Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47341 del 19/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 47341 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: GALLO DOMENICO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SAVOCA MASSIMILIANO N. IL 06/01/1976
SAVOCA FRANCESCO N. IL 26/07/1977
TALAMANCA MIRKO N. IL 06/08/1975
avverso la sentenza n. 2006/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 10/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO GALLO;

Data Udienza: 19/09/2013

RITENUTO IN FATTO

CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorso è inammissibile in quanto fondato su motivi non consentiti nel giudizio per
cassazione e comunque manifestamente infondati.
La Corte territoriale ha preso in considerazione la richiesta di concessione delle
attenuanti generiche e l’ha respinta con motivazione congrua e priva di vizi logico giuridici,
valutando sia il comportamento processuale degli imputati, sia l’intensità del dolo, in
conformità ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.
Ugualmente inammissibili sono le censure in merito al trattamento sanzionatorio in
quanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nell’ipotesi in cui la determinazione della
pena non si discosti eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all’obbligo
motivazionale di cui all’art. 125, comma terzo, cod.pen., anche ove adoperi espressioni come
“pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, ovvero si richiami alla gravità del reato o
alla personalità del reo (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 33773 del 29/05/2007 Ud. (dep. 03/09/2007
) Rv. 237402). E’ stato, poi, ulteriormente precisato che la specifica e dettagliata motivazione
in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per
circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di
quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di
cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo
aumento”, come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (Cass. Sez.
2, Sentenza n. 36245 del 26106/2009 Ud. (dep. 109/2009) Rv. 245596). Nel caso di specie la
pena inflitta è molto al di sotto della misura media di quella edittale. Pertanto nessuna
censura può essere mossa, sotto questo profilo alla sentenza impugnata.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché — ravvisandosi profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle
ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza
n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00
(mille1’00) ciascuno.

Con sentenza in data 10/07/2012, la Corte di appello di Palermo, confermava la sentenza del
Gup presso il Tribunale di Termini lmerese, in data 25/11/2011, che aveva condannato Talamu lta
Mirko alla pena di anni quattro, mesi quattro di reclusione ed C. 1.600,00 di multa per i reati
di rapina e ricettazione; Savoca Francesco alla pena di anni due, mesi dieci e giorni 20 di
reclusione ed C.800,00 di multa per tre episodi di furto; Savoca Massimiliano alla pena di
anni tre, mesi quattro di reclusione ed C.800,00 di multa per sei episodi di furto.
Avverso tale sentenza propongono separati ricorsi tutti e tre gli imputati, dolendosi della
mancata concessione delle attenuanti generiche e del trattamento sanzionatorio.

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 settembre 2013

bEPOSITATAI

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