Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47395 del 26/09/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47395 Anno 2013
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: FIANDANESE FRANCO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Costei,

Birliga

nato ad Albesti (Romania) il 16.5.1968,

avverso la sentenza della Corte di Appello di
Genova, in data 3 maggio 2012, di conferma della
sentenza del Tribunale di Sanremo, in data 5 aprile
2011;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il
ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione svolta dal
consigliere dott. Franco Fiandanese;
Udito il pubblico ministero in persona del
sostituto procuratore generale dott. Pietro Gaeta,
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

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Data Udienza: 26/09/2013

Udito il difensore, avv. Domenico De Salvo, che ha
chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Genova, con sentenza in data
3 maggio 2012, confermava la condanna pronunciata

dal Tribunale di Sanremo alla pena di anni due mesi
sei di reclusione ed euro 1.000 di multa nei
confronti di Birliga Costei, dichiarato colpevole
dei delitti, ritenuti in continuazione, di cui agli
artt. 572 e 629 c.p., per avere, con percosse,
minacce ed espressioni offensive maltrattato la
moglie e il figlio con lui conviventi e per avere,
in diverse occasioni, con minacce e percosse,
costretto la moglie e il figlio a consegnargli
somme di denaro.
Propone ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato, deducendo i seguenti motivi:
1)

violazione degli artt. 548 e 617 c.p.p. e

nullità dell’avviso di deposito della sentenza,

in

quanto tale avviso sarebbe stato notificato a
difensore revocato.
2) vizio di motivazione e travisamento della prova,
in quanto le dichiarazioni della parte offesa
sarebbero discordanti dalla realtà, poiché non è

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il 5 aprile 2011, in esito a giudizio abbreviato,

stato prodotto alcun certificato medico né sono
stati riscontrati segni di percosse; le
dichiarazioni del teste Crea Giovanni, datore di
lavoro dell’imputato, che lo ha descritto come
soggetto dedito all’alcool, sarebbero incompatibili

dall’imputato stesso. Il difensore ricorrente
sottolinea, altresì, che le testimonianze sono
state assunte in sede di indagini preliminari e non
confermate in giudizio.
3) vizio di motivazione e travisamento del fatti in
relazione al delitto di cui all’art. 629 c.p.,

in

quanto dalle stesse dichiarazioni delle persone
offese non risulterebbe l’uso di violenza o
minaccia. Il difensore ricorrente lamenta, altresì,
che l’imputato non conosce bene la lingua italiana
e non è stato assistito da un interprete.
4)

vizio

accusatorio

di

motivazione,
si

in guanto l’impianto

fonderebbe

su

dichiarazioni

contraddittorie senza alcuna analisi del contesto
in cui sono state rese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso sono manifestamente infondati

ovvero non consentiti nel giudizio di legittimità e
devono essere dichiarati inammissibili.

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con l’attività lavorativa di muratore svolta

Il motivo di ricorso Con il quale si deduce la
nullità dell’avviso di deposito della sentenza è
manifestamente infondato, in quanto l’imputato
aveva eletto domicilio presso l’avv. G.M.
Bocchiardo, successivamente revocato quale

Corte è costante nell’affermare che l’elezione di
domicilio dell’imputato conserva il suo valore
finché non venga espressamente revocata nelle forme
prescritte, pertanto, qualora il domicilio sia
stato eletto presso il difensore, la revoca del
mandato difensivo o la rinuncia ad esso o la
sostituzione del difensore non comporta revoca
dell’elezione

ab origine

effettuata (Sez. 6, n.

41720 del 07/11/2006, Moltisanti, Rv. 235297) e ciò
perché la nomina del difensore, l’elezione di
domicilio e le rispettive revoche, corrispondono a
scopi diversi, e la revoca dell’una non comporta
anche la revoca dell’altra: trattasi di distinti
istituti processuali aventi oggetto e finalità
diversa. Per la loro autonomia, il venir meno della
qualità di difensore presso il quale sia stato
eletto domicilio, non fa cessare gli effetti
dell’elezione (o viceversa), senza una espressa
dichiarazione dell’interessato nella stessa forma

4

difensore. La giurisprudenza di questa Suprema

con la quale essa è avvenuta, in quanto l’elezione
è un atto formale e tale deve essere anche l’atto
di revoca, con la conseguenza che le notificazioni
eseguite al domicilio eletto sono assistite dalla
presunzione legale, non suscettibile di

avuto o potuto avere notizia dell’atto di cui si
tratta (Sez. 2, n. 25652 del 06/05/2003, Mendella,
Rv. 226247).
Gli altri motivi di ricorso con i quali si deduce
vizio di motivazione e travisamento della prova e
dei fatti non sono consentiti nel giudizio di
legittimità, in quanto esula dai poteri della Corte
di cassazione quello di una “rilettura” degli
elementi di fatto posti a fondamento della
decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva,
riservata al giudice di merito, senza che possa
integrare il vizio di legittimità la mera
prospettazione di una diversa, e per il ricorrente
più adeguata, valutazione delle risultanze
processuali(per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n.
6402, Dessimone, riv. 207944). I motivi proposti
tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile
ricostruzione dei fatti mediante criteri di
valutazione diversi da quelli adottati dal giudice

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dimostrazione contraria, che l’interessato abbia

di merito, il quale, con motivazione ampia ed
esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato
le ragioni del suo convincimento, con riferimento
alle dichiarazioni delle parti lese, giudicate
“lineari, precise e credibili”, confortate

fatto contestato nel capo B) dell’imputazione (art.
629 c.p.) e dalle dichiarazioni di Bellissimo
Patrizia e di Crea Giovanni.
Manifestamente infondata è la doglianza secondo la
quale le testimonianze assunte in sede di indagini
preliminari non sono state confermate in giudizio,
in quanto si verte in ipotesi di rito abbreviato.
Non è consentita, infine, la deduzione che
l’imputato non conosce bene la lingua italiana,
perché prospettata solo in questa sede di
legittimità, per di più in modo del tutto generico.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.,
valutati i profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità emergenti dal
ricorso, al versamento della somma, che si ritiene
equa, di euro 1000,00 a favore della cassa delle
ammende.

6

dall’intervento dei Carabinieri in occasione del

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1000,00 alla cassa delle
ammende.

‘ estensore

Il Presidente

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

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Così deciso in Roma il 26 settembre 2013.

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