Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4744 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 4744 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Purpi Raffaele

n. il 10 ottobre 1966
avverso

l’ordinanza 20 giugno 2013 — Tribunale di Palermo;
sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Maurizio Barbarisi;
udite le conclusioni del rappresentante del Pubblico Ministero, in persona del dr.
Francesco Mauro Iacoviello, sostituto Procuratore Generale della Corte di Cassazione, che ha chiesto il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali;

Data Udienza: 12/12/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

Ritenuto in fatto
1. — Con ordinanza deliberata in data 20 giugno 2013, depositata in cancelleria
il 24 giugno 2013, il Tribunale di Palermo rigettava la richiesta di riesame avanzata
nell’interesse di Purpi Raffaele avverso l’ordinanza emessa in data 30 maggio 2013
dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo che applicava al prefato la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di cui all’art. 416 bis

Il giudice argomentava la propria decisione rilevando che il complesso indiziario
a carico del prefato, accusato di aver fatto parte della famiglia mafiosa di Altavilla
Milicia, di essersi occupato di attività illecite, in particolare di estorsioni alle imprese
ed esercizi commerciali della zona, nonché più in generale delle problematiche attinenti i componenti della famiglia, fra le quali la gestione e l’organizzazione, era
formato in via di principalità da intercettazioni telefoniche. Ancorché l’attività investigativa dovesse iscriversi in quella più ampia svolta dal Comando Provinciale dei
Carabinieri di Palermo che aveva interessato il mandamento mafioso di Cosa Nostra’ di Bagheria, di cui alla principale informativa del 15 gennaio 2013 denominata
‘Argo’, la Compagnia dei Carabinieri procedente aveva svolto una propria indagine a
carico della famiglia mafiosa di Altavilla Milicia espletata non solo con le anzidette
intercettazioni telefoniche e ambientali, ma anche con servizi di osservazione. Tra le
intercettazioni a rilievo indiziario venivano citate quelle a bordo dell’autovettura
dell’indagato a far data dal novembre 2012 da cui emerge che il prefato è inserito
nel contesto mafioso di appartenenza non solo per le conoscenze in suo possesso
ma anche per l’interesse dimostrato per le vicende riguardanti il mandamento di
Bagheria e le relative famiglie mafiose tra cui quella di Altavilla Milicia. Così la conversazione ambientale del 20 marzo 2013 evidenzia, nel colloquio con il figlio,
l’essere lui a conoscenza del proposito omicidiario, maturato nell’ambiente di La
Mantia Rosario, ai danni di tale Nicola tanto da essergli state richieste informazioni
per la localizzazione della vittima. Nella conversazione con tale Marrobbio Ottavio,
confutando una volta per tutte che egli non era un mero imprenditore vittima del
sistema mafioso, emergeva poi che egli contribuiva in prima persona nelle decisioni
riguardanti le strategie della famiglia nel settore delle estorsioni esprimendo le proprie ragioni anche in ordine all’organigramma e all’ordine gerarchico all’interno della
famiglia. Di analogo tenore sono anche l’intercettazione ambientale del febbraio
2013 relativa alla conversazione avuta con tale Gennaro Vincenzo e quella di qualche giorno prima sempre con il figlio Clemente da cui si evidenziava non il fatto che
egli fosse un semplice imprenditore, bensì un soggetto a disposizione della consor-

Ud. in c.c.: 12 dicembre 2013 — Purpi Raffaele — RG: 37528/13, RU: 26;

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cod. pen., ordinanza che veniva così confermata.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

teria e con un proprio ruolo decisionale all’interno del sodalizio. Dal medesimo Tribunale veniva poi citata anche la conversazione ambientale con Granà Pietro dove il
Purpi interloquiva sulla attribuzione di somme di danaro provenienti dalla cassa della famiglia mafiosa. Infine veniva menzionata la conversazione ambientale tra il
Purpi e La Mantia Rosario, dove veniva stigmatizzato il comportamento di Guagliardo Umberto intollerante alle regole della consorteria.

pericolosità di cui all’art. 275, comma terzo cod. proc. pen. in forza del titolo di reato contestato.
2. — Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore avv. Domenico
Trinceri, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione Purpi Raffaele chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizi motivazionali.
In particolare è stato rilevato dal ricorrente la violazione degli artt. 273, 192
cod. proc. pen. e 416 bis cod. pen., con riferimento all’art. 606 lett. b), d) ed e)
cod. proc. pen. Dalle conversazioni intercettate emergeva, contrariamente a quanto
assunto dal Tribunale, non la prova della intraneità del soggetto quanto piuttosto
una contiguità e condivisione psicologica dovuta alla cultura di appartenenza. Trattasi cioè solo di atteggiamenti pseudomafiosi, ma nulla più, mancando infatti condotte concrete da cui desumere l’appartenenza effettiva al sodalizio. Inoltre nessuno dei numerosi collaboratori di giustizia aveva fatto riferimento alla qualità mafiosa
del Purpi, né alcun elemento diverso dalla qualità di imprenditore era rilevabile dalla
informativa dei Carabinieri. Venivano quindi analizzate le intercettazioni menzionate
dall’ordinanza gravata come indicative di appartenenza alla associazione e per ciascuna di essa veniva fornita un’interpretazione neutra e non indiziaria.

Osserva in diritto
3. — Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile con ogni dovuta conseguenza di legge.
3.1. — Va ricordato, per quanto riguarda i limiti di sindacabilità in questa sede
dei provvedimenti de libertate, che, secondo giurisprudenza consolidata, la Corte di
Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle
vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né di rivalutare le condizioni
soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari e alla adeguatezza delle

Ud. in c.c.: 12 dicembre 2013 — Purpi Raffaele — RG: 37528/13, RU: 26;

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1.2. — In merito alle esigenze cautelari il Tribunale richiamava la presunzione di

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

misure, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo del
giudice che ha applicato la misura e del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità è quindi circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare,
da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di
illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr. ex plurimis Cass., Sez. 6, 25 maggio 1995, n. 2146).
L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle

ne soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza
o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Il controllo di legittimità, in particolare, non riguarda né la ricostruzione
dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la
rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure,
che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di
una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito. Sicché, ove
venga denunciato il vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di
colpevolezza, è demandato al giudice di merito ‘la valutazione del peso probatorio’
degli stessi, mentre alla Corte di Cassazione spetta solo il compito ‘…di verificare…
se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie’ (Cass., Sez. 4, 3 maggio 2007, n. 22500; Sez. 3,
7 novembre 2008, n. 41825, Hulpan). Peraltro secondo l’orientamento di questa
Corte, che il Collegio condivide, in tema di misure cautelari, ‘l’ordinanza del tribunale del riesame che conferma il provvedimento impositivo recepisce, in tutto o in
parte, il contenuto di tale provvedimento, di tal che l’ordinanza cautelare e il provvedimento confermativo di essa si integrano reciprocamente, con la conseguenza
che eventuali carenze motivazionali di un provvedimento possono essere sanate
con le argomentazioni addotte a sostegno dell’altro’ (Cass., Sez. 2, 28 novembre
2007, n. 774, rv. 238903; Cass., Sez. 6, 17 novembre 1998, n. 3678, rv. 212685,
Beato).
3.2. — Tanto premesso, si osserva che la ricostruzione dei fatti operata dal Tribunale, con congrua e adeguata motivazione, si profila coerente con le acquisizioni
richiamate nella decisione, sicché nessuna censura, e tanto meno nessuna diversa
ricostruzione, può essere in questa sede prospettata.

Ud. in c.c.: 12 dicembre 2013 — Purpi Raffaele — RG: 37528/13, RU: 26;

esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen. è, quindi, rilevabile in cassazio-

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

3.3. — Immune da vizi logici e giuridici è altresì il convincimento manifestato dal
giudice di merito circa la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente, e cioè di una qualificata probabilità della sua responsabilità in ordine al
reato ascrittogli (art. 416 bis cod. pen.) in quanto espressione di un percorso argomentativo coerente e logicamente plausibile, che si sottrae a qualsivoglia censura.
Sono state infatti valorizzate, a tal fine, le numerose intercettazioni telefoniche e
ambientali che hanno evidenziato come il Purpi fosse inserito in una rete organizza-

che lo mettevano non solo in contatto con soggetti in posizione apicale, ma gli consentivano di esprimere la propria opinione e giudizio su profili rilevanti sia in materia organizzativa che decisionale. Il ricorrente, a fronte della suddetta motivazione,
ripropone doglianze di merito e per di più destituite di fondamento, sollecitando una
rilettura valutativa del contenuto delle intercettazioni non proponibile in questa sede di legittimità allorquando le argomentazioni espresse dal giudice della cautela
sono, come nel caso di specie, immuni da vizi logici e giuridici.
3.4. — Nessun rilievo è stato avanzato in punto di sussistenza delle esigenze
cautelari.
4. — Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di C 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende

per questi motivi
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 (mille) alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 12 dicembre 2013

Ile insigliere estensore

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tiva, con forza coesiva tra i sodali, al cui interno aveva un ruolo attivo ed operativo,

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