Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47414 del 05/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47414 Anno 2013
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Chiaromonte Michele n. il 3.6.1948
awerso la sentenza della Corte di Appello di Potenza
del n2.11.2012
Udita la relazione fatta dal consigliere
PRESTIPINO ANTONIO
Sentito il Procuratore Generale in persona della d.ssa Maria Giuseppina Fodaroni, che ha concluso
per Inammissibilità del ricorso..

Data Udienza: 05/11/2013

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Ritenuto in fatto
1.Ha proposto ricorso per cassazione Chiaromonte Michele, per mezzo del proprio difensore, awerso la
sentenza della Corte di Appello di Potenza del 2.11.2012, che confermò la sentenza di condanna
pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di Matera il 9.2.2012, per il reato di ricettazione di un assegno
bancario, rilasciato in pagamento di forniture di generi alimentari eseguite in favore della soc. AGT- di cui il
ricorrente sarebbe stato amministratore di fatto – dalla soc. Molino Mercanti s.n.c..
2. I giudici di appello sottolineano anzitutto le dichiarazioni del teste Adduzio, di cui ribadiscono la piena
attendibilità, sull’ingerenza del Chiaromonte nella gestione della soc. AGT di cui sarebbe stato socio occulto
insieme ad un altro soggetto;citano quindi la deposizione della teste Mercante, responsabile della
“Molino”, che aveva confermato il rapporto di fornitura tra la Molino e la AGT e avrebbe ribadito anche che
il ricorrente fosse l’amministratore di quest’ultima società; ricordano, infine, gli esiti della perizia
grafologica eseguita sulle scritture apposte sul titolo, che aveva accertato la riferibilità allo stesso ricorrente
della firma di traenza.
3. Alla stregua delle deduzioni difensive, La sentenza sarebbe viziata ex art. 606 lett. b) ed e) c.p.p. per i
seguenti motivi
1. Insussistenza degli indizi di colpevolezza.
Premesso che le prove a carico del ricorrente sarebbero costituite, secondo la sentenza impugnata
a – dai poteri gestori esercitati dal Chiaramonte nella soc. SGT s,r,l,
b.- dalla conoscenza dell’imputato con l’amministratore unico Adduzio
c -dalla conoscenza dell’imputato con la titolare della Molino Mercanti snc
d — dalla probabile sottoscrizione, da parte dell’imputato, dell’assegno oggetto del reato, desunta dal suo
rifiuto di sottoporsi alla perizia grafologica disposta nel corso del giudizio di merito;
la difesa rileva:
sub a, che il Chiaramonte all’epoca dei fatti non rivestiva alcuna carica formale nella AGT, essendone
divenuto amministratore solo successivamente;
sub b, che l’amministratore precedente, l’Adduzio, non potrebbe essere ritenuto attendibile, per la sua
evidente posizione interesse rispetto ai fatti di causa, dai quali aveva necessità di prendere le distanze per
evitare di esservi coinvolto personalmente;
sub c, che non sarebbe dato di apprezzare il rilievo del rapporto di conoscenza tra l’imputato e la titolare
della “Molino”, che inoltre avrebbe indicato il Chiaramonte come amministratore della AGT all’epoca dei
fatti solo nel corso delle indagini preliminari, senza confermare l’indicazione in dibattimento;
sub d. che sarebbe arbitraria la valutazione come concorrente elemento di prova del rifiuto del
Chiaramonte di sottoporsi a perizia grafica, considerando anche le ragioni del rifiuto:
2. mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 648 co 2 c.p., compatibile con la ricettazione di un
assegno e applicabile nella specie in ragione del modesto importo del titolo, pari ad euro 2.694,84
3. omessa applicazione del condono ex L. 241/2006.
Considerato in diritto
Il ricorso è manifestamente infondato.
1.In generale, la difesa ripropone, pressoché con la stessa strutturazione grafica, esattamente le stesse
questioni sollevate con l’atto di appello, senza aggiungere nulla di nuovo rispetto alle risposte dei
giudici territoriali, alle quali oppone in sostanza le stesse critiche “di merito” articolate contro la
sentenza di primo grado, senza cogliere alcun vizio logico giuridico nella motivazione della sentenza
impugnata
2. In punto di responsabilità, va rilevato:
– che la questione della titolarità formale dei poteri di amministrazione della AGT è nella specie
del tutto irrilevante, considerando che al Chiaromonte viene attribuita nella sentenza impugnata la
qualifica di amministratore di fatto e socio occulto;
-Che l’attendibilità del teste Adduzio è stata affermata dalla Corte di merito anche sulla base della
sua estraneità alla compilazione dell’assegno accertata dalla perizia grafica; la possibilità teorica
che il teste potesse venire inizialmente coinvolto nella vicenda è poi del tutto irrilevante,
considerando che in concreto lo stesso non ha mai assunto la veste di indagato.
– che l’affermazione difensiva sulla presunta “correzione” , in giudizio, da parte della teste
Mercante, della precedente indicazione del ruolo di amministratore della AGT da parte del

Alla stregua delle precedenti considerazioni il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 alla
Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella
determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5.11.2013.

ricorrente, è del tutto assertiva e non documentata; la difesa, peraltro, non ha nemmeno dedotto
esplicitamente il travisamento della prova riguardo alla perentoria affermazione della Corte di
merito secondo cui la teste avrebbe invece chiaramente ribadito il ruolo gestorio del Chiaromonte;
– che il rifiuto del Chiaromonte di sottoporsi a saggio grafico non è particolarmente valorizzato in
sentenza; i giudici si limitano infatti a rilevare che con il suo atteggiamento il ricorrente aveva
impedito l’eventuale ingresso nel circuito probatorio di elementi a sé favorevoli, ma “in positivo”
sottolineano soltanto il risultato della perizia in relazione all’accertata paternità grafica della firma
di traenza apposta sul titolo, in quanto ritenuta riconducibile al ricorrente; non illogicamente
traendone conclusivamente la conferma dell’ipotesi accusatoria nel concorso con le altre
indicazioni di prova;
3. In punto di trattamento sanzionatorio,
– che l’importo dell’assegno non può affatto considerarsi tanto esiguo da giustificare la valutazione
della lieve entità del fatto, e tanto già sarebbe sufficiente per escludere l’applicabilità
dell’attenuante di cui all’art. 648 co 2 c.p.in conformità alle giuste valutazioni della Corte
territoriale; il ricorrente, peraltro, trascura di considerare che nella valutazioni del caso rilevano
anche gli aspetti soggettivi del reato (nel senso che la nozione di “fatto” di particolare tenuità, a cui
si riferisce la disposizione sia più ampia di quella di “danno” che figura nell’art. 62 nr. 4, ed impone
di prendere in considerazione tutti gli elementi di valutazione della condotta, compresi i profili
personali del reo, talché l’ attenuante speciale può essere esclusa nonostante il modesto valore
della cosa ricettata, alla stregua degli altri criteri fissati dall’art. 133 c.p cfr. Cass. sez. un. 26.4.1989,
Baggio; Cass. 6.11.1996, Wade), bastando aggiungere, a quest’ultimo riguardo, che la Corte di
merito sottolinea che il ricorrente vanta numerosi precedenti penali
– che il motivo sulla mancata applicazione del condono non corrisponde ad un effettivo interesse
del ricorrente, perché il giudice di appello non ha negato la sussistenza delle condizioni previste
dalla L. 241/2006 per il riconoscimento del beneficio, ma ha rinviato la questione alla sede
esecutiva (nel senso che il ricorso per Cassazione con il quale si lamenti la mancata applicazione
del condono sia ‘ammissibile solo quando il Giudice di merito l’abbia erroneamente esclusa, con
06/04/1994,
SEZ. 3 ,
specifica statuizione nel dispositivo della sentenza Nr 6593 del

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