Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47416 del 26/09/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47416 Anno 2013
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: FIANDANESE FRANCO

SENTENZA

dal

sul ricorso proposto

Procuratore della

Repubblica presso il Tribunale di Venezia,

avverso

l’ordinanza del Tribunale di Venezia, in data 5
ottobre 2012, nel procedimento a carico di
Capogreco Paolo,

nato il

18.11.1988, e di

Dragutinovik Zoran, nato il 9.10.1967;

Visti gli atti, l’ordinanza denunziata e il
ricorso;
Sentita in camera di consiglio la relazione svolta

dal consigliere dott. Franco Fiandanese;
Sentito il pubblico ministero in persona del
sostituto procuratore generale dott. Pietro Gaeta,
che ha concluso per l’annullamento con rinvio

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Data Udienza: 26/09/2013

í

dell’ordinanza impugnata;
Sentito il difensore, avv. Andrea Zamperlin,
difensore di Dragutinovik, che ha chiesto la
conferma dell’ordinanza impugnata.
SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO

ottobre 2012, rigettava l’appello proposto dal P.M.
presso il Tribunale di Rovigo avverso il
provvedimento con il quale il G.I.P. dello stesso
Tribunale respingeva la richiesta di applicazione
di misura cautelare nei confronti di Capogreco e di
Dragutinovik Zoran, indagati per il reato di rapina
impropria e lesioni. Il G.I.P. aveva ritenuto la
versione offerta dalle parti lese poco credibile.
Il Tribunale riteneva attendibile una seconda
versione dei fatti fornita dalle parti lese,
secondo la quale queste si sarebbero accordate con
il Capogreco per poter cambiare la somma di 30.000
euro in loro possesso con banconote di grosso
taglio, percependo un guadagno del 20%; per questa
ragione avevano preso il denaro con sé, inserito in
un sacchetto di colore giallo, ed avevano
effettuato lo scambio del denaro, ricevendo delle
banconote da 500 euro contenute in una busta
bianca, ma la persona offesa si era subito accorta

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Il Tribunale di Venezia, con ordinanza in data 5

che le banconote erano false ed aveva cercato di
fermare la macchina su cui era salito il complice
del Capogreco, ma il conducente era partito
velocemente e lo aveva travolto. Sulla base di tale
ricostruzione dei fatti, il Tribunale riteneva che

non fosse configurabile l’ipotesi di rapina
contestata, poiché la consegna del denaro ai due
indagati era stata consensuale, ma piuttosto una
truffa conseguente al prospettato cambio di
banconote, sostituite con denaro falso.
Ricorre per cassazione il Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Rovigo, deducendo
che nella specie non vi era stata truffa, ma furto
aggravato dal mezzo fraudolento, dal momento che,
appena ottenute le banconote, gli indagati si erano
dati alla fuga, investendo la persona offesa e
procurandole lesioni, così integrando il delitto di
rapina impropria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Il motivo di ricorso è fondato e deve essere
accolto.
La giurisprudenza di questa Suprema Corte, con
riferimento al criterio differenziale tra le
fattispecie di furto aggravato ai sensi del comma
secondo, n.2, dell’art. 625 cod. pen. e truffa, ha

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i

tradizionalmente

affermato

che

“Il

criterio

distintivo tra il reato di furto, aggravato
dall’uso del mezzo fraudolento, e il reato di
truffa, va ravvisato nello impossessamento mediante
sottrazione invito domino che caratterizza il primo

trasferimento del possesso della cosa avviene con
il consenso del soggetto passivo, consenso viziato
da errore per effetto degli artifici e raggiri
posti in essere dall’agente (v., nella
giurisprudenza meno recente: Sez. 2, 22 marzo 1983
n. 10923, Gozzo, Rv. 161783; conformi, nella
giurisprudenza successiva: Sez. 5, 6 aprile 1999 n.
6876, Montaruli, Rv. 213601; Sez. 5, 5 aprile 2001
n. 22196, Dellachà, Rv. 218977; Sez. 5, 6 giugno
2001 n. 31691, Schiavone, Rv. 219319).
Con riferimento a fattispecie analoghe a quella in
esame, è principio giurisprudenziale assolutamente
prevalente (contra solo: Sez. 5, 14 febbraio 2006
n. 16315, Jacovitti, Rv. 234425), quello, risalente
alla Sez. 2, 4 novembre 2003 n. 47680, Guida, Rv.
227995, secondo cui “Integra il delitto di furto
aggravato dall’uso del mezzo fraudolento
l’impossessamento

di

un

telefono

cellulare,

ottenuto mediante il raggiro consistito nella falsa

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e manca nel secondo, nel quale, invece, il

i-

prospettazione al legittimo detentore di averne
necessità per un’emergenza familiare. Infatti, il
criterio che distingue il reato di furto aggravato
dall’uso del mezzo fraudolento e quello di truffa
va ravvisato nell’impossessamento mediante
invito domino

che caratterizza il

sottrazione

furto, giacché il trasferimento del possesso della
cosa non avviene con il consenso del soggetto
passivo”.
Detto principio risulta ribadito sia da Sez. 5, 15
febbraio 2007 n. 10211, Jacovitti, rv. 235847
secondo cui “È qualificabile come furto aggravato
da mezzo fraudolento e non come truffa la condotta
che consista nell’impossessarsi di un oggetto
(nella specie, un telefono cellulare) di cui si sia
ottenuta, con un pretesto quale quello costituito
dalla falsa rappresentazione di una urgente
necessità, la momentanea consegna da parte del
legittimo detentore, il quale sia rimasto presente,
in attesa della restituzione”, sia, ancora, da Sez.
5, 17 giugno 2008 n. 36905, Jacovitti, rv. 241588,
che, in analoga fattispecie, ha affermato che
“Integra il delitto di furto aggravato da mezzo
fraudolento – e non quello di truffa – la condotta
di colui che si faccia consegnare, adducendo un

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i

I

pretesto che implichi l’intesa di un’immediata
restituzione, un bene (nella specie anello di
brillanti e telefono cellulare) e riparta
d’improvviso con la propria auto, in quanto
quest’ultima condotta integra lo spossessamento
poiché il soggetto passivo si è

privato materialmente dal bene in via del tutto
provvisoria e senza la volontà di spossessarsene,
mantenendo anzi con la propria presenza il
controllo su di esso, vanificato dall’improvviso
dileguarsi dell’autore del reato”.
Da ultimo il medesimo principio è stato ripreso da
Sez. 2, 21 gennaio 2009, n. 3710, Busato, Rv.
242678: “In tema di reati contro il patrimonio,
integra il delitto di furto aggravato dall’uso del
mezzo fraudolento, e non quello di truffa, la
condotta di chi, manifestando interesse
all’acquisto di un veicolo, richieda alla vittima
di provarlo dandosi repentinamente alla fuga a
bordo del medesimo, in quanto tale condotta integra
uno spossessamento invito domino,

che caratterizza

il delitto di furto ed è invece assente nella
truffa in cui il possesso della res si consegue con
il consenso della vittima”.
Nel caso in esame, ottenuto il denaro con il

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invito domino,

pretesto di un cambio, gli indagati, secondo la
ricostruzione dei fatti operata dallo stesso
Tribunale, sarebbero fuggiti prima di dare tempo
alle persone offese di verificare il denaro per il
perfezionamento dell’accordo. Il fatto integra,

fraudolento e non quella di truffa, sicché il
successivo uso di violenza per assicurarsi il
possesso del denaro può integrare il delitto di
rapina impropria.
L’ordinanza

impugnata,

pertanto,

deve

essere

annullata con rinvio al Tribunale di Venezia, per
nuovo esame, alla luce dei principi di diritto
sopra enunciati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al
Tribunale di Venezia per nuovo esame.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 26
settembre 2013.
L’estensore

Il Presidente

DEPOSITATO IN CANCELLERIA
IL

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quindi, l’ipotesi di furto con l’uso del mezzo

.

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