Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47393 del 10/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 47393 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: ALMA MARCO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
• ZARHLUOL Marouane, nato in Marocco il giorno 30/11/1991;
avverso la sentenza n. 1383/14 in data 1/7/2014 del Giudice per le indagini
preliminari presso il Tribunale di Venezia;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita la relazione svolta in camera di consiglio dal relatore dr. Marco Maria
ALMA;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il G.I.P. presso il Tribunale di Venezia, con sentenza in data 1/7/2014, applicava
nei confronti di ZARHLUOL Marouane la pena concordata dalle parti ex art. 444
c.p.p., in relazione al reato di cui all’art. 628 cod. pen.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi
– con il primo motivo di ricorso, violazione di legge e vizio di motivazione con
riferimento alla erronea applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen. ,
– con il secondo il motivo di ricorso, violazione di legge e vizio di motivazione con
riferimento alla mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all’art.
62 n. 4 cod. pen.
– con il terzo motivo di ricorso, violazione di legge e vizio di motivazione con
riferimento alla mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all’art.
62 n. 6 cod. pen.
Il ricorso è manifestamente infondato.

Data Udienza: 10/11/2015

Quanto al secondo ed al terzo motivo di ricorso, va ribadito che la richiesta di
applicazione di pena patteggiata costituisce un negozio giuridico processuale
recettizio che, pervenuto a conoscenza dell’altra parte, non può essere
modificato unilateralmente ne’ revocato, e, una volta che il giudice abbia
ratificato l’accordo, non è più consentito alle parti prospettare questioni e
sollevare censure con riferimento alla sussistenza e alla giuridica qualificazione
del fatto, alla sua soggettiva attribuzione, all’applicazione e comparazione delle
circostanze, all’entità e modalità di applicazione della pena. In tale ambito,
l’obbligo di motivazione deve ritenersi assolto con la semplice affermazione
dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo intervenuto
fra le parti (Cass. Sez. 6, sent. n. 3429 del 03/11/1998, dep. 11/12/1998, Rv.
212679 e numerose altre in senso conforme).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso
(Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene
equa, di euro millecinquecento a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro millecinquecento alla
cassa delle ammende.
Così d iso in oma il 10 novembre 2015.

E’ principio costantemente affermato dalla Suprema Corte, in tema di
patteggiamento, che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di
cui al citato art. 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica
motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti
emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata
compiuta la verifica richiesta dalle legge e che non ricorrono le condizioni per la
pronuncia di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.” (Sez. U, n. 10372 del
27/09/1995, Serafino, Rv. 202270; da ultimo, Sez. 1, n. 4688 del 10/01/2007,
Brendolin, Rv. 236622). Nel caso di specie la sentenza impugnata si è attenuta
correttamente al suddetto principio escludendo espressamente la sussistenza di
una delle cause di cui all’art. 129 c.p.p. ed adeguatamente motivando sul punto.

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