Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47330 del 18/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 47330 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: FOTI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CARUGNO LUCA N. IL 26/06/1967
avverso la sentenza n. 223/2013 TRIBUNALE di RIMINI, del
23/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;

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Data Udienza: 18/09/2013

Ritenuto in fatto.

Considerato in diritto.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, non solo perché tende a rimettere in
discussione i termini dell’accordo finalizzato all’applicazione della pena oggetto del
patteggiamento (ciò che, come ripetutamente ha affermato questa Corte, non è consentito a
nessuna delle parti, salvo i casi di palese violazione di legge), ma anche perché
contrariamente a quanto si sostiene nel ricorso, il giudice, nell’applicare la pena concordata,
ha preso e dato atto del fatto che dalle emergenze processuali si presentava evidente l’assenza
dei presupposti per l’applicazione della norma oggi invocata, ricordando, non solo che
l’imputato è stato arrestato perché sorpreso, su indicazione del derubato, a detenere gli
oggetti appena sottratti (un giubbotto ed un paio di occhiali), ma anche che lui stesso aveva
reso dichiarazioni confessorie.
Il ricorrente, d’altra parte, non tiene in alcun conto il fatto che al giudice del merito,
nell’ipotesi di pena concordata tra le parti, non spettano particolari obblighi di
approfondimento dei fatti contestati, sostanzialmente ammessi dall’imputato che ha chiesto
di patteggiare la pena, bensì solo di accertare, oltre che la corretta qualificazione degli stessi,
la congruità della pena concordata e l’eventuale presenza di cause di non punibilità che
impongano l’immediata relativa declaratoria, ex art. 129 c.p.p.
Compito al quale ha regolarmente atteso quel giudice, che ha puntualmente esaminato
anche il tema della sanzione da applicare, ritenuta quella concordata congrua ed adeguata alla
gravità dei fatti addebitati. In tale contesto, del tutto improponibile si presenta la doglianza
relativa alla mancata concessione delle attenuanti generiche che, rimaste estranee all’accordo,
giustamente non sono state neanche prese in considerazione dal giudice.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della cassa delle
ammende, di una somma che si ritiene equo determinare in euro 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 18 settembre 2013.

Con sentenza del 23 gennaio 2013, il Tribunale di Rimini, in composizione monocratica,
sull’accordo delle parti, ha applicato, ex art. 444 cod. proc. pen., a Carugno Luca -imputato
del delitto di cui agli artt. 624, 625 n. 2 e 7, 61 n. 5 cod. pen. -escluse le aggravanti di cui
agli artt. 625 n. 2 e 61 n.5 cod. pen. e con la recidiva contestata, applicata la diminuente del
rito- la pena di otto mesi di reclusione e 200,00 euro di multa.
Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione l’imputato, il quale lamenta che il
giudice non abbia emesso sentenza assolutoria e neanche abbia escluso la residua aggravante
né riconosciuto le circostanze attenuanti generiche.

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