Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 474 del 17/12/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 474 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CAPOZZI RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) PRESTI GIUSEPPE N. IL 04/07/1959
avverso la sentenza n. 176/2009 CORTE APPELLO di MESSINA, del
11/07/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELE CAPOZZI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per 2
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Data Udienza: 17/12/2012

N. 48405/11-RUOLO N.4 (2020)
RITENUTO IN FATTO

1.Con sentenza dell’il luglio 2011 la Corte d’appello di Messina ha ridotto da 4 a
2 mesi di arresto la pena inflitta a PRESTI Giuseppe dal Tribunale di Mistretta per
il reato sub c) (violazione art. 9 primo comma legge n. 1423 del 1956: aver
omesso di presentarsi il 1 novembre 2005 all’autorità di polizia preposta alla
sorveglianza dalle ore 12,00 alle ore 13,00), dopo avere dichiarato estinti per

2.12 Corte ha ritenuto che non poteva dichiararsi estinto per prescrizione anche il
reato sub c), in quanto nel 2005 era intervenuta una modifica normativa dell’art.
9 della legge n. 1423 del 1956, a seguito della quale erano stati trasformati in
delitto le violazioni degli obblighi della misura di prevenzione della sorveglianza
speciale di p.s. con obbligo di soggiorno, qual’era appunto quella applicata
all’appellante, si che il reato anzidetto era ormai da ritenere un delitto,
nonostante fosse stata ad esso applicata la pena dell’arresto, con la conseguenza
che lo stesso non poteva ritenersi estinto per intervenuta prescrizione.
2.Avverso detta sentenza della Corte d’appello di Messina propone ricorso per
cassazione PRESTI Giuseppe per il tramite del suo difensore, che ha dedotto
erronea applicazione della legge penale, per avere la sentenza impugnata
ritenuto di non dichiarare estinto anche il reato sub c) per intervenuta
prescrizione, avendo ritenuto che lo stesso fosse un delitto e non più una
contravvenzione, a seguito della modifica dell’art. 9 comma 2 della legge n. 1423
del 1956, intervenuta col d.l. 27.7.2005 n. 144, convertito con modificazioni
nella legge 31.7.2005 n. 155.
Era stato invero violato nei suoi confronti il principio del divieto di reformatio in
peius, di cui all’art. 597 comma 3 cod. proc. pen., in mancanza di appello
proposto dal P.M.
CONSIDERATO IN IRITTO

1.11 ricorso proposto da PRESTI Giuseppe è infondato.
2.Correttamente invero la sentenza impugnata ha rilevato l’errore in cui era
incorso il primo giudice, per avere esso ritenuto come contravvenzione il reato
ascritto al ricorrente sub c), concernente la violazione degli obblighi su di lui
incombenti quale sottoposto alla sorveglianza speciale di p.s. con obbligo di
soggiorno, atteso che, a seguito della modifica dell’art. 9 comma 2 della legge n.
1

prescrizione le contravvenzioni ascrittegli sub a) e sub b).

1423 del 1956, intervenuta col di. n. 144 del 2005, convertito con modificazioni
nella legge n. 155 del 2005, entrato in vigore il 28 luglio 2005 e quindi prima del
1 novembre 2005, data di contestazione al ricorrente della violazione sub c),
tutte le violazioni degli obblighi di sorveglianza speciale di p.s. con obbligo di
soggiorno sono da ritenere delitti.
3.La sentenza impugnata ha fatto pertanto corretta applicazione della
giurisprudenza di questa Corte, alla stregua della quale se la nuova definizione
l’applicazione di una causa estintiva del reato, il giudice deve escludere tale
applicazione e la conseguente estinzione del reato, essendo egli legittimato, ai
sensi dell’art. 597 comma 3 cod. proc. pen., ad attribuire al fatto un diverso e
più grave nomen iuris.
4.Invero il principio del divieto di reformatio in peius non ha lo scopo di attribuire
all’imputato un trattamento sotto ogni profilo più favorevole rispetto a quello
derivante dal precedente grado, ma persegue unicamente la finalità di non
esporlo ad un trattamento sanzionatorio più severo rispetto a quello riservatogli
dal primo giudice.
Il legislatore si è invero preoccupato di consentire, in presenza di un errore del
primo giudice in ordine alla qualificazione giuridica del fatto, al giudice di appello
di porvi rimedio, al fine di garantire una corretta applicazione della legge penale;
ed è evidente che, da una diversa e più grave qualificazione giuridica del fatto,
ben possono derivare effetti negativi per l’imputato in termini di impossibilità di
applicare cause estintive o benefici; ma trattasi di conseguenze necessarie ed
inevitabili, collegate alla facoltà concessa al giudice di appello di qualificare
diversamente il fatto, avendo il legislatore ritenuto preminente l’interesse a che
le pronunce emanate dai giudici siano quanto più possibile conformi alla legge
(cfr., in termini, Cass. Sez. 2 n. 36217 del 16/6/2011, De Silvio, Rv.251160).
5.Pertanto il reato sub c) è stato correttamente qualificato dalla sentenza
impugnata come delitto, si che esso, contestato come commesso il 1 novembre
2005 e considerati altresì i 105 giorni di sospensione, alla data odierna è da
ritenere non ancora prescritto.
6.Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
2

giuridica del reato più grave non consente, a differenza di quella originaria,

Così deciso il 17 dicembre 2012.

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