Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47413 del 05/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47413 Anno 2013
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Thiam Khadim n. il 4.1.1971
avverso la sentenza della Corte di Appello di Cagliari, sez. distaccata di Sassari
del 23.1.2013
Udita la relazione fatta dal consigliere
PRESTIPINO ANTONIO
Sentito il Procuratore Generale in persona della d.ssa Maria Giuseppina Fodaroni, che ha concluso
per l’inammissibilità.

Data Udienza: 05/11/2013

2. L’indagine sull’awenuta registrazione dei marchi non risulta che sia stata mai sollecitata dalla
difesa nel corso del giudizio di merito, così come non risulta che sia stata mai contestata
l’assoggettabilità dei prodotti alla tutela della proprietà intellettuale o industriale. Al riguardo, va
rilevato che l’affermazione di responsabilità per l’acquisto o la ricezione di beni con marchi
contraffatti o alterati non richiede che sia provata rawenuta registrazione dei marchi se si tratta
di marchi di largo uso e di incontestata utilizzazione da parte delle società produttrici,
rovesciandosi in tali casi sulla difesa l’onere di provare la dedotta mancanza di registrazione del
marchio (Cass,. sez 5 n. 40170 dell’1.7.2009; Sez. 2, n.22693de113/05/2008Rossi); nella specie,
poi, è contenuta in sentenza una specifica indicazione della tutelabilità dei marchi attraverso il
riferimento alle indagini della Guardia di Finanza, che ne avevano accertato la contraffazione.
3. Esattamente la Corte di merito ha ritenuto irrilevante la grossolanità della
contraffazione,aderendo all’ormai prevalente e condivisibile indirizzo giurisprudenziale secondo cui
ai fini della configurabilità del reato di contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi
ovvero di brevetti, modelli e disegni (art. 473 cod. pen.), nessun rilievo spiega la cosiddetta
contraffazionegrossolana, considerato che il bene tutelato in via principale e diretta dalla
fattispecie incriminatrice, non è la libera determinazione dell’acquirente, ma la pubblica fede,
intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere
dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione. Si tratta, pertanto, di un reato
di pericolo per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno e nemmeno ricorre
l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita

Ritenuto in fatto
1.Ha proposto ricorso per cassazione ThiamKhadim awerso la sentenza della Corte di Appello di
Sassari del 23.1.2013, che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal
Tribunale di Nuoro il 7.5.2009 per i reati di detenzione per la vednita e ricettazione (artt. 474 e
648 c.p.), di capi di abbigliamento riproducenti marchi di note società sportive e articoli vari:
2. Deduce il ricorrente:
1. Violazione dell’art. 474 c.p., e difetto di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dello
stesso reato, sotto vari profili:
-quanto all’elemento psicologico, la Corte avrebbe indebitamente escluso la buona fede del
ricorrente nonostante fosse stata prodotta in giudizio dalla difesa documentazione attestante la
generale commercializzazione di prodotti simili da parte di numerosi venditori ambulanti;
-quanto alla oggettività del fatto, la sentenza impugnata avrebbe erroneamente escluso il rilievo
della grossolanità del falso per tutti gli articoli posti in vendita dal ricorrente; relativamente alle
magliette sportive, sarebbe mancata poi ogni indagine sulla loro effettiva registrazione, e inoltre la
dicitura impressa sui capi per avvertire che si trattava di prodotti non conformi all’originale
confinerebbe il fatto nella dimensione del reato impossibile.
2. violazione dell’art. 648 c.p. e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla conferma del
giudizio di responsabilità per il delitto di ricettazione.La Corte di merito non avrebbe tenuto conto
dell’inesistenza del reato presupposto, e non avrebbe comunque svolto un’adeguata indagine
sull’elemento soggettivo del reato, caratterizzato dal dolo specifico.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato
1.Del tutto correttamente, anzitutto,
i giudici di appello hanno escluso la rilevanza della
documentazione fotografica prodotta in giudizio dalla difesa per dimostrare la generale diffusione
tra i venditori ambulanti della zona in cui operava anche il ricorrente, di prodotti simili a quelli
detenuti da quest’ultimo; la Corte rileva che l’erroneo convincimento della legittimità della propria
condotta da parte dell’imputato si tradurrebbe in una irrilevante ignoranza della legge penale, ma
si può aggiungere che il commercio in forma ambulante non offre in generale particolari garanzie
sulla qualità dei prodotti.

3.1. E’ evidente, poi, che se debba in generale escludersi il rilievo della grossolanità della
contraffazione, non ha nessuna importanza accertare il concreto livello di grossolanità, come
pretende in sostanza il ricorrente quando ricorda che la stampigliatura dei marchi contraffatti sugli
articoli in vendita era accompagnata da scritte idonee ad avvertire l’acquirente della reale qualità
del prodotto (vedi, per un analogo caso di specie, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 40170 del 01/07/2009
Bogoni, relativa a sequestro di magliette riportanti al centro una dicitura di grandi dimensioni di un
celebre marchio e sul collo un’altra, di piccole dimensioni, riferita a un altro produttore) senza dire
che per i berretti sportivi la scritta che dovrebbe “neutralizzare” la contraffazione era stata apposta
all’interno, non essendo quindi immediatamente visibile ai potenziali acquirenti.
5.4. Paradossalmente, poi, l’argomento della grossolanità finisce per ritorcersi contro il ricorrente,
implicando la piena consapevolezza della contraffazione e rafforzando la valutazione della Corte di
merito sulla sussistenza di tutti glie estremi soggettivi ed oggettivi tanto del reato di cui all’art. 474
c.p., che del reato di ricettazione.
5.4. Infine, la tutela dei marchi si estende anche ai capi sportivi, come ha esattamente ritenuto la
Corte territoriale richiamando la giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. 5, Sentenzan.36016de1
04/06/2008Imputato: Lanfranco) secondo cui integra il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la
detenzione per la vendita di magliette riproducenti emblemi, marchi e logo di società di calcio
contraffatti, in quanto l’apposizione dei marchi registrati sull’abbigliamento sportivo ufficiale
risponde all’esigenza di distinzione di un prodotto, collegata allo sfruttamento commerciale della
riconoscibilità di quell’abbigliamento come utilizzato dalla squadra nelle sue prestazioni sportive e
all’incremento della commercializzazione in dipendenza della notorietà acquisita da tali prodotti
proprio perché usati nell’esercizio dell’attività tipica della società sportiva.
Alla stregua delle precedenti considerazioni il ricorso deve essere rigettato, con le conseguenti
statuizioni sulle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 5.11.2013.

siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno, similmente a quanto
richiesto per l’ipotesi del reato di cui all’art. 474 cod. pen., considerato che ferma la diversità della
condotta caratterizzanti le due fattispecie, la “res”oggetto della condotta è la medesima, di guisa
che ricorrendo la “eadem ratio” si applica analogo principio (cfr. Cass. Sez. 5,
Sentenza n.21049de126/04/2012Imputato: Pascale; Sez. 2, Sentenza n.20944de104/05/2012 ,
imputato Diasse; vedi anche, Cass. Sez. 5, Sentenza n.40835de120/09/2004ImputatoChianella
dove anche la precisazione che la tutela della buona fede apprestata dalla norma non si rivolge al
solo compratore occasionale ma alla generalità dei soggetti possibili destinatari dei prodotti
provenienti dalle imprese titolari dei marchi, e anche alle imprese medesime che hanno interesse a
mantenere certa la funzione del marchio.

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