Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47412 del 05/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47412 Anno 2013
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
MILANO
nei confronti di:
ALBIZZATI WILLIAM N. IL 15/10/1981
ARTINO ENZO N. IL 11/06/1986
AULETTA VALENTINA N. IL 10/04/1985
BALDISSERRI LUCA N. IL 21/03/1977
BELLI ERICA N. IL 25/05/1988
BERETTA DANIELE N. IL 02/12/1974
BIASOLI LUCA N. IL 06/06/1985
BISCARDI IVAN N. IL 08/05/1988
BONACCI MARIA GRAZIA N. IL 11/09/1984
BROVELLI SARA N. IL 18/03/1982
BRUNO DONA N. IL 11/02/1988
BUTTAFUOCO ANITA N. IL 10/02/1981
CAGGIANO GIOSUE’ N. IL 05/07/1976
CANTORELLA LUCA N. IL 17/12/1977
CAPPELLO ALESSANDRO N. IL 15/01/1985
CASERTA SAMUELE N. IL 24/02/1974
CASTAGNO JACOPO N. IL 25/05/1987
CENGIA MATTEO N. IL 23/11/1982
CONCAS MIRKO N. IL 05/10/1978
CORRAO ALESSANDRO N. IL 05/08/1985
COVA MOSCARDINO ALESSIO N. IL 09/06/1978
COZZI ROSSELLA N. IL 07/07/1981
CUCCURU ROBERTO N. IL 13/05/1987
CUTICONE CRISTIAN N. IL 12/12/1976
DAVIDDI FABIO N. IL 09/06/1973
DE BERNARDI ALESSANDRO N. IL 07/09/1982
DE BERNARDI ALICE N. IL 27/06/1982
DE FALCO ALESSIO N. IL 21/11/1985
DE TADDEO ANDREA N. IL 15/09/1982
DETTORI DAVIDE N. IL 10/03/1981

Data Udienza: 05/11/2013

DI LORENZO ANGELO N. IL 01/06/1972
DI SOMMA CLAUDIO N. IL 24/11/1974
DI SOMMA ROBERTO N. IL 21/12/1978
DORICI MATTIA N. IL 26/01/1984
FANTONI ROBERTO N. IL 18/07/1968
FLORIO MARIO N. IL 29/08/1965
FORNASERO MARTA ALICE N. IL 13/05/1981
FRATTOLLINO LUIGI N. IL 23/04/1988
GALLO FRANCESCO N. IL 31/07/1984
GHIRINGHELLI ANTONIO N. IL 21/05/1977
GILARDI ELISABETTA N. IL 16/03/1977
GONZALES LAURA YAMINA N. IL 19/04/1987
GRANDI LORENZO N. IL 10/10/1979
GRILLI ILARIO N. IL 27/07/1980
HOSCOOD ERCE N. IL 22/07/1987
LA MARTINA MICHELE N. IL 05/01/1985
LARACCA CLAUDIO N. IL 19/12/1985
LATELLA BRUNO N. IL 30/10/1987
LAUDANDO DANIELE N. IL 23/04/1985
LOBBA ALESSANDRO N. IL 01/07/1979
MALVA ROBERTO N. IL 02/02/1985
MANSOUR SUSAN N. IL 19/09/1987
MARCONE VALENTINA N. IL 26/05/1985
MARINELLO AMEDEO N. IL 23/05/1989
MARINO ALESSANDRO N. IL 22/12/1982
MARSETTI ROBERTO N. IL 13/01/1968
MATTONI ANDREA N. IL 07/04/1982
MIELE MARTINO N. IL 12/05/1984
MIGLIORISI LUCA N. IL 04/10/1979
MINAZZI BRUNO HANS N. IL 31/08/1987
MIOZZO DENISE N. IL 23/01/1976
MORA MARCO GAETANO N. IL 22/10/1986
MORONI MICHELE N. IL 19/01/1983
NUCERA GIULIO N. IL 13/12/1975
PACE ERIKA VALENTINA N. IL 14/02/1988
PARISI ANGELO N. IL 14/08/1986
PAROLIN LUCA N. IL 26/08/1986
PAVESI IRENE N. IL 18/12/1982
PEDETTI SILVIO N. IL 18/06/1985
PERRI FABIO N. IL 02/05/1985
PESSINA FEDERICO N. IL 01/06/1986
QUINCI LUIGI N. IL 11/04/1977
RABOLINI EMANUELE N. IL 24/09/1978
REBELLATO LUCA N. IL 14/05/1981
REZZIN MATTEO N. IL 15/05/1982
RICCIO FABIO N. IL 20/10/1985
RISOLO MICHELANGELO N. IL 04/08/1983
ROMEO LIDIA N. IL 11/06/1980
ROMEO SILVIA N. IL 20/02/1982
ROSSI KATIUSCIA N. IL 08/05/1983
RUIU FRANCESCA N. IL 04/03/1984
RUSSOM ESTER N. IL 05/07/1982
SANGUIGNI MIRKO N. IL 26/04/1977
SAQUI YOUSSEF N. IL 20/01/1987
SCAMPA GIUSEPPE N. IL 12/07/1985
SCIFO SANDRO N. IL 09/07/1981
SILVESTRI FEDERICO N. IL 22/04/1985
TASCA GIORGIO N. IL 03/06/1986
TOMASINA NOEMI LUCIA N. IL 06/05/1987
TONI STEFANO N. IL 14/09/1977

avverso la sentenza n. 3680/2011 CORTE APPELLO di MILANO,
del 28/11/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO PRESTIPINO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.SSA MARIA
GIUSEPPINA FODARONI
che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
Uditi i difensori, Avv. Francesco Antonio Puccio, per i ricorrenti
Cova e Quinci, che insiste per il rigetto del ricorso del P.G.
L’avv. Alberto Pugliese, per Florio,Frattolini, Gallo, Ghirghelli,
Gonzales, Grandi, Grilli, Hoscood e Latella, che insiste per
l’inammissibilita’ del ricorso.
L’avv. Umberto Richiello, per Scifo, Tasca, Tomasina, Torni, Tonoli,
Tozzo, Viero, Visciglia, Visinoni e Trevisan, che insiste per il rigetto
del ricorso del PG.
L’avv.Giuseppe Salvetti, sostituto processuale degli avv.ti Silvia
Lorenzino e Licia Colombo, per De Taddeo,Fornasero e De Falco,
che insiste per l’inammissibilita’ del ricorso del PG.
L’avv. Andrea Di Renzo ,sostituto processuale dell’avv.Andrea
Mascetti, che insiste per il rigetto del ricorso.

TONOLI ALESSANDRO N. IL 04/06/1980
TORNELLI ANDREA N. IL 21/12/1984
TORRETTA LUIGI N. IL 13/05/1978
TOZZO MAURIZIO N. IL 26/04/1982
TREZZA GIACOMO N. IL 07/10/1986
TURCO ALESSANDRO N. IL 14/09/1981
VIERO ALEX GIORDANO N. IL 05/07/1985
VIGNALI MARCO N. IL 28/07/1987
VISCIGLIA LUCA N. IL 13/07/1984
VISINONI FELICE N. IL 08/06/1984
ZANZI RICCARDO N. IL 30/08/1980
GARBIN ALESSANDRO N. IL 01/10/1977
TREVISAN UMBERTO N. IL 24/01/1981

6. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale.

Ritenuto in fatto
1.Con sentenza del 17.6.2010,11 Tribunale di Varese all’esito del giudizio di primo grado nei confronti
di Albizzati William, Trevisan Umberto, Garbin Alessandro e numerosi altri imputati, tutti accusati
del reato di cui agli arti. 633 e 639 bis c.p., e il Trevisan, inoltre, della contravvenzione di cui all’art.
4 L. 110/1975, pronunciò l’assoluzione di tutti gli imputati dal reato di cui all’art. 633 c.p., perché il
fatto non costituisce reato, omettendo di pronunciarsi sulla contravvenzione.
2. Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Milano propose ricorso per cassazione
convertito in appello con sentenza di questa Corte dell’8.6.2011.
3. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 28.11.2011, in riforma della sentenza di primo
grado, dichiarò non doversi procedere nei confronti del Trevisan in ordine al reato di cui all’art. 4
L.110/1975, perché estinto per prescrizione e nei confronti del Garbin per morte dello stesso
imputato, confermando nel resto.
4. Secondo l’accusa, gli imputati avevano arbitrariamente invaso un terreno di proprietà privata e
una contigua area demaniale prospicienti il Lago Maggiore, per partecipare ad un “rave party”.
4.1. In motivazione, la Corte di merito ricorda come il giudice di primo grado avesse rilevato che la
ricostruzione del fatto, essenzialmente desumibile dall’annotazione dei CC del 13.6.2006, aveva
lasciato numerose zone d’ombra sulla riconducibilità delle condotte degli imputati alla fattispecie
incriminatrice; i militari non avevano raggiunto il luogo del raduno; non risultava se l’area fosse
recintata; non era stata accertata la presenza di impianti per la diffusione della musica; i presunti
partecipanti al “rave party” non erano stati identificati sul posto, ma parecchie ore dopo l’intervento
di polizia; l’ipotizzata appartenenza di taluno dei giovani ad alcuni centri sociali non aveva avuto
alcuna influenza nelle valutazioni del caso.
4.2. I giudici territoriali passano quindi in rassegna i 27 punti in cui si era articolato il ricorso/appello
del PG , in larga parte riassumibili, in sostanza, nella deduzione, sotto molteplici profili, di uno
stravolgimento, da parte del giudice di primo grado, delle regole processuali che governano
l’istruzione dibattimentale, attraverso un non consentito esercizio di poteri d’ufficio per indurre le
parti ad acquisire atti compiuti nel corso delle indagini preliminari che, peraltro, sarebbero stati già
irritualmente in possesso del giudice.
4.3. L’espropriazione dei poteri di iniziativa delle parti si sarebbe concretizzata, secondo il PM
impugnante, anche con la forzatura interpretativa di comportamenti processuali neutri, dai quali il
tribunale aveva ricavato significati di silenzio-assenso.
4.4. L’impugnante, aggiungono i giudici di appello, aveva inoltre dedotto il vizio di motivazione della
sentenza di primo grado con riferimento alla ritenuta incertezza dell’identificazione degli imputati e
alla presunta inesistenza di atti di polizia giudiziaria diversi da quello posto a base delle decisione, e
aveva censurato la incoerenza della formula assolutoria,incentrata sull’assenza dell’elemento
psicologico del reato, rispetto alla motivazione, fondata invece sull’insussistenza del fatto.
4.5. La Corte di merito ricorda anche le memorie prodotte dal Pm nel corso del giudizio di appello
con le quali il requirente aveva sollecitato, in via preliminare, la restituzione degli atti al giudice di
primo grado per “abnormità”; in subordine, la restituzione degli atti allo stesso giudice per nullità ex
art. 604 c.p.p.; in ulteriore subordine, l’integrale rinnovazione dell’istruzione dibattimentale.
5. Rilevata, preliminarmente, l’improcedibilità dell’azione penale nei confronti del Garbin, e, nei
confronti del Trevisan, l’estinzione della contravvenzione in materia di armi allo stesso ascritta, per
l’avvenuta maturazione del relativo termine prescrizionale, la Corte di merito si sofferma quindi sulle
questioni processuali sollevate dal PM impugnante, argomentando che esse si traducevano, in
sostanza nella critica dell’operato del pubblico ministero di udienza, rappresentato nella specie da un
vice pretore onorario. Ma l’eventuale inefficienza dell’organo dell’accusa, non interferirebbe, secondo
i giudici di appello, sulla terzietà del giudice, al quale comunque non potrebbe rimproverarsi di non
avere supplito alla mancanza di iniziativa della parte pubblica nel proporre gli opportuni mezzi di
prova a sostegno dell’accusa.
5.1. Né risulterebbero, dai verbali di udienza, comportamenti prevaricatori del giudice di primo grado
nei confronti delle parti; in realtà, il decidente si sarebbe limitato a sollecitare alle parti, con modalità
assolutamente legittime, la conclusione di accordi processuali che favorissero la speditezza del
procedimento, ispirandosi con ciò alla tutela di valori costituzionalmente garantiti.
5.2. Sulla base del materiale istruttorio disponibile, l’esito assolutorio non potrebbe poi considerarsi
illogico, né contraddittorio rispetto a parallele vicende processuali, dove evidentemente si era
registrata una ben diversamente efficace iniziativa probatoria del PM.

Considerato in diritto
1.Va preliminarmente disattesa l’eccezione processuale sollevata nell’interesse del Vignali.
L’inosservanza dell’obbligo di notificare alle parti private l’impugnazione del pubblico
ministero, prescritto dall’art. 584 cod. proc. pen., non produce infatti l’inammissibilità della stessa
impugnazione (non essendo prevista tra i casi di cui all’art. 591 c.p.p.), e nemmeno la nullità
del processo del grado successivo (non rientrando tra le nullita’ di cui all’art. 178 c.p.p.). L’unico
effetto della violazione della norma e’ quello di non fare decorrere il termine di impugnazione
incidentale della parte privata, ove consentita (cfr. Corte di Cassazione nr. 14443 dell’ 11/11/1999
SEZ. 3 Parathoner ed altro
2. Quanto al ricorso del PG, va ricordato, anzitutto, il principio generale secondo cui il giudice
dell’impugnazione non è tenuto a prendere in considerazione ogni argomentazione proposta dalle
parti, essendo sufficiente che egli indichi le ragioni che sorreggono la decisione adottata,
dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, senza che la ipotizzabilità di una diversa
valutazione delle medesime risultanze processuali costituisca vizio di motivazione, valutabile in sede
di legittimità; cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 7588 del 06/05/1999, Duri F ed altri).Tale principio
assume peculiare rilievo nel caso di specie, soprattutto considerando l’estrema analiticità dei motivi
di appello, che per la centrale questione dell’introduzione, nel fascicolo processuale di “un atto di
polizia giudiziaria” (dovrebbe trattarsi dell’annotazione di polizia del 13.6.2006, circondata tanto in
ricorso che in sentenza da un singolare “riserbo”), disarticola un apparato critico nella sostanza
unitario, in una serie innumerevole di sfaccettature (tra gli altri, vedi i punti 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 13,
14, 19, 20, dei motivi di appello trascritti nella sentenza impugnata).,
2.1. Paradossalmente, proprio l’eccesso di domanda processuale determina la necessità di una
risposta “ridotta”, dovendo il giudice conformarsi, nell’argomentare la propria decisione, al modello
legale di motivazione enucleabile dall’art. 546 cod. proc. pen. cioè un tipizzato modello di
“concisione”.
2.2. Il puntiglioso riferimento ai “numerati” motivi di appello, implica che le doglianze del PM si
risolvano in definitiva nell’inammissibile postulato dell’automaticità del vizio di legittimità della
sentenza di merito in caso di mancata corrispondenza “aritmetica” della motivazione con tutte le
deduzioni difensive (sul principio che l’omessa motivazione della sentenza di appello in ordine ad
alcuni motivi non comporta l’automatica nullità della sentenza, dovendo il giudice di legittimità
valutare se non si tratti di motivi manifestamente infondati o altrimenti inammissibili o comunque
non concernenti un punto decisivo, oppure se la motivazione della sentenza impugnata non
contenga argomentazioni e accertamenti che risultino incompatibili con tali motivi o siano tali da
consentire alla Corte stessa di procedere ad una integrazione della motivazione sulla base degli
argomenti posti a fondamento delle sentenze di primo e di secondo grado, cfr. ad es. Corte di
Cassazione nr. 10156 dell’ 1/02/2002 – sez. 3 Poggi).
3. Basta quindi aggiungere che la Corte di merito nelle linee essenziali risponde in sostanza alle
censure del PM quando rileva:
– che nei verbali di causa non si ha riscontro di intollerabili pressioni del decidente sulle parti;
– che qualunque fosse il materiale istruttorio effettivamente disponibile, esso avrebbe dovuto essere
introdotto agli atti del processo precipuamente attraverso l’iniziativa delle parti interessate;
-che una moderata sollecitazione al raggiungimento di accordi processuali è perfettamente legittima,
soprattutto in vista della tutela del principio costituzionale della ragionevole durata del processo
(insidiata, nella specie, già dal numero esorbitante degli imputati).
3.1. Ma va anche ricordato che la materia dell’ acquisizione delle prove si presta particolarmente a
formare oggetto di acquiescenza delle parti processuali, indipendentemente da atti espliciti di

1. Premessa un’ampia rievocazione delle sequenze processuali del giudizio di primo grado, e dei
corrispondenti motivi della prima impugnazione di legittimità (poi convertita in appello), il PG
ripropone la tesi del completo stravolgimento delle regole processuali che governano la formazione
della prova in dibattimento, per il ruolo impropriamente dominante e troppo efficacemente
persuasivo assunto dal giudice di primo grado nell’indirizzare l’attività delle parti, quasi guidandole
verso una conclusione programmata. Rileva poi,che nella sentenza impugnata non sarebbe dato di
riscontrare “motivazione antagoniste” a numerosi e specifici motivi di appello, quelli di cui ai nr. 1,5,
6, 9, 10,11, 12, 14, 15, 16, 17, 18, 20, 21, 22, 23, e 26.
7. Hanno resistito al ricorso i difensori di Vignali Marco e Biscardi Ivan, depositando memorie scritte,
con le quali rilevano l’inammissibilità dell’impugnazione (il Vignali, tra l’altro,per non avere ricevuto la
notifica del ricorso)

3.2 Non sono chiare poi le conseguenze che il PM vorrebbe trarre dalla presunta conoscenza
“privata”, da parte del giudice, dell’atto istruttorio effettivamente introdotto (che verosimilmente
doveva pure far parte della lista del PM, e poteva essere quindi oggetto di indicazione “nominativa”,
non necessariamente “contenutistica”).
4. Il resto appartiene al merito, ma in sostanza lo stesso PM impugnante finisce con il riconoscere
che l’istruzione dibattimentale, a causa del troppo morbido comportamento del pm di udienza
sarebbe rimasta priva di fondamentali apporti probatori rispetto al tema dell’accusa, mentre è ancora
una volta corretto il rilievo dei giudici di appello dell’inutilizzabilità delle ammissioni formulate da
alcuni imputati nel corso dell’istruzione dibattimentale; né sono apprezzabili le articolate deduzioni
del ricorrente sul reato di cui all’art. 4 L: 110/1975, considerando che esso è stato correttamente
dichiarato prescritto dalla Corte di merito, o sulle omesse pronunce del giudice di primo grado, alle
quali ha comunque rimediato la sentenza di appello. ,
Alla stregua delle precedenti considerazioni il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ro a, nella camera di consiglio, il 5.11.2013.
Così dec.

consenso (Cfr. Cass. 34723 , 04/06/2008, Rotondi, con riferimento al caso di rinnovazione del
dibattimento per mutamento della composizione del collegio; la Corte afferma che la mancanza di
un’iniziativa di parte che rappresenti il dissenso, o la non perfetta condivisione o anche
l’opportunita’ di una rivisitazione della precedente fase equivale a consenso espresso; vedi, anche
Corte di Cassazione Nr. 10736 del 23/09/1998 SEZ. l Cassandra, con riferimento all’acquisizione di
prove documentali mediante lettura dibattimentale degli atti con piena acquiescenza della difesa).
3.2. Sotto altro profilo, va rilevato che delle presunte prepotenze del giudice di primo grado il PM
impugnante non è legittimato a dolersi nell’interesse degli imputati, i difensori dei quali si sono
guardati bene dal lamentarsi del trattamento ricevuto, sicché del tutto correttamente la Corte di
merito ha limitato i propri rilievi alla condotta processuale del pm di udienza; ma altrettanto
correttamente i giudici di appello affermano che l’insufficiente capacità di interlocuzione con il
giudice del vice pretore onorario delegato per l’occasione a rappresentare l’accusa non ha nessuna
rilevanza, se non nel senso di avere fortunosamente contribuito all’esito processuale sperato (non
dall’accusa ma) dagli imputati.

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