comma 2 cod. proc. pen. nella parte in
cui prevede che non possa essere applicata alcuna misura cautelare
laddove sussista una causa di estinzione della pena che si ritiene possa
essere irrogata. Nel caso di specie, appunto, assume il ricorrente che,
avuto riguardo alla carcerazione già sofferta, si deve computare nel periodo
già sofferto anche quella parte di pena per la quale il ricorrente potrà
beneficiare della liberazione condizionale ai sensi dell’art. 54 ordinamento
penitenziario. Osserva, sul punto, il Collegio che correttamente il giudice di
merito ha ritenuto di non potere valutare se l’imputato avrà diritto ad
usufruire del beneficio della liberazione condizionale, in ciò rifacendosi
all’affermazione di questa Corte (sez. 4 n. 22359 del 21/4/2011, Rv.
250314), condivisa dal Collegio, in base alla quale il divieto previsto
dall’art. 273 comma 2 cod. proc. pen. di applicazione di misure cautelari
nell’ipotesi in cui sussista una causa di estinzione della pena che si ritiene
possa essere irrogata non può trovare applicazione nell’ipotesi in cui
l’estinzione possa avere luogo all’esito di valutazioni di merito. Proprio ciò
ha ritenuto questa Corte in relazione alla partecipazione di un condannato
ad un sodalizio criminoso di stampo mafioso (sez. 1 n. 3870 del 25/5/1999,
Rv. 214092), affermando che nell’ambito del procedimento di sorveglianza
il giudice dovrà valutare la reale adesione del condannato al trattamento
rieducativo, presupposto necessario per la concessione della liberazione
anticipata, potendo concedere il beneficio solo laddove il vincolo associativo
non risulti più in atto. Quindi deve ritenersi che, nel caso di specie,
scaturendo l’applicazione della liberazione anticipata da una valutazione
discrezionale rimessa al giudice di sorveglianza, il quale sarà chiamato, ai
sensi dell’art. 54 legge n. 354 del 1975, a stabilire se il condannato abbia
dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione, non potrà trovare

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3.

applicazione la previsione contenuta nell’art. 273 comma 2 cod. proc. pen.;
difatti essa, nella lettura che questa Corte né ha dato, fa riferimento alla
sussistenza, evidente ed attuale, al momento dell’applicazione della misura
cautelare, di una causa di estinzione della pena, esemplificando come
nell’ipotesi in cui ricorrano tutte le condizioni oggettive e soggettive per
dichiarare la pena estinta in conseguenza dell’indulto.
3.2. Passando al secondo motivo di ricorso, nel provvedimento impugnato è

comma 3 cod. proc. pen. alla luce del recente intervento della Corte
Costituzionale (sent. n. 57 del 2013), ritenendo tuttora sussistente la
presunzione di adeguatezza della sola misura della custodia cautelare in
carcere nei confronti di persona indagata di appartenenza ad associazione
mafiosa. I giudici di merito, con valutazioni in fatto non censurabili in
questa sede, hanno evidenziato gli elementi in forza dei quali non si
potevano considerate venute meno le esigenze cautelari che avevano
determinato l’adozione del provvedimento, evidenziandosi come non sia
mai risultato un eventuale distacco del ricorrente dal sodalizio criminoso
con conseguente cessazione del vincolo associativo. Il non documentato
travisamento con riguardo al riferimento ad elementi emergenti dalle
intercettazioni ambientali contenuto nel provvedimento impugnato non
rileva ai fini dell’adeguatezza della motivazione che, in modo compiuto, ha
evidenziato tutti quegli elementi di fatto già emersi nelle indagini
preliminari e l’assenza di fatti nuovi in forza dei quali ritenere rescisso il
vincolo associativo, giustificativi dell’applicazione della misura della
custodia cautelare in carcere. Quanto finora detto consente anche di
affermare che il Tribunale ha reso completa ed esaustiva motivazione in
relazione all’adeguatezza ed alla proporzionalità della misura applicata in
relazione alla pena in concreto irrogata; difatti in tal senso, sulla base del
principio affermato dalle sezioni unite di questa Corte (sez. U n. 16085 del
31/3/2011, Rv. 249323), deve escludersi che al raggiungimento di una
data proporzione fra durata della custodia e quantum di pena inflitta, la
restrizione della libertà personale debba comunque cessare, a prescindere
da qualsiasi apprezzamento delle esigenze cautelari. Viceversa deve
ritenersi che il principio di proporzionalità come quello di adeguatezza
impone, sia nella fase genetica che in quella successiva, una costante
verifica della perdurante idoneità della specifica misura applicata a
fronteggiare le esigenze che concretamente permangono o residuino,

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stata data una corretta lettura della previsione contenuta nell’art. 275

secondo il principio della minore compressione possibile della libertà
personale. E nel caso di specie detto principio deve essere applicato
tenendo conto della presunzione di adeguatezza della sola misura della
custodia in carcere fissato dall’art. 275 comma 3 cod. proc. pen.
3.3. Ed anche con riferimento alla valutazione delle esigenze cautelari il
provvedimento impugnato non merita censure, essendo, ragionevolmente
ritenuto sussistente il pericolo di recidiva, facendosi riferimento, sulla base

del quale considerare cessato il vincolo associativo.

4. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere
condannata al pagamento delle spese del procedimento.
4.1. Inoltre, poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in
libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter,
delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia
della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui
l’indagato si trova ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1
bis del citato articolo 94.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Si provveda a norma dell’articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni di
attuazione del codice di procedura penale.

Così deliberato in camera di consiglio, il 6 novembre 2013

delle considerazioni sopra svolte, all’assenza di qualsiasi elemento in forza

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