Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4743 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 4743 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Lauricella Salvatore

n. il 28 settembre 1976

avverso
l’ordinanza 6 giugno 2013 — Tribunale di Palermo;
sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Maurizio Barbarisi;
udite le conclusioni del rappresentante del Pubblico Ministero, in persona del dr.
Francesco Mauro Iacoviello, sostituto Procuratore Generale della Corte di Cassazione, che ha chiesto il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali;
udito il difensore avv. Giovanni Castronovo, che ha concluso per l’accoglimento dei
motivi di ricorso.

Data Udienza: 12/12/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

Ritenuto in fatto
1. — Con ordinanza deliberata in data 6 giugno 2013, depositata in cancelleria il
10 giugno 2013, il Tribunale di Palermo rigettava la richiesta di riesame avanzata
nell’interesse di Lauricella Salvatore in relazione all’ordinanza emessa in data 11
maggio 2013 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo che
applicava al prefato la misura cautelare della custodia in carcere per i reati di asso-

dell’art. 7 D.L. 13 maggio 1991, n. 152 (conv. nella legge 12 luglio 1991, n. 203)
commessi, il primo, dal gennaio 2012 ad oggi, il secondo, fino al luglio 2012, ordinanza che veniva così confermata.
1.1. — In punto di gravi indizi di colpevolezza il Tribunale indicava, a supporto
degli stessi, quanto in particolare alla partecipazione all’associazione mafiosa ‘Cosa
Nostra’, il grave compendio indiziario costituito dalle dichiarazioni del collaboratore
di giustizia Bonoccorso Andrea, dalle risultanze delle intercettazioni telefoniche e dai
molteplici contatti dell’indagato con gli altri associati anche di rango apicale oltre
che dalla commissione del reato fine specifico sub capo o), indizi che ponevano in
evidenza un ruolo attivo e causalmente orientato al rafforzamento degli scopi associativi come dimostrato nella gestione, sotto le direttive del latitante Vitale Messicati
Antonino, reggente la famiglia mafiosa di Villabate, delle estorsioni e nella ripartizione dei proventi dalle stesse derivanti. Il Bonoccorso, la cui attendibilità personale
e intrinseca veniva vagliata dal giudice del riesame, riferiva nell’inter-rogatorio del
25 marzo 2013 che il Lauricella, relativamente al quale veniva effettua ricognizione
fotografica positiva, chiamato ‘U Scintilluni’, figlio del latitante mafioso Antonio, e
già a disposizione della famiglia mafiosa di Villabate, era stato alla famiglia di Villabate e attivo nel settore degli sostanze stupefacenti. A ciò doveva aggiungersi la
conversazione ambientale intercettata dell’8 dicembre 2012 tra il coindagato Gagliano Vincenzo e Flamia Sergio Rosario da cui emergeva che il Lauricella, proprio
nelle funzioni vicarie del Messicati, aveva contribuito con il versamento della somma
di C 2.500 ad alimentare la cassa del mandamento di Bagheria. Nella conversazione
ambientale del 12 novembre 2012 effettuata all’interno della vettura di Salerno Antonino si apprendeva poi che il Lauricella, tramite il Salerno, cercava di trovare un
diverso canale di comunicazione con il latitante Messicati al fine di ribadirgli la propria totale e incondizionata fedeltà. Infine, vi erano da annoverare le dichiarazioni
rese da D’Agati Giuseppe, imprenditore di Villabate, parte offesa del reato di tentata
estorsione, che riferiva dei contatti con il Lauricella e delle richieste estorsive di
quest’ultimo.

Ud. in c.c.: 12 dicembre 2013 — Lauricella Salvatore — RG: 37452/13, RU: 24;

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ciazione a delinquere di stampo mafioso e di tentata estorsione aggravata ai sensi

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

1.2. — In merito alle esigenze cautelari, il Tribunale le individuava nel pericolo
sia di reiterazione dei fatti, giusta la loro gravità, e la pericolosità della consorteria
di riferimento che di fuga, in considerazione della verosimile previsione di irrogazione di una pena detentiva non di breve durata.
2. — Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, avv. Giovanni
Castronovo, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione Lauricella Salvatore

In particolare sono stati sviluppati dal ricorrente cinque motivi di gravame:
a) con il primo motivo di doglianza veniva rilevata l’erronea applicazione della
legge penale, con riferimento all’art. 606 lett. c) cod. proc. pen. e agli artt. 268,
291, 309 comma quinto e comma decimo cod. proc. pen. art. 100 disp att.; veniva
ribadito il rilevo di natura processuale concernente la mancata trasmissione al Tribunale della Libertà di Palermo dei decreti autorizzativi delle intercettazioni sicché il
giudice avrebbe dovuto dichiarare l’inefficacia della misura cautelare ovvero l’inutilizzabilità delle intercettazioni medesime ovvero, ancora, acquisire d’ufficio i decreti in quanto ne era stata fatta richiesta, dovendo ritenersi atti fondamentali posto che, senza gli stessi, il giudice non era in grado di poter valutare la legittimità
della misura cautelare applicata.
b) con il secondo motivo di doglianza veniva rilevata la violazione degli artt.
125, 292 comma secondo, c-bis cod. proc. pen., con riferimento all’art. 606 lett. c)
cod. proc. pen.; all’udienza celebrata davanti al Tribunale della libertà, l’odierno ricorrente aveva depositato i verbali delle dichiarazioni delle numerose persone informate sui fatti ex artt. 391 bis e 391 ter cod. proc. pen., dichiarazioni su cui nulla
ha argomentato il giudice del riesame con esclusione del Salerno. L’ordinanza si
profila allora nulla per omessa esposizione dei motivi per i quali sono stati ritenuti
non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa.
c) con il terzo motivo di censura, veniva rilevata l’erronea applicazione della
legge penale in relazione all’art. 416 bis commi 1, 2, 3, 4 e 6 cod. pen.; veniva sottolineato che, tra le dichiarazioni assunte in sede di investigazione difensiva, vi erano quelle di Saggi Alessio che facevano riferimento, quanto al Lauricella, a nomignoli diversi da quello indicato dal collaboratore di giustizia Bonaccorso (Pio Pio,
Salvo, Scintilluni, Totuneddu, ma non Totino); inoltre tra le stesse dichiarazioni, vi
erano quelle di Schirru Vito Armando, che delineavano la liceità della gestione del
parco macchine gestite dal Lauricella; su queste deposizioni nulla ha detto il giudice

Ud. in c.c.: 12 dicembre 2013 — Lauricella Salvatore — RG: 37452/13, RU: 24;

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chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizi motivazionali.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

violando l’obbligo di motivazione; in ogni caso, non era stato individuato alcun dato
probatorio certo sul ruolo attivo svolto dall’indagato; né poi era stato dimostrato
che esistesse la famiglia mafiosa di Ficarazzi e che il prevenuto gestisse la famiglia
di Villabate per conto del Messicati anzi risulterebbe il contrario se è vero che il Lauricella si era rivolto al Salerno per contattare il Messicati; in relazione poi alle aggravanti, quanto al secondo comma dell’art. 416 bis cod. pen., non vi era prova che
l’indagato, raggiunta la posizione di élite avesse concretamente esercitato i poteri

bis cod. pen. il Tribunale del riesame ha ritenuto l’oggettività delle aggravanti in parola applicandole al Lauricella, cui invece non sono addebitabili;
d) con il quarto motivo di doglianza veniva rilevata l’erronea applicazione della
legge penale, con riferimento all’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione
agli artt. 56, 81, 110, 629 comma secondo in relazione al n. 3 comma terzo dell’art.
628 cod. pen. e art. 7 D.L. 13 maggio 1991, n. 152 (conv. nella legge 12 luglio
1991, n. 203); il giudice del riesame avrebbe dovuto mettere a confronto le dichiarazioni della pretesa parte lesa D’Agati Giuseppe con le dichiarazioni rese in sede di
investigazioni difensive in particolare con le dichiarazione del Di Salvo, gestore di
un bar, il quale ha negato di aver fatto conoscere al D’Agati il Lauricella. Questa discrasia indebolisce la deposizione della parte lesa, cui va aggiunto il fatto che non vi
è prova della sussistenza della famiglia mafiosa di Ficarazzi;
e) con il quinto motivo di doglianza veniva sollevato il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari, con riferimento all’art. 606 lett. c)
ed e) cod. proc. pen. e agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen.

Osserva in diritto
3. — Il ricorso è fondato e merita accoglimento: l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Palermo.
3.1 — Il primo motivo di ricorso, in particolare, non è fondato e deve essere respinto.
3.1.1 — Secondo il consolidato orientamento di questa Corte Suprema la mancata trasmissione al tribunale del riesame dei decreti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche non inviati in precedenza al GIP non determina la perdita di efficacia della misura ma, eventualmente, solo l’inutilizzabilità degli esiti delle operazioni

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conferitigli; in relazione alle aggravanti di cui al comma quarto e sesto dell’art. 416

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

di captazione, qualora i decreti siano stati adottati fuori dei casi consentiti dalla
legge o in violazione delle disposizioni previste dagli artt. 267 e 268, commi primo
e terzo, cod. proc. pen. (Cass., Sez. 3, 7 marzo 2013, n. 19101, rv. 255117, D.).
Ne consegue che spetta alla parte che invoca l’inutilizzabilità dimostrare i vizi che
affliggono i decreti stessi, vizi che, nella fattispecie, non vengono neppure adombrati dal ricorrente che si limita a dolersi della mancata trasmissione. Inoltre, va
rilevato che, pur lasciando intendere di aver acquisito tali decreti autorizzativi, il

decreti sarebbero stati affetti con ciò dimostrando che il medesimo rilievo difensivo
era meramente formale (essendo incentrato cioè sulla mera mancata trasmissione
in sé dei provvedimenti abilitativi) e non concreto.
Per di più, nella vicenda, va sottolineato che le intercettazioni telefoniche censurate attengono ad altro procedimento che le ha regolarmente utilizzate. Ne deriva,
come logico corollario, che le conversazioni intercettate che non siano state sanzionate da inutilizzabilità nel giudizio cui attengono devono presuntivamente ritenersi
valide perché già sottoposte da parte di altro giudice a vaglio di regolarità (tanto da
aver utilizzato gli stessi esiti di ascolto), salva pur sempre la prova contraria (di irregolarità) da fornirsi tuttavia, rigorosamente, da parte di chi ne eccepisce la non
conformità alla legge.
3.2 — Il secondo motivo di gravame è per contro fondato e merita accoglimento.
3.2.1 — Deve qui rammentarsi l’orientamento di questa Corte secondo cui, in
tema di motivazione dei provvedimenti sulla libertà personale, l’obbligo imposto
dall’art. 292, comma 2, cod. proc. pen., in ordine alla valutazione di specifici elementi a discarico forniti dalla difesa (e le dichiarazioni di persone informate sui fatti
di causa, ai sensi degli artt. 391 bis e ter cod. proc. pen., costituiscono “elementi
forniti dalla difesa”) richiede che il giudice del riesame proceda a un puntuale vaglio
degli stessi di guisa che il giudizio di rilevanza in ordine a detti elementi sia analitico e non si risolva in una valutazione del tutto sommaria e generica (Cass., Sez. 1,
9 gennaio 2001, n. 14374, rv. 219093, Cianciarusso).
E se è vero che l’articolo citato non impone al giudice del riesame la confutazione di qualsivoglia argomento difensivo di cui appaia manifesta l’irrilevanza o la pertinenza, ovvero di deduzioni dirette a proporre ricostruzioni alternative della vicenda e a contrastare il potere selettivo degli elementi di indagine posti a fondamento

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ricorrente non è stato in grado di esplicitare il vizio motivazionale o di legge di cui i

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

delle decisioni cautelari (Cass., Sez. 6, 9 gennaio 2013, n. 3742, rv. 254216, Ioio)
è anche certo che non può essere omesso dal Tribunale, in sede di riesame, lo
scrutinio di specifiche allegazioni difensive oggettivamente contrastanti con gli elementi accusatori e che minano la stessa ricostruzione fatta propria dal giudice nel
provvedimento gravato.
Nella fattispecie, il giudice ha del tutto obliterato lo sforzo difensivo menzionato

le prodotto che introduceva spunti e tematiche incidenti direttamente sulle
argomentazioni poste dal medesimo tribunale a fondamento della propria decisione.
I rilevati probatori forniti dalla parte indagata, che hanno pari dignità processuale
rispetto a quelli forniti dalla pubblica accusa, vanno a costituire il perimetro su cui
deve estendersi la motivazione esauriente del giudice che deve dare contezza degli
spunti indiziari quando hanno in sé la potenzialità argomentativa di spostare l’ottica
decisionale del decidente.
3.3 — I residuali rilievi difensivi devono ritenersi assorbiti dal motivo qui accolto, atteso peraltro che il giudice del rinvio dovrà nuovamente riesaminarli nella loro
interezza anche alla luce della documentazione non esaminata.
4. — Ne consegue che deve adottarsi pronunzia ai sensi dell’art. 623 cod. proc.
pen. come da dispositivo
per questi motivi
annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Palermo.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 12 dicembre 2013

Il C nsigliere estensore

non prendendo in considerazione, anche solo per confutarlo, il consistente materia-

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