Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4734 del 12/12/2013


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Penale Ord. Sez. 1 Num. 4734 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

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sul ricorso proposto da:
RECCHIA HUGUES N. IL 07/10/1950
avverso l’ordinanza n. 5706/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
TORINO, del 05/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;
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Data Udienza: 12/12/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 11.953/2013 R. G. *

Udienza del 12 dicembre 2013

Rileva
L — Con ordinanza deliberata il 5 febbraio 2013 e depositata il
7 febbraio 2013, il Tribunale di sorveglianza di Torino ha rigettato le richieste del condannato Hugues Recchia pel rinvio della esecuzione della pena e, gradatamente, per l’applicazione
della detenzione domiciliare, motivando, previa illustrazione
delle patologie psichiatriche e organiche dalle quali è affetto il
detenuto: le condizioni sanitarie del Recchia non sono incompatibili con il regime carcerario, né, comunque, di tale gravità
da rendere la espiazione intramuraria della pena contraria al
senso di umanità ovvero da compromettere il diritto alla salute; concorre, inoltre, a sconsigliare sia il rinvio della esecuzione
della pena, che la applicazione della misura alternativa della
detenzione domiciliare la considerazione della pericolosità sociale del condannato, tenuto conto della pregressa revoca degli
arresti domiciliari e del pericolo di recidiva.
2.— Il condannato ha proposto ricorso per cassazione, col ministero del difensore di fiducia, avvocata Angela Porcelli,
mediante atto recante la data del 7 marzo 2013, depositato 1’8
marzo 2013, col quale dichiara promiscuamente di denunziare,
ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettere b) ed e), cod. proc.
pen., inosservanza o erronea applicazione degli articoli 147,
comma primo, numero 2, cod. pen. e 2 della Costituzione, nonché mancanza e manifesta illogicità della motivazione.
Il difensore, con richiamo dei principi che regolano la materia e
di alcuni arresti di legittimità, illustra le condizioni di salute
del ricorrente, con riferimento alla psicosi, alle patologie organiche, al deperimento ponderale, alla ritenuta ingravescenza
della sindrome; censura che il Tribunale di sorveglianza, col

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Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del
dott. Enrico Delehaye, sostituto procuratore generale della
Repubblica presso questa Corte, il quale ha concluso per la inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa per le ammende.

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Ricorso n. 11.953/2013 R. G.

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Udienza del 12 dicembre 2013

3. — Il procuratore generale della Repubblica presso questa
Corte, mediante atto del 15 luglio 2013, ha obiettato: le doglianze del ricorrente «si risolvono in censure in fatto del provvedimento» impugnato; secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità la «sindrome ansioso depressiva può costituire causa di differimento della pena solo quando sia di tale gravità
da indurre una patologia fisica non fronteggiabile in ambiente
carcerario ovvero da rendere l’espiazione della pena contraria, per
le eccessive sofferenze, al senso di umanità»; rilevano altresì negativamente le condizioni sulla pericolosità del detenuto.
4.-11 ricorso è manifestamente infondato.
4.1 — Non ricorre — alla evidenza — il vizio della violazione di
legge:
—né sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a
quo applicato una determinata disposizione in relazione
all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);
—né sotto il profilo della erronea applicazione, avendo Corte di
appello esattamente interpretato le norme applicate, alla luce
dei principi di diritto fissati da questa Corte.
4.2 — Neppure manifestamente ricorre vizio alcuno della motivazione.
Il giudice a quo ha dato conto adeguatamente — come
illustrato nella narrativa che precede — delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione

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negativo apprezzamento, avrebbe travisato le risultanze cliniche; sostiene, conclusivamente, che la infermità di cui Recchia
è portatore e incompatibile colla espiazione intramuraria della
pena e che la protrazione della carcerazione contrasta col senso
di umanità.

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Ricorso n. 11.953/2013 R. G. *

Udienza del 12 dicembre 2013

Né questa Corte rileva nel tessuto motivazionale del provvedimento impugnato il vizio della illogicità manifesta che
consegue alla violazione di alcuno degli altri principi della logica formale, ovvero alla invalidità (o scorrettezza)
dell’argomentazione per carenza di connessione tra le premesse della abduzione o di ogni plausibile nesso di inferenza tra
le stesse e la conclusione (v.., per tutte, da ultima: Sez. Un. n.
20804 del 29/11/2012 — dep. 14/05/13, Aquilina e altri, non
massimata sul punto).
Per vero i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benché inscenati sotto la prospettazione di vitia della
motivazione e del -travisamento delle risultanze cliniche, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito: a fronte della
ricostruzione e della valutazione del giudice a quo il difensore
non offre (così come impone la osservanza del principio di
autosufficienza del ricorso, v. Cass., Sez. I, 29 novembre 2007,
n. 47499, Chialli, massima n. 238333; Sez. Feriale, 13 settembre 2007, n. 37368, Torino, massima n. 237302; Sez. VI, 19 dicembre 2006, n. 21858, Tagliente, massima n. 236689; Sez. I,
18 maggio 2006, n. 20344, Salaj, massima n. 234115; Sez. I, 2
maggio 2006, n. 16223, Scognamiglio, massima n. 233781; Sez.
I, 20 aprile 2006;n. 20370, Simonetti, massima n. 233778) la
compiuta rappresentazione e dimostrazione, di alcuna evidenza (pretermessa ovvero infedelmente rappresentata
dal giudicante) di per sé dotata di univoca, oggettiva e immediata valenza esplicativa, tale, cioè, da disarticolare, a prescindere da ogni soggettiva valutazione, il costrutto argomentativo della decisione impugnata, per l’intrinseca incompatibilità degli enunciati (Cass., Sez. I, 14 luglio 2006, n. 25117, Stojanovic, massima n. 234167 e Cass., Sez. I, 15 giugno 2007, n.
24667, Musumeci, massima n. 237207); bensì oppone la pro-

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(v. per tutte: Cass., Sez. I, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella,
massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. IV, 2 dicembre
2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta
a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità.

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Ricorso n. 11.953/2013

R. G.

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Udienza del 12 dicembre 2013

p ria valutazione e la propria ricostruzione dei fatti di causa
e del merito del giudizio.

4.3 — Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché — valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della
impugnazione — al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000
(mille) alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 12 dicembre 2013.

Sicché le censure, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili a’ termini dell’articolo 606, comma 3, cod. proc.
pen.

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