Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47333 del 18/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 47333 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: FOTI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
JOCIC BOBAN N. IL 17/09/1982
avverso la sentenza n. 121/2013 TRIBUNALE di TIVOLI, del
21/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;

i

Data Udienza: 18/09/2013

Ritenuto in fatto.
Con sentenza del 21 gennaio 2013, il Tribunale di Tivoli ha applicato, ex art. 444 cod. proc.
pen., a Jocic Boban -imputato del delitto di cui agli artt. 110, 56, 624 bis, 625 n. 2 cod. pen.-,
la pena concordata tra le parti.
Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione l’imputato, che deduce la violazione
dell’art. 129 cod. proc. pen. per non essere il giudice pervenuto ad una sentenza assolutoria.

Il ricorso è manifestamente infondato, oltre che generico.
In realtà, contrariamente a quanto si sostiene dal ricorrente, il giudice, nell’applicare la
pena concordata, ha preso e dato atto del fatto che dalle emergenze processuali si presentava
evidente l’assenza dei presupposti per l’applicazione della norma oggi invocata; ciò anche
alla stregua di quanto segnalato nel verbale di arresto in flagranza.
Il ricorrente, d’altra parte, non indica le ragioni per le quali ritiene che avrebbe dovuto
applicarsi la predetta norma e non considera, nel formulare le sue generiche censure, che al
giudice, nell’ipotesi di pena concordata tra le parti, non spettano particolari obblighi
motivazionali o di approfondimento dei fatti contestati, sostanzialmente ammessi
dall’imputato che ha chiesto di patteggiare la pena, bensì solo di accertare, oltre che la
corretta qualificazione degli stessi e la congruità della pena concordata, l’eventuale presenza
di cause di non punibilità che impongano l’immediata relativa declaratoria, ex art. 129 c.p.p.
Compito al quale, nel caso di specie, ha regolarmente atteso il giudice del merito.
Il ricorso deve essere, dunque, dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della cassa
delle ammende, di una somma che si ritiene equo determinare in euro 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 18 settembre 2013.

Considerato in diritto.

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