Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47285 del 12/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 47285 Anno 2015
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: RICCIARELLI MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MARRONE MAURIZIO N. IL 23/12/1979
avverso la sentenza n. 2116/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
13/01/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MASSIMO RICCIARELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. MOLO C hitlef1/41-L
che ha concluso per i 94 kotiv Lua m& w-r9 C oli g(i/Vi

\Uài per –,la parte civile, l’Avv
“»,

Uditi difeiiser, Avv.

Data Udienza: 12/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 13-1-2014 la Corte di Appello di Firenze ha confermato
la sentenza di condanna di Marrone Maurizio alla pena di anni due e mesi due di
reclusione pronunciata con rito abbreviato dal GIP del Tribunale di Lucca per il
reato di cui agli artt. 337 e 339 co. 3 cp.

2. Ha presentato ricorso il difensore del Marrone, articolando un unico

violazione degli artt. 178 e ss., 420 e ss., 97 cod. proc. pen., in relazione agli
artt. 11 Cost e 6 C.E.D.U. con erronea applicazione della legge ex art. 606,
comma 1, lett. b), cod. proc. pen..
Il difensore dell’imputato dinanzi alla Corte territoriale aveva fatto pervenire
comunicazione di adesione ad astensione dalle udienze proclamata dall’Unione
Italiana delle Camere Penali, ma la Corte aveva proceduto oltre, nel presupposto
che, trattandosi di udienza camerale, non era obbligatoria la presenza del
difensore.
Richiamando giurisprudenza della sesta sezione penale della Corte di
cassazione, alla cui stregua l’astensione si sarebbe dovuta considerare
espressione di un diritto di libertà, che non può essere conculcato con la
compressione del ruolo professionale nel singolo procedimento, il ricorrente
deduceva che non si sarebbe potuta fare differenza tra procedimenti a
partecipazione necessaria e procedimenti a partecipazione facoltativa,
conseguendo comunque dal mancato rinvio la eccepita nullità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.
1.1. Il difensore dell’imputato aveva fatto pervenire tempestiva
dichiarazione di adesione all’astensione dalle udienze, legittimamente proclamata
dall’organismo di categoria.
Benché si trattasse di procedimento disciplinato dall’art. 599 cod. proc. pen.,
che richiama le forme stabilite dall’art. 127 cod. proc. pen., e benché dunque
non fosse prevista la partecipazione obbligatoria del difensore, quest’ultimo,
nell’esercizio di un diritto di libertà, costituzionalmente garantito, aveva diritto al
rinvio dell’udienza.
1.2. Deve sul punto richiamarsi il principio affermato dalle Sezioni Unite
della Corte di cassazione secondo cui a seguito della dichiarazione di adesione
del difensore all’astensione dalla partecipazione alle udienze proclamata dagli

motivo:

organismi rappresentativi della categoria, la mancata concessione da parte del
giudice del rinvio della trattazione dell’udienza camerale in presenza di
dichiarazione effettuata o comunicata nei modi e con le forme di cui all’art. 3 del
codice di autoregolamentazione determina una nullità per la mancata assistenza
dell’imputato ai sensi dell’art. 178 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., che ha
natura assoluta, ove si tratti di udienza camerale a partecipazione necessaria del
difensore, ovvero natura intermedia negli altri casi (Cass. Sez. U. n. 15232 del
30/10/2014, dep. nel 2015, Tibò, rv. 263021).

Corte di cassazione, che attraverso due sentenze delle Sezioni Unite (Cass. Sez.
U. n. 26711 del 30/5/2013, Ucciero, rv. 255346, e Cass. Sez. U. n. 40187 del
27/3/2014, Lattanzio, rv. 259926 e 259927) aveva rilevato come dopo la
sentenza della Corte costituzionale n. 171 del 1996, che aveva riconosciuto
all’astensione degli avvocati natura di diritto di libertà costituzionalmente
garantito, fosse intervenuta la legge 11 aprile 2000, n. 83, che, modificando la
legge 12 giugno 1990, n. 146, aveva introdotto l’art. 2 bis, alla cui stregua era
stato affidato al codice di autoregolamentazione, sottoposto al controllo della
Commissione di garanzia, il compito di operare un equilibrato bilanciamento degli
interessi in gioco.
In tal modo secondo le Sezioni Unite della Corte di cassazione il codice di
autoregolamentazione aveva assunto natura di normativa secondaria, idonea a
disciplinare la materia dell’astensione collettiva degli avvocati dalle udienze,
secondo i criteri di competenza o di specialità, senza che potesse ravvisarsi una
reale antinomia rispetto alle norme del codice di procedura penale, secondo un
criterio gerarchico.
La più recente sentenza n.15232, Tibò, ha risolto la questione concernente
la rilevanza dell’adesione ad astensione di categoria anche nel caso di
procedimenti nei quali non sia necessaria la presenza del difensore: le Sezioni
unite hanno osservato che l’astensione costituisce espressione di un diritto di
libertà e non è riconducibile all’alveo del legittimo impedimento, cosicché nulla
rileva che la disciplina processuale con riferimento a taluni tipi di procedimento
non attribuisca rilevanza all’impedimento del difensore.
Si è in particolare affermato che il legittimo impedimento è funzionale al
diritto di difesa dell’imputato, il cui esercizio può essere diversamente modulato
in relazione al tipo di procedimento, mentre l’adesione all’astensione di categoria
è funzionale all’esercizio di un diritto costituzionale del difensore, impregiudicati
semmai eventuali profili di illegittimità costituzionale in ordine all’irrilevanza in
taluni tipi di procedimenti dell’impedimento a comparire del difensore.

E’ stato portato in tal modo a compimento un percorso già avviato dalla

4.•

Si è aggiunto che l’art. 3 del codice di autoregolamentazione non opera
distinzione, ai fini dell’esercizio del diritto all’astensione, tra i procedimenti per i
quali sia prevista la partecipazione, pur non necessaria, da parte del difensore.
Di qui la conclusione che l’adesione all’astensione, pur non integrando
impedimento, impone il rinvio della trattazione dell’udienza.

2. Poiché nel caso di specie era pervenuta alla Corte di Appello di Firenze la
dichiarazione di adesione del difensore all’astensione dalle udienze, dichiarazione

dell’udienza non era stata rinviata, si configura alla luce dei condivisi principi
affermati dalle Sezioni Unite, la nullità di tipo intermedio del giudizio di appello
eccepita con il motivo di ricorso.

3. Va solo osservato che il difensore aveva trasmesso una dichiarazione di
adesione, non corredata da specifica istanza di rinvio.
Peraltro tale dichiarazione sarebbe dovuta intendersi come rivelatrice della
volontà di esercitare il relativo diritto costituzionalmente garantito, il quale, come
rilevato dalle Sezioni Unite nella citata sentenza Tibò, «costituisce di per sé la
ragione che giustifica il rinvio» (cfr. pag. 19): ben si spiega che il principio di
diritto affermato da detta sentenza (pag. 22) sia incentrato sull’obbligo del rinvio
«in presenza di una dichiarazione di astensione del difensore, legittimamente
proclamata dagli organismi di categoria ed effettuata nelle forme e nei termini di
cui all’art. 3, comma 1, del vigente codice di autoregolamentazione», norma che
in effetti non richiede altro che la manifestazione della volontà di adesione.
Tale manifestazione riassume invero il contenuto del diritto che si è inteso
esercitare, sottendendo la volontà di astensione e di non partecipazione alla
trattazione dell’udienza.
Contrariamente a quanto ritenuto in una recente pronuncia della Corte di
cassazione (Cass. Sez. 2, n. 18681 del 15/1/2015, Recupero, rv. 2637711), non
sembra che sia necessaria in aggiunta anche l’univoca manifestazione della
volontà di presenziare, giacché il diritto si risolve proprio nella mancata
partecipazione, anche nel caso in cui si tratti di procedimento a partecipazione
non necessaria, mentre la manifestazione della volontà di adesione all’astensione
esprime di per sé un atteggiamento di attenzione verso il procedimento in corso,
senza che sia concretamente configurabile (secondo quanto invece prefigurato
nella richiamata pronuncia) il pericolo di uno spostamento della «dichiarazione di
astensione sul crinale della testimonianza associativa di categoria con potenziale
collegamento verso il tema dell’abuso del processo, derivante dalla
configurazione, in via ipotetica e astratta, anche di un possibile uso strumentale

che risulta inserita nel verbale di udienza, e poiché nondimeno la trattazione

della dichiarazione di adesione individuale all’astensione collettiva, finalizzata
non ad esercitare entrambi i diritti in oggettivo conflitto».
In realtà il principio affermato dalle Sezioni Unite muove dall’assunto che
l’adesione sia legittima in quanto rispettosa dei limiti e delle modalità individuate
dal codice di autoregolamentazione, cui spetta di assicurare il bilanciamento
degli interessi potenzialmente confliggenti, cosicché il rispetto di quei limiti e di
quelle modalità, a prescindere dal tipo di procedimento, deve ritenersi di per sé
sufficiente, senza che possa spostarsi l’analisi sul versante dell’abuso del

interessi.

4. In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve
essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio a diversa sezione della Corte di
appello di Firenze.

P. Q. M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione
della Corte di appello di Firenze.
Così deciso in Roma, il 12/11/2015

Il Consigliere estensore

41 Preside

processo e che possano ravvisarsi pericoli di non esatto bilanciamento degli

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