Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47361 del 22/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 47361 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FERRI LUIGI N. IL 28/02/1968
avverso la sentenza n. 1487/2010 CORTE APPELLO di SALERNO, del
29/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA
SAVINO;

Data Udienza: 22/05/2015

In fatto e in diritto
Ferri Luigi, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per Cassazione avverso la
sentenza della Corte di appello di Salerno emessa in data 29.11.2013 in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Salerno in data 27.4.010 di condanna del predetto per il reato di cui
all’art. 81, 2 L. 683/83 per avere omesso il versamento, nella qualità di legale rappresentante della
F.11i Ferri Andrea e Luigi & C, delle ritenute previdenziali ed assistenziali sulle retribuzioni

Deduce il ricorrente vizio della motivazione con riguardo alla insussistenza del dolo essendo stato il
mancato pagamento delle ritenute determinato dalla gravissima crisi finanziaria dell’impresa
dovuta alla mancata riscossione del crediti vantati verso uffici giudiziari e Forze dell’ordine per le
attività di soccorso stradale svolte dalla società da lui rappresentata.
Rilevava di aver adempiuto agli oneri probatori a suo carico dimostrando, attraverso una copiosa
produzione documentale, l’obbiettiva situazione di illiquidità conseguente ai ripetuti sistematici
ritardi nei pagamenti da parte degli enti pubblici clienti dell’impresa.
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
Secondo costante giurisprudenza di questa Corte, la situazione di difficoltà finanziaria
dell’impresa, non può essere invocata come una esimente dall’adempimento degli obblighi
previdenziali.. Il datore di lavoro, in quanto debitore delle retribuzioni nei confronti dei propri
dipendenti, è, infatti, tenuto a detrarre dalle stesse l’importo delle ritenute assistenziali e
previdenziali che dovranno essere versate all’Erario quale sostituto del soggetto obbligato. Ed è
proprio per effetto di questa doppia funzione del sostituto di adempiere, contemporaneamente, a un
obbligo proprio e a un obbligo altrui, che si ritiene che lo stesso sia vincolato al pagamento delle
ritenute al medesimo titolo per cui è vincolato al pagamento delle retribuzioni.
Da ciò discende un preciso obbligo a carico del sostituto d’imposta di ripartire le risorse esistenti
all’atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da poter adempiere al proprio obbligo
tributario, anche se ciò comporta l’impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare
(Sez. 3^ 25.9.2007 n. 38269, Tafuro, Rv. 237827; idem 5.7.2001 n. 33945 Castellotti, Rv. 219989)..
In tale veste il datore di lavoro è dunque tenuto ad accantonare le somme dovute all’ente
previdenziale.

In tal senso la punibilità della condotta va individuata proprio nel mancato

accantonamento delle somme dovute all’INPS (in nome e per conto del quale tali somme sono state
trattenute), di guisa che non può ipotizzarsi l’impossibilità di versamento per fatti sopravvenuti,
quali la pretesa situazione di illiquidità della società rappresentata.
Discende da ciò l’affermata irrilevanza, sempre sotto il profilo dell’elemento soggettivo, della
situazione di criticità attraversata dal datore di lavoro e anche della circostanza che egli destini

corrisposte ai lavoratori dipendenti.

risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti (Sez. 3^ 19.1.2011 n. 13100, Biglia, Rv.
249917; idem 21.6.2011 n. 29975, Libutti, non massimata ) .
(Sez. 3^ 25.9.2007 n. 38269, Tafuro, Rv. 237827; idem 5.7.2001 n. 33945 Castellotti, Rv. 219989).
Oltretutto la giurisprudenza formatasi in tema di ritenute fiscali alla fonte (materia sostanzialmente
affine a quella in trattazione) ha sempre affermato che quando l’imprenditore, in presenza di una
situazione economica difficile, decida di dare la preferenza al pagamento degli emolumenti ai

l’assenza dell’elemento psicologico del reato, ricorrendo in ogni caso il dolo generico (cfr. oltre alla
giurisprudenza precedentemente citata, v. tra le tante, Sez. 3^, 5.5.1994 n. 7099, Serafini, Rv.
198155; idem 6.10.1993 n. 10579, P.M. in proc. Dini, Rv. 195872).
La giurisprudenza invocata dalla difesa del ricorrente riguarda la diversa ipotesi del mancato
pagamento delle ritenute certificate di cui all’art. 10 bis d.lvo 74/2000, applicabile anche al
mancato versamento dell’imposta sul valore aggiunto, e, comunque non esclude la colpevolezza del
sostituto di imposta per il mancato pagamento delle ritenute di acconto a causa della crisi di
liquidità intervenuta al momento della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione
annuale relativa all’esercizio precedente, a meno che l’imputato non dimostri che le difficoltà
finanziarie non siano a lui imputabili e che le stesse, inoltre, non possano essere altrimenti
fronteggiate con idonee misure anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale. In sostanza,
anche nell’ipotesi di reato prevista dagli art. 10 bis e 10 ter d.lvo 74/2000 , l’imputato può invocare
la assoluta impossibilità di adempiere il debito di imposta, quale causa di esclusione della
responsabilità penale, a condizione che provveda ad assolvere gli oneri di allegazione concernenti
sia il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica che ha investito l’azienda,
sia l’aspetto della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure idonee
da valutarsi in concreto. (Fattispecie in cui la Corte ha considerato irrilevante la mancata riscossione
di crediti osservando che l’inadempimento dei clienti rientra nel normale rischio di impresa).
sez. 3, Sentenza n. 20266 del 08/04/2014 Ud. (dep. 15/05/2014) Rv. 259190
Sez. 3, Sentenza n. 5467 del 05/12/2013 Ud. (dep. 04/02/2014 ) Rv. 258055).
Ferma restando la diversità delle ipotesi di reato cui si riferisce tale giurisprudenza, va comunque
osservato che nel caso di specie l’imputato non ha provato di aver intrapreso azioni giudiziarie per il
recupero dei crediti accumulatisi nel tempo nei confronti degli enti pubblici, suoi debitori.
Quindi la sentenza riportata dalla difesa non è pertinente neppure sotto il profilo dell’assolvimento
dell’onere di allegazione dell’esperimento di tutte le possibili iniziative anche giudiziarivolte al
superamento della crisi di liquidità che potesse consentire il pagamento del debito verso l’Istituto di
previdenza.

dipendenti e di pretermettere il versamento delle ritenute, non può poi addurre a propria discolpa

Quanto al riconoscimento dell’ipotesi del fatto di particolare tenuità di cui all’art. 131 bis c.p.,
invocata dalla difesa del ricorrente con i motivi aggiunti, ritiene questo Collegio che essa non possa
essere accolta in considerazione della pluralità degli episodi di omesso versamento delle ritenute
previdenziali contestati in continuazione, tali da escludere i caratteri della particolare tenuità del
fatto.
Si richiamano i principi enunciati da questa Corte in tema di applicazione dell’ipotesi di cui all’art.

per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen. non può essere dichiarata in presenza
di più reati legati dal vincolo della continuazione, e giudicati nel medesimo procedimento,
configurando anche il reato continuato una ipotesi di “comportamento abituale”, ostativa al
riconoscimento del beneficio.

sez. 3, Sentenza n. 29897 del 28/05/2015 Ud. (dep. 13/07/2015)

Rv. 264034).
Il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile
Segue per legge la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una somma in
favore della cassa delle ammende che si stima equo determinare in euro 1.000.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 22.5.2015

131 bis c.p.p., in presenza di reato continuato secondo cui “la esclusione della punibilità

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