Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47344 del 19/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 47344 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: GALLO DOMENICO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PERCHINUNNO GIANLUIGI N. IL 11/01/1976
avverso la sentenza n. 2253/2004 CORTE APPELLO di BARI, del
28/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO GALLO;

Data Udienza: 19/09/2013

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 28/5/2012, la Corte di appello di Bari, confermava la sentenza del
Tribunale di Foggia, in data 11/6/2004, che aveva condannato Perchinunno Gianluigi alla
pena di anni due, mesi tre di reclusione ed C. 600,00 di multa per il reato di ricettazione di
u n’a utovettu ra.
Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato dolendosi di vizio della motivazione in
relazione alla determinazione della pena.

Il ricorso è inammissibile in quanto fondato su motivi manifestamente infondati.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nell’ipotesi in cui la
determinazione della pena non si discosti eccessivamente dai minimi edittali, il giudice
ottempera all’obbligo motivazionale di cui all’art. 125, comma terzo, cod.pen., anche ove
adoperi espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, ovvero si
richiami alla gravità del reato o alla personalità del reo (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 33773 del
29/05/2007 Ud. (dep. 03/09/2007 ) Rv. 237402). E’ stato, poi, ulteriormente precisato che la
specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in
relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di
gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere
sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del
tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità
del reato o alla capacità a delinquere (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 36245 del 26/06/2009 Ud.
(dep. 18/09/2009) Rv. 245596). Nel caso di specie la pena inflitta è molto al di sotto della
misura media di quella edittale. Pertanto nessuna censura può essere mossa, sotto questo
profilo alla sentenza impugnata.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché — ravvisandosi profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle
ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza
n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00
(mille/00).

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 settembre 2013
Il Consigliere estensore

Il Pr

nte

CONSIDERATO IN DIRITTO

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