Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47438 del 10/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 47438 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: ALMA MARCO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
• BORDELLINI Patrizia, nata a Perugia il giorno 23/4/1947;
avverso la sentenza n. 367/2014 in data 4/4/2014 della Corte di Appello di
Perugia;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita la relazione svolta in camera di consiglio dal relatore dr. Marco Maria
ALMA;

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di Appello di Perugia, con sentenza in data 4/4/2014, previo
riconoscimento all’imputata delle circostanze attenuanti generiche e conseguente
riduzione della pena irrogata all’imputata in termini ritenuti di giustizia,
confermava nel resto la condanna pronunciata dal locale Tribunale, in data
30/7/2010, nei confronti di BORDELLINI Patrizia, in relazione al reato di cui agli
artt. 61 n. 11 e 646, commi 1 e 3, cod. pen.
Propone ricorso per cassazione l’imputata, deducendo i seguenti motivi:
– con il primo motivo di ricorso, vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta
responsabilità dell’imputata per effetto del travisamento delle dichiarazioni dei
testimoni;
– con il secondo il motivo di ricorso, violazione di legge per difetto dell’elemento
psicologico del reato di cui all’art. 646 cod. pen.
Il ricorso è inammissibile, per assoluta genericità di entrambi i motivi nei quali lo
stesso si sostanzia.

Data Udienza: 10/11/2015

Infatti, come è noto, può ritenersi ormai consolidato, nella giurisprudenza di
legittimità, il principio della c.d. “autosufficienza del ricorso”, inizialmente
elaborato dalle Sezioni civili di questa Corte Suprema secondo il quale (cfr. in tal
senso Sez. I, sentenza n. 16706 del 18 marzo – 22 aprile 2008, CED Cass. n.
240123; Sez. I, sentenza n. 6112 del 22 gennaio – 12 febbraio 2009, CED Cass.
n. 243225; Sez. V, sentenza n. 11910 del 22 gennaio – 26 marzo 2010, CED
Cass. n. 246552) quando i motivi riguardino specifici atti processuali, la cui
compiuta valutazione si assume essere stata omessa o travisata, è onere del
ricorrente suffragare la validità del proprio assunto mediante l’allegazione o la
completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti specificamente indicati,
non potendo egli limitarsi ad invitare la Corte Suprema alla lettura degli atti
indicati, posto che anche in sede penale è precluso al giudice di legittimità
l’esame diretto degli atti del processo.
A ciò si aggiunge il fatto che il ricorso è sostanzialmente fondato su motivi che
ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate – con
motivazione congrua, logica e non contraddittoria – dal giudice del gravame,
dovendosi gli stessi considerarsi non specifici. La mancanza di specificità del
motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice
censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591
comma 1 lett. c), all’inammissibilità (Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, Barone, Rv.
216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4,
03/07/2007, n. 34270, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492,
Tasca, Rv. 237596).
Deve, infine, essere rilevato che secondo il costante insegnamento di questa
Suprema Corte, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura”
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in
via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più
adeguata, valutazione delle risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/42/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944; tra le più recenti: Sez. 4, n. 4842
del 02/12/2003 – 06/02/2004, Elia, Rv. 229369) anche con riguardo, come il
ricorrente cerca di fare nel caso che qui ci occupa, all’elemento soggettivo del
reato in esame.
I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione
dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di
merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le
ragioni del suo convincimento.
La novella codicistica, introdotta con la L. del 20 febbraio 2006, n. 46, che ha
riconosciuto la possibilità di deduzione del vizio di motivazione anche con il
riferimento ad atti processuali specificamente indicati nei motivi di
impugnazione, non ha mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane
pur sempre un giudizio di legittimità, sicchè gli atti o gli elementi eventualmente
indicati devono contenere elementi processualmente acquisiti, di natura certa ed

Non sfugge, innanzitutto il fatto che lo stesso non rispetta il requisito di
“autosufficienza” facendo riferimento al contenuto di atti che non vengono
allegati al ricorso stesso.

v

obiettivamente incontrovertibili, che possano essere considerati decisivi in
rapporto esclusivo alla motivazione del provvedimento impugnato e nell’ambito
di una valutazione unitaria, e devono pertanto essere tali da inficiare la struttura
logica del provvedimento stesso. Resta, comunque, esclusa la possibilità di una
nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata
dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica,
dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso
giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova.

pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal
ricorso (Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si
ritiene equa, di euro mille a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 10 novembre 2015.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al

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