Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47440 del 06/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47440 Anno 2013
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
1. TACCONE MARIO nato il 16/06/1969;
2. SEMERARO GIOVANNI nato il 25/05/1940;
avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Torino in data
26/02/2013;
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Giulio Romano che ha
concluso per il rigetto del ricorso del Taccone e l’inammissibilità per il
ricorso del Semeraro;
FATTO
1. Con ordinanza del 26/02/2013, il Tribunale del riesame di
Torino, in accoglimento dell’appello proposto dal P.M. avverso
l’ordinanza con la quale, in data 26/11/2012, il giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Asti aveva respinto la richiesta di
applicazione della misura cautelare in carcere nei confronti di TACCONE
Mario e SEMERARO Giovanni, indagati del delitto di rapina aggravata,

Data Udienza: 06/11/2013

disponeva l’applicazione della misura cautelare in carcere nei confronti
dei suddetti indagati.

2. Avverso la suddetta ordinanza, entrambi gli indagati hanno

3.

TACCONE Mario, in proprio, ha dedotto la carenza di

motivazione in ordine alle esigenze cautelari, perché, avendo
confessato, avanti il Tribunale, di aver partecipato alla rapina, era
venuta meno la necessità di disporre l’applicazione della misura
cautelare in carcere che non era né proporzionata né adeguata.

4.

SEMERARO Giovanni, a mezzo del proprio difensore, ha

contestato che gli indizi evidenziati dal tribunale (pregressa conoscenza
con il Taccone insieme al quale, nel novembre del 2012, era stato
arrestato in flagranza del reato di tentata rapina; riconoscimento di
teste; analisi fisiognomica) fossero gravi, tant’è che il giudice per le
indagini preliminari aveva respinto la richiesta di applicazione della
misura cautelare proprio sotto il suddetto profilo. Sul punto, in realtà, il
Tribunale aveva motivato in modo del tutto illogico in quanto nessuno
degli indizi presentava i caratteri della gravità.
DIRITTO
TACCONE
Il ricorso di costui, centrato sulla sola carenza delle esigenze
cautelari, è manifestamente infondato essendo del tutto generico ed
aspecifico.
Infatti, il Tribunale ha rilevato che la rapina era stata perpetrata,
stante le modalità, da

«autentici professionisti del ramo»,

e che

l’indagato era gravato da «pendenze ravvicinatissime nel tempo ed in
territori diversi», sicchè la misura cautelare in carcere era l’unico modo
per evitare la reiterazione dei gravi delitti.

2

proposto ricorso per cassazione.

Si tratta di motivazione ampia, congrua ed adeguata rispetto agli
evidenziati elementi fattuali, sicchè il giudizio prognostico non si presta
ad alcuna censura in questa sede di legittimità, tanto più che lo stesso
ricorrente, come si è detto, al di là che invocare notorie massime

SEMERARO
Anche il ricorso di costui, centrato sulla sola carenza dei gravi
indizi di colpevolezza, è manifestamente infondato.
Infatti, il Tribunale, ha evidenziato un compendio probatorio che,
contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, deve ritenersi grave
atteso che è costituito da:

da due riconoscimenti fotografici espressi con certezza dai testi;

dall’analisi fisiognomica corrispondente a quella descritta dai
testi;

dal fatto che il Semeraro conosce il Taccone (insieme al quale fu
arrestato per un’altra rapina) tant’è che «i loro tabulati telefonici
danno conto di un’attivazione costante degli apparecchi nel mese
precedente la rapina e dello spegnimento nell’arco di tempo che
comprende l’impresa criminosa».
Il ricorrente, in questa sede, ha tentato di confutare la valenza

indiziante dei suddetti elementi, ma deve replicarsi che, in fase di
indagini preliminari, il suddetto compendio probatorio è più che
sufficiente a farlo ritenere grave posto che è costituito da una serie di
indizi che, in modo convergente, secondo l’incensurabile motivazione
addotta dal Tribunale, portano tutti al ricorrente.
In altri termini, la motivazione addotta dal tribunale sulla gravità
indiziaria è corretta in quanto ogni indizio è stato prima valutato
singolarmente e, poi, unitamente agli altri: dal che il Tribunale, con
motivazione incensurabile, ha poi tratto la convinzione che l’evidenziato
compendio probatorio fosse, almeno in questa fase processuale, più che
sufficiente a far ritenere che l’indagato raggiunto da indizi gravi tali da
giustificare l’applicazione della misura cautelare in carcere.

3

giurisprudenziali, nulla in concreto ha saputo o potuto ribattere.

In conclusione, entrambe le impugnazioni devono ritenersi
inammissibili a norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza:
alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,

equitativamente in C 1.000,00 ciascuno.
P.Q.M.
DICHIARA
inammissibili i ricorsi e
CONDANNA
i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma
di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Si provveda a norma dell’art. 28 reg. es . cod. proc. pen.
Roma 06/11/2013
IL PRESIDENTE
(Dott. Domenico entile)
IL CONSIGLI RE ST.
(Dott. G. R o)

.7-

ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina

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