Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47415 del 10/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 47415 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: ALMA MARCO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
• ORFEI Alberto, nato a Modena il giorno 25/8/1968
avverso la sentenza n. 10896/14 in data 8/7/2014 della Corte di Appello di
Bologna;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita la relazione svolta in camera di consiglio dal relatore dr. Marco Maria
ALMA;

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di Appello di Bologna, con sentenza in data 8/7/2014, confermava la
condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal locale Tribunale, in data
3/6/2008, nei confronti di ORFEI Alberto, in relazione al reato di cui all’art. 648
cod. pen.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo il seguente motivo:
violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta
responsabilità dell’imputato evidenziando la assenza di prova del reato
presupposto e l’assenza di dolo nella condotta allo stesso ascritta.
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
La Corte di Appello nel rispondere ad analoghe doglianze avanzate in sede di
gravame innanzi alla stessa ha correttamente e condivisibilmente evidenziato
una serie di elementi (ciclomotore senza targa, con numero di telaio abraso,
senza documentazione alcuna, senza chiavi e con un collegamento effettuato con
fili elettrici) che portano a ritenere la provenienza illecita del bene rinvenuto in

Data Udienza: 10/11/2015

possesso dell’imputato oltre che la piena consapevolezza da parte dello stesso
(che non ha fornito alcuna attendibile giustificazione) della predetta provenienza.
Al riguardo è appena il caso di ricordare che il presupposto del delitto della
ricettazione non deve essere necessariamente accertato in ogni suo estremo
fattuale, poiché la provenienza delittuosa del bene posseduto può ben desumersi
dalla natura e dalle caratteristiche del bene stesso (Cass. Sez. 1, sent. n. 29486
del 26/06/2013, dep. 10/07/2013, Rv. 256108) situazione che appare
indubbiamente ricorrere anche nel caso in esame.

Del resto ciò risponde ai criteri reiteratamente indicati da questa Corte in base ai
quali “in tema di ricettazione, la consapevolezza dell’agente della delittuosa
provenienza della cosa può desumersi da qualsiasi elemento, ed anche dal
comportamento dell’imputato, che dimostri la certezza dell’origine illecita della
cosa ricettata” (Cass. Sez. 2, sent. n. 9291 del 16/05/1991, dep. 13/09/1991,
Rv. 187940) e, ancora, che “ai fini della configurabilità del reato di ricettazione,
la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base
dell’omessa – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa
ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento,
logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede” (Cass. Sez. 2, sent. n.
29198 del 25/05/2010, dep. 26/07/2010, Rv. 248265; Sez. 2, sent. n. 16949 del
27/02/2003, dep. 10/04/2003, Rv. 224634; Sez. 2, sent. n. 2436 del
27/02/1997, dep. 13/03/1997, Rv. 207313).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso
(Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene
equa, di euro mille a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille alla cassa delle
ammende.
Così de iso in Ri a il 10 novembre 2015.

Anche con riguardo alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato
di ricettazione in capo all’imputato, quanto osservato dalla Corte di Appello è
corretto.

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