Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4731 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 4731 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
n. il 18 maggio 1971

Pangia Francesco

avverso
l’ordinanza 19 luglio 2012 — GIP del Tribunale di Torino;
sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Maurizio Barbarisi;
lette le conclusioni scritte del rappresentante del Pubblico Ministero, sostituto Procuratore Generale della Corte di Cassazione, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle Ammende;

Data Udienza: 12/12/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

Ritenuto in fatto
1. — Con ordinanza deliberata in data 19 luglio 2012, depositata in cancelleria il
26 luglio 2012, il GIP del Tribunale di Torino, quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di Pangia Francesco volta a ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. in
relazione alle condanne ivi indicate.

zioni per il riconoscimento dell’unicità del disegno criminoso, stante la non contiguità temporale e la diversità dei fatti accertati di cui alle sentenze recate nell’istanza e
l’insufficienza a tal fine del lamentato stato di tossicodipendenza quale elemento
unificante sotto il profilo della preordinazione comune.
2. — Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto
tempestivo ricorso per cassazione Pangia Francesco chiedendone l’annullamento per
vizi motivazionali.
Con l’unico motivo di gravame il ricorrente ha rilevato la nullità della sentenza
per carenza di motivazione.
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Osserva in diritto
3. — Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile con ogni dovuta conseguenza di legge.
3.1 — Il Giudice dell’esecuzione ha per vero fatto corretta applicazione delle
norme di legge e dei principi più volte affermati da questa Corte (v. Cass., Sez. 1, 7
aprile 2004, n. 18037, Tuzzeo, rv. 229052) circa l’inidoneità di mere situazioni soggettive ad integrare l’identità del disegno criminoso di cui all’art. 81 cpv. cod. pen.
e che, del pari, è consolidata l’affermazione della radicale diversità dell’identità della
spinta criminosa o del movente pratico individuabile alla base di plurime violazioni
della legge penale rispetto alla medesimezza del disegno criminoso che deve cementare i vari episodi di un reato continuato; è da ritenersi altresì consolidato il
principio secondo cui all’istante incombe un onere di allegazione di elementi specifici e concreti da cui desumere la fondatezza o meno dell’assunto (Cass., Sez. 5, 4
marzo 2004, n. 18586, rv. 229826; conformi ex plurimis Cass. n. 5518 del 1995; n.
77 del 1995; n. 4437 del 1994; n. 898 del 1993), irrilevante essendo, in difetto di
tali dati sintomatici, il mero riferimento alla relativa contiguità cronologica od

Ud. in c.c.: 12 dicembre 2013 — Pangia Francesco — RG: 40383/13, RU: 1;

Il giudice argomentava la propria decisione rilevando l’insussistenza delle condi-

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

all’analogia criminogena dei diversi fatti, (come l’indicato stato di tossicodipendenza, insufficiente a individuare di per sé solo una programmazione criminosa unitaria
in carenza di una prova specifica sul punto) indici, per lo più, come ritenuto nella
specie, di abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione di illeciti penali piuttosto che di attuazione di un medesimo
progetto criminoso, unitariamente concepito e deliberato, sia pure nelle sue linee
essenziali. Occorre infatti rilevare che l’art. 671 cod. proc. pen., comma primo, cod.

quale “fra gli elementi che incidono sull’applicazione del reato continuato vi è la
consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza”, si limita ad
indicare che di tale stato si deve tener conto nella valutazione della sussistenza o
meno della unitarietà del disegno criminoso, senza prevedere però che lo stato di
tossicodipendenza sia di per sé elemento decisivo ai fini della valutazione della unitarietà di tale disegno (Cass., Sez. 1, 28 marzo 2006, n. 12638, Marino; Sez. 1, 7
novembre 2006, n. 39704, rv. 235045).
3.2. — Ciò posto, il Collegio osserva che il ricorso, più che individuare singoli
aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, tende a provocare
una nuova, non consentita rivalutazione delle circostanze di fatto che, in quanto tale, è insindacabile in questa sede di legittimità, mentre il provvedimento gravato,
nella carenza di allegazione da parte dell’istante di elementi concreti da cui dedurre
la medesimezza del disegno criminoso, presupposto indefettibile per l’applicazione
dell’istituto invocato, ha correttamente motivato il diniego dell’istanza alla luce della
condizione invocata di tossicodipendenza. È stato infatti evidenziato, tra l’altro, la
non contiguità temporale dei fatti illeciti, la loro commissione in luoghi e con sodali
differenti, la loro disomogeneità e, addirittura, la commissione di alcuni fatti dopo il
passaggio in giudicato di alcune sentenze di condanna, suggellando così la frattura
ideativa di un preteso comune piano criminoso. Lo status di tossicodipendente
menzionato dal richiedente non ha peraltro chiarito sotto quale profilo le pulsioni a
delinquere, a prescindere dalla medesimezza della necessità per il Pangia di procacciarsi il danaro per alimentare il proprio vizio, abbia costituito un terreno comune di
programmazione e non invece l’ordinaria reiterazione di una diversa istanza delinquenziale.
Il giudice ha dunque valutato in modo analitico il contenuto delle diverse sentenze indicate in ricorso pervenendo alla conclusione, all’esito della compiuta disamina delle stesse decisioni, con motivazione congrua, adeguata e priva di erronea

Ud. in c.c.: 12 dicembre 2013 — Pangia Francesco — RG: 40383/13, RU: 1;

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proc. pen., così come modificato dall’art. 4 vicies della I. n. 49 del 2006 secondo il

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

applicazione delle leggi penale e processuale, della sussistenza di un’ostatività (non
superabile) al riconoscimento della continuazione.
4. — Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), al versa-

per questi motivi
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 (mille) alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 12 dicembre 2013

Il onsigliere estensore

mento della somma di C 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.

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