Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47420 del 10/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 47420 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: ALMA MARCO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
• QUINCI Vito Rosario, nato a Rapallo il giorno 18/8/1977
avverso la sentenza n. 3823/2014 in data 3/10/2014 della Corte di Appello di
Palermo;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita la relazione svolta in camera di consiglio dal relatore dr. Marco Maria
ALMA;

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di Appello di Palermo, con sentenza in data 3/10/2014, confermava la
condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal Tribunale di Marsala, in
data 7/11/2013, nei confronti di QUINCI Vito Rosario, in relazione al reato di cui
all’art. 6 I. 575/1965.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo il seguente motivo:
violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta
responsabilità dell’imputato in relazione al reato in contestazione ed alla mancata
concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso è inammissibile per assoluta genericità consistendo esclusivamente in
affermazioni apodittiche che non si confrontano con la motivazione della
sentenza impugnata.
Tra i requisiti del ricorso per cassazione vi è anche quello, sancito a pena di
inammissibilità, della specificità dei motivi: il ricorrente ha non soltanto l’onere di

Data Udienza: 10/11/2015

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso
(Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene
equa, di euro mille a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille alla cassa delle
ammende.
Così de iso in Ro a il 10 novembre 2015.

dedurre le censure su uno o più punti determinati della decisione impugnata, ma
anche quello di indicare gli elementi che sono alla base delle sue lagnanze.
Nel caso di specie il ricorso è inammissibile perché privo dei requisiti prescritti
dall’art. 581, comma 1, lett. c) c.p.p. in quanto, a fronte di una motivazione
della sentenza impugnata congrua e logicamente corretta, non indica gli
elementi che sono alla base delle censure formulate, non consentendo al giudice
dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato.
Per dovere di completezza deve solo essere aggiunto che nel caso in esame la
mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata da
motivazione esente da manifesta illogicità, che, pertanto, è insindacabile in
cassazione (Cass., Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche
considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario
che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti
generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli
dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia
riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o
superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011,
Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244).

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