Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47411 del 05/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47411 Anno 2013
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
1.Mimou Mario n. il 2.5.1958
2.Matrone Antonio n.1’8.12.1948
awerso la sentenza della Corte di Appello di Brescia
del 19.2.2013
Udita la relazione fatta dal consigliere
PRESTIPINO ANTONIO
Sentito il Procuratore Generale in persona della d.ssa Maria Giuseppina Fodaronil che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 05/11/2013

Ritenuto in fatto
1.Hanno proposto ricorso per cassazione Mimou Mario e Matrone Antonio, per mezzo del
proprio difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia del 19.2.2011, che
confermò la sentenza di condanna pronunciata confronti di entrambi dal locale Tribunale il
29.9.2011, per i reati di tentata rapina in danno dei fratelli Suthwinder e BalwinderSingh, e
di lesioni personali volontarie in danno del Suthwinder.
2. Secondo l’accusa, il Mimou, dopo essersi introdotto nel phone center gestito dai fratelli
Sukhwinder e BalwinderSingh, quest’ultimo in quel momento assente, aveva chiesto di
acquistare cinque schede telefoniche internazionali presentando per il pagamento una
banconota da euro 500,00. Si era però subito impossessato del resto riprendendosi anche
la banconota di grosso taglio. Nel corso dell’azione aveva spintonato il suo interlocutore e
gli aveva poi bloccato i polsi con una forte stretta, procurandogli delle lesioni; lo aveva
quindi minacciato di morte insieme al fratelloBalwinder, nel frattempo rientrato, se “non lo
avesse fatto andare”. Il Matrone, durante lo sviluppo dell’azione criminosa era rimasto fuori
dall’esercizio con il compito di “palo”. I due imputati non erano però riusciti ad
impossessarsi della somma di denaro per l’intervento di una pattuglia di carabinieri,
sollecitato dalBalwinder; i militari avevano fermato i due imputati nelle immediate vicinanze
del phone center, mentre erano in procinto di allontanarsi dai luoghi.
2.1. I giudici territoriali disattendevano l’opposta versione dei fatti del Mimou, che aveva
sostenuto di essere stato lui aggredito dai due fratelli Singh,dopo che Sukhwinder gli aveva
consegnato una piccola parte del resto recando poi con sé la banconota di euro 500,00 nel
retrobottega e suscitando quindi in lui il sospetto che volesse impadronirsene senza
corrispondergli il resto residuo; egli lo avrebbe quindi inseguito nel retrobottega ma era
stato affrontato da Balwinder,, nel frattempo sopraggiunto, che aveva cercato di colpirlo
con una sciabola, senza riuscirvi per la sua pronta reazione.
2.2. La Corte riteneva infatti confermata l’accusa anche sulla base dell’esito della
perquisizione personale eseguita nei confronti di entrambi gli imputati; il Mimou era stato
trovato in possesso di una banconota da euro 500 e di tre da euro 50; il Matrone di cinque
schede telefoniche provenienti, secondo gli inquirenti, dall’esercizio dei due Singh. I giudici
di appello rilevavano poi come non potesse attribuirsi eccesivo peso alla confusione del
Balwinder su quale dei due imputati fosse entrato nel negozio, sia per l’ammissione del
teste di non avere un preciso ricordo dei fatti, che per la certezza processualmente
acquisita che era stato il Mimou a trattare con Sukhwinder; e aggiungevano che all’interno
dell’esercizio non era stata trovata alcuna sciabola.
3. La difesa lamenta il vizio di erronea applicazione degli artt. 192 e 196 c.p.p., e l’illogicità
della motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte di merito
ingiustificatamente disatteso la versione dei fatti fornita dal Mimou, del tutto lineare e
coerente, e confermata anche dal tenore della farse che egli aveva pronunciato prima di
allontanarsi dal locale delle persone offese. Non sarebbe neppure dimostrato che le schede
wind rinvenute indosso al Matrone “fossero state consegnate ai presunti assalitori e/o
sequestratori” ; le lesioni personali riscontrate ai polsi del Suthwinder potrebbero essere
soltanto la conseguenza del suo tentativo di sottrarsi alla presa del Mimou, che
legittimamente cercava di trattenerlo nell’esercizio della facoltà di arresto consentita anche
ai privati; non vi sarebbe motivo di dubitare delle indicazioni del Matrone implicante il
rovesciamento dei ruoli di aggressori e aggrediti rispetto all’ipotesi accusatoria; l’esito della
perquisizione personale eseguita nei confronti dei ricorrenti non sarebbe affatto
concludente; la Corte di merito, infine, non avrebbe preso in esame la diversa qualificazione
giuridica del fatto ex art. 393 c.p. proposta dalla difesa.
Considerato in diritto
Il ricorso è manifestamente infondato.
1.E’ di tutta evidenza l’accentuata e inammissibile connotazione di merito delle deduzioni
difensive, che fanno leva pressoché esclusivamente sulla versione dei fatti fornita dai
ricorrenti, e sulla interessata interpretazione dell’espressione “se non mi lasci andare”

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pronunciata dal Mimou, che si vuole significativa dell’anelito di libertà di un ostaggio, ma
che letta insieme alle contestuali minacce di morte pronunciate dalla (improbabile) vittima,
si presta ad una lettura conforme all’ipotesi accusatoria, cioè nel senso del tentativo
dell’interessato di guadagnarsi l’impunità.
2. Per il resto, l’esito della perquisizione personale eseguita nei confronti dei ricorrenti del
tutto coerentemente è stato valorizzato dalla Corte di merito come elemento di conferma
dell’accusa, non essendo dato inoltre di comprendere il senso dell’affermazione difensiva
secondo cui non vi sarebbe prova che le schede telefoniche rinvenute in possesso del
Matrone “fossero state consegnate ai presunti assalitori e/o sequestratori” perché quello
che conta è che cinque di esse, numero esattamente corrispondente alle indicazioni di
SinghSuthwander , provenissero, come ricorda la Corte territoriale, dal negozio delle
persone offese, come fu accertato attraverso il riscontro dei numeri seriali, che consentì di
distinguerle dalle altre detenute dal Matrone.
2.1. Contrariamente a quanto deduce la difesa, poi, la versione dei fatti fornita dal Matrone,
essendo oggettivamente funzionale all’impunità di entrambi i ricorrenti, contribuisce a
confermare il concorso nei fatti dello stesso Matrone, che non avrebbe avuto altrimenti
alcun motivo di mentire.
2.2. Infine, il ricorso è del tutto silente sulla non certo marginale circostanza sottolineata
dalla Corte di merito circa il mancato rinvenimento, all’interno dell’esercizio delle persone
offese, della sciabola che il Balwinder avrebbe brandito contro il Mimou.
3. Quanto alla questione della qualificazione giuridica del fatto, essa è evidentemente
assorbita, nelle valutazioni della Corte di merito, dalla ribadita fondatezza dell’originaria
ipotesi accusatoria in termini assolutamente incompatibili con l’identificazione di pretese
giuridicamente tutelabili a favore dei ricorrenti.
Alla stregua delle precedenti considerazioni il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile,
con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro
1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso
ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali dell somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così decisi i Ro a, nella camera di consiglio, il 5.11.2013.
Il Pr. .e, e
Il consigli re el. lire

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