Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4739 del 12/12/2013
Penale Sent. Sez. 1 Num. 4739 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Mancuso Antonio
n. il 31 ottobre 1938
avverso
l’ordinanza 20 marzo 2013 — Magistrato di Sorveglianza di Torino;
sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Maurizio Barbarisi;
lette le conclusioni scritte del rappresentante del Pubblico Ministero, sostituto Procuratore Generale della Corte di Cassazione, che ha chiesto il rigetto del ricorso con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali;
Data Udienza: 12/12/2013
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale
Ritenuto in fatto
1. — Con ordinanza deliberata in data 20 marzo 2013, depositata in cancelleria
il 21 marzo 2013, il Magistrato di Sorveglianza di Torino dichiarava inammissibile
l’istanza avanzata nell’interesse di Mancuso Antonio volta a ottenere la detenzione
domiciliare ai sensi dell’art. 47 ter comma primo lett. c) e d) OP e rigettava l’istanza
di detenzione domiciliare ex art. 47 ter comma 1 ter avanzata per motivi di salute.
sussistessero i presupposti per la concessione di una misura alternativa stante il
fatto che il prefato stava scontando la pena per reati ex art. 4 bis OP non potendosi
ravvisare l’ipotesi di collaborazione impossibile. Con riferimento alla seconda istanza, veniva rilevato che lo stato di salute non era tale da poterlo ritenere incompatibile con la detenzione in carcere.
2. — Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto
tempestivo ricorso per cassazione Mancuso Antonio chiedendone l’annullamento per
violazione di legge e vizi motivazionali.
In particolare sono stati sviluppati dal ricorrente due motivi:
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a) con il primo motivo di doglianza veniva rilevata la violazione e/o erronea applicazione dell’art. 47 ter comma primo lett. c) e d) in relazione all’art. 4 bis comma
primo OP nonché manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione; il giudice
non aveva tenuto conto del fatto che la sentenza di condanna relativa alla posizione
del prefato aveva accertato l’esistenza del sodalizio mafioso della famiglia Mancuso
mentre tutti i soggetti sono stati condannati, sicché nulla di più poteva essere accertato; né si poteva nello specifico richiedersi una collaborazione del richiedente
per fatti che esulano il procedimento;
b) con il secondo motivo di doglianza veniva rilevata la violazione e/o erronea
applicazione dell’art. 147 comma secondo in relazione all’art. 47 ter comma primo
ter OP nonché manifesta illogicità della motivazione.
Ud. in c.c.: 12 dicembre 2013 — Mancuso Antonio — RG: 24305/13, RU: 15;
In relazione alla prima richiesta, il Tribunale di Sorveglianza ha ritenuto che non
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale
Osserva in diritto
3. — Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di
interesse.
Deve per vero osservarsi che, dall’interrogazione del sistema informatico del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria effettuata in data odierna, è risultato
attesa di nuovo giudizio di merito, ha estinto la pena in esecuzione della quale ha
avanzato la richiesta qui in delibazione. Ne consegue che lo stesso ricorrente, per
mutato titolo detentivo, non ha più, con evidenza, interesse all’accoglimento del
proprio ricorso volto ad accedere a misure alternative cui non ha più diritto. Si impone pertanto la declaratoria di cui in dispositivo, nulla dovendosi decidere sulle
spese processuali.
4. — Deve osservarsi che la sopravvenienza alla proposizione del ricorso per
cassazione di carenza di interesse, determinata da ragione non imputabile al ricorrente, lo esonera dall’obbligo di pagamento delle spese processuali e della sanzione
pecuniaria prevista dall’art. 616 cod. proc. pen., come conseguenze della sua inammissibilità (ex plurimis, Sez. 3, 27 gennaio 2011, n. 6891).
per questi motivi
dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 12 dicembre 2013
Il onsigliere estensore
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che il ricorrente, ancorché attualmente in stato di custodia cautelare per essere in