Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47418 del 10/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 47418 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: ALMA MARCO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
• LEVANTE Valerio, nato a Scicli il giorno 14/2/1978;
avverso la sentenza n. 2836/14 in data 13/11/2014 della Corte di Appello di
Catania;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita la relazione svolta in camera di consiglio dal relatore dr. Marco Maria
ALMA;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di Appello di Catania, con sentenza in data 13/11/2014, confermava la
condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal Tribunale di Modica, in
data 7/7/2009, nei confronti di LEVANTE Valerlo, in relazione al reato di cui
all’art. 648 cod. pen.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo il seguente motivo:
violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta
responsabilità dell’imputato in relazione all’insussistenza dell’elemento soggettivo
del reato in contestazione che asseritamente avrebbe dovuto essere derubricato
in quello di cui all’art. 712 cod. pen.
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza oltre che per assoluta
genericità.
Partendo da questo secondo profilo deve essere ricordato che tra i requisiti del
ricorso per cassazione prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) c.p.p. vi è anche
quello, sancito a pena di inammissibilità, della specificità dei motivi.
Non sfugge nel caso in esame che il ricorso è fondato su motivi che ripropongono
sostanzialmente le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerarsi non specifici. La mancanza di

Data Udienza: 10/11/2015

specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua

Quanto poi alla questione relativa alla asserita insussistenza dell’elemento
psicologico del reato in contestazione, sul presupposto che, come ha già avuto
modo di precisare già in tempi remoti questa Corte Suprema, “ai fini
dell’accertamento dell’elemento psicologico del soggetto agente, essendo la
volontà ed i moti dell’anima interni al soggetto, essi non sono dall’interprete
desumibili che attraverso le loro manifestazioni, ossia attraverso gli elementi
esteriorizzati e sintomatici della condotta. … Ne deriva che i singoli elementi e
quindi anche quelli soggettivi attraverso cui si estrinseca l’azione, inerenti al
fatto storico oggetto del giudizio, impongono una loro analisi la quale, essendo
pertinente ad elementi di fatto, costituiscono appannaggio del giudizio di merito,
non di quello della legittimità che può solo verificare la inesistenza di vizi logici,
la correttezza e la compiutezza della motivazione, l’assenza di errori sul piano
del diritto, così escludendosi in tale sede un terzo riapprezzamento del merito”
(Cass. Sez. 1, sent. n. 12726 del 28/09/1988, dep. 21/09/1989, Rv. 182105)
deve anche essere evidenziato che la Corte di Appello nel rispondere alla relativa
doglianza risulta essersi conformata ai principi generali delineati da questa Corte
Suprema in base ai quali (per tutte, Sez. 2 sent. n. 29198 del 25/5/2010, rv.
248265), ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova
dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell’omessa o
non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è
sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con
un acquisto in mala fede; in tal modo, non si richiede all’imputato di provare la
provenienza del possesso delle cose, ma soltanto di fornire una attendibile
spiegazione dell’origine del possesso delle cose medesime, assolvendo non ad
onere probatorio, bensì ad un onere di allegazione di elementi, che potrebbero
costituire l’indicazione di un tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del
giudice, e che comunque possano essere valutati da parte del giudice di merito
secondo i comuni principi del libero convincimento (in tal senso, Cass. Sez. U,
sent. n. 35535 del 12 luglio – 26 settembre 2007, Rv. 236914).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso
(Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene
equa, di euro mille a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille alla cassa delle
ammende.
Così d iso in
ma il 10 novembre 2015.

genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione
tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del
giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente
dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità (Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191,
Barone, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, Burzotta, Rv. 230634; Sez.
4, 03/07/2007, n. 34270, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n.
35492, Tasca, Rv. 237596).

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