Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47392 del 10/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 47392 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: ALMA MARCO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
• MATJANI Zenel, nato in Albania il giorno 10/7/1989
avverso la sentenza n. 3447 in data 19/11/2013 della Corte di Appello di
Firenze;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita la relazione svolta in camera di consiglio dal relatore dr. Marco Maria
ALMA;

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di Appello di Firenze, con sentenza in data 19/11/2013, per la parte che
in questa sede interessa, in parziale riforma della sentenza in data 3/12/2012 del
Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Arezzo, ritenute le
circostanze attenuanti generiche già concesse a MATJANI Zenel equivalenti alle
contestate aggravanti, ha rideterminato la pena allo stesso inflitta nella misura di
anni 4 di reclusione ed C 1.000,00 di multa in relazione a plurimi reati, contestati
in concorso, di rapina.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo il seguente motivo: vizio
di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità dell’imputato in ordine
alle rapine in contestazione ai capi a), b), d) ed e) della rubrica delle imputazioni
in relazione alle quali difetterebbe un adeguato supporto probatorio.
Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente generico e fondato su
affermazioni apodittiche che si limitano a contestare la portata probatoria degli

Data Udienza: 10/11/2015

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso
(Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene
equa, di euro mille a favore della cassa delle ammende.

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elementi valorizzati dai Giudici di merito per fondare la penale responsabilità
dell’imputato in relazione ai fatti-reato allo stesso ascritti.
La sentenza impugnata risulta caratterizzata da motivazione congrua, non
manifestamente illogica e tantomeno contraddittoria in ordine a ciascuno dei
fatti-reato in contestazione all’imputato.
Secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, esula dai poteri
della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al
giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera
prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle
risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone,
riv. 207944; tra le più recenti: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 – 06/02/2004,
Elia, Rv. 229369).
I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione
dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di
merito, il quale, come detto, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha
esplicitato le ragioni del suo convincimento.
La novella codicistica, introdotta con la L. del 20 febbraio 2006, n. 46, che ha
riconosciuto la possibilità di deduzione del vizio di motivazione anche con il
riferimento ad atti processuali specificamente indicati nei motivi di
impugnazione, non ha mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane
pur sempre un giudizio di legittimità, sicché gli atti eventualmente indicati, che
devono essere specificamente allegati per soddisfare il requisito di
autosufficienza del ricorso, devono contenere elementi processualmente
acquisiti, di natura certa ed obiettivamente incontrovertibili, che possano essere
considerati decisivi in rapporto esclusivo alla motivazione del provvedimento
impugnato e nell’ambito di una valutazione unitaria, e devono pertanto essere
tali da inficiare la struttura logica del provvedimento stesso. Resta, comunque,
esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da
contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa
lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali.
A ciò si aggiunga che è giurisprudenza consolidata di questa Corte che, nella
motivazione della sentenza, il giudice di merito non è tenuto a compiere
un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame
dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che,
anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze,
spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo
convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nel qual
caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che,
anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata. (in questo senso v. Sez. 6, sent. n. 20092 del 04/05/2011,
dep. 20/05/2011, Rv. 250105; Cass. Sez. 4, sent. n. 1149 del 24.10.2005, dep.
13.1.2006, Rv 233187).

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille alla cassa delle
ammende.

Così de9iso in Roma il 10 novembre 2015.

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