Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47343 del 19/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 47343 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: GALLO DOMENICO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CLARIZIO SAVERIO N. IL 19/06/1957
avverso la sentenza n. 606/2006 CORTE APPELLO di BARI, del
29/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO GALLO;

Data Udienza: 19/09/2013

RITENUTO IN FATTO

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto fondato su motivi non consentiti nel giudizio per
cassazione e comunque manifestamente infondati.
Per quanto riguarda la sussistenza dell’elemento soggettivo e la qualificazione
giuridica del fatto le censure del ricorrente sono manifestamente infondate. In punto di
diritto è sufficiente rilevare che la sussistenza dell’elemento soggettivo nel reato di
ricettazione (vale a dire la conoscenza della provenienza delittuosa della cosa) può
desumersi da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dal comportamento
dell’imputato e dalla mancata – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa
ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente
spiegabile con un acquisto in mala fede (Cass. Sez. 2^, 27.2/13.3.1997, n. 2436, Rv.207313;
conf. Sez. 2, Sentenza n. 25756 del 11/0E4008 Ud. (dep. 2506/2008 ) Rv. 241458).
Del resto, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite: “l’elemento psicologico della
ricettazione può essere integrato anche dal dolo eventuale, che è configurabile in presenza
della rappresentazione da parte dell’agente della concreta possibilità della provenienza della
cosa da delitto e della relativa accettazione del rischio ” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 12433 del
26/11/2009 Ud. (dep. 30/03/2010 ) Rv. 246324).
E’ ugualmente inammissibile anche l’eccezione di prescrizione poiché, esse do stata
emessa la pronunzia di primo grado il 6/10/2005, all’entrata in vigore della novella di cui alla
L. 251/2005 il processo era già pendente in grado d’appello.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché — ravvisandosi profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle
ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza
n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00
(mille/00).

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 settembre 2013

Con sentenza in data 29/111/2011, la Corte di appello di Bari, confermava la sentenza del
Tribunale di Bari, in data 6/10/2005, che aveva condannato Clarizio Saverio alla pena di anni
due di reclusione ed C. 516,00 di multa per il reato di ricettazione di parti di un’autovettura
provento di furto.
Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato deducendo violazione di legge e vizio della
motivazione in relazione agli artt. 648 e 712 cod. pen. ed eccependo l’avvenuta prescrizione
del reato

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