Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4726 del 20/11/2013
Penale Sent. Sez. 1 Num. 4726 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CASSANO MARGHERITA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MAJID MIHAMAD N. IL 01/12/1970
avverso l’ordinanza n. 24/2012 CORTE ASSISE di MILANO, del
11/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;
cY–t
lette/ne le conclusioni del PG Dott. C
Uditi difensor Avv.;
Data Udienza: 20/11/2013
Ritenuto in fatto.
1.L’l 1 aprile 2013 la Corte d’assise di Milano, in funzione di giudice
dell’esecuzione, dichiarava non luogo a provvedere in ordine alla richiesta avanzata
da Majid Muhammad, volta ad ottenere il nuovo calcolo della pena mediante la
detrazione, a titolo di presofferto, del periodo dal 25 maggio 2005 al 26 gennaio
2006, essendosi già proceduto in tal senso nell’ordine di carcerazione. In proposito
estradizionali il 25 maggio 2005, in accoglimento della richiesta di estradizione
avanzata dalle Autorità italiane sulla base della sentenza di condanna a dieci anni di
reclusione (irrevocabile il 4 luglio 2008) pronunciata il 21 settembre 2006 dalla
Corte d’assise di Milano in relazione ai delitti previsti dagli artt. 81 cpv, 110, 270bis, 648 c.p., 12 d. Igs. n. 286 del 1998 e successive modifiche. L’estradizione era
stata materialmente eseguita il 26 gennaio 2006.
Il giudice dell’esecuzione rigettava, invece, la domanda tesa ad ottenere la
detrazione del periodo di detenzione asseritamente sofferta in Siria a partire dal 4
aprile 2003, rilevando che dagli atti acquisiti non emergeva tale carcerazione per
questo titolo, come del resto desumibile dal lungo lasso di tempo trascorso in attesa
dell’estradizione.
2.Avvwerso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione Majid
Muhamad, il quale lamenta violazione di legge e vizio della motivazione con
riferimento all’omesso computo del presofferto di due anni, subito a partire dal 4
aprile 2003, data in cui le Autorità siriane avevano proceduto al suo arresto
Osserva in diritto.
Il ricorso è manifestamente infondato.
1.L’atto d’impugnazione deve indicare le ragioni addotte a sostegno della
richiesta. La funzione tipica dell’impugnazione è, infatti, quella della critica
argomentata del provvedimento cui si riferisce. Di conseguenza l’atto di »gravame
deve contenere, a pena di inammissibilità, le ragioni di diritto che sorreggono la
richiesta di annullamento del provvedimento impugnato. Il requisito della
specificità dei motivi d’impugnazione è richiesto dal combinato disposto degli artt.
581, lett. c) e 591, comma 1, lett. c), c.p.p. ed implica per la parte impugnante
osservava che Majid Muhammad era stato arrestato provvisoriamente a fini
l’onere non solo di indicare con esattezza i punti oggetto di gravame, ma di
spiegare anche le ragioni per le quali si ritiene ingiusta o contra legem la decisione,
all’uopo evidenziando, in modo preciso e completo, anche se succintamente, gli
elementi di fatto e di diritto che si pongono a fondamento delle censure, per
consentire al giudice del gravame l’esercizio del potere di controllo sul
provvedimento impugnato.
2.Nel caso in esame il ricorrente si è limitato a riproporre le censure già in
provvedimento impugnato e di fornire elementi specifici idonei a confutare le
motivazioni addotte dal giudice dell’esecuzione.
3.Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Cost.
sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di mille euro alla cassa delle
ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso, in Roma, il 20 novembre 2013.
precedenza dedotte, omettendo di tenere conto delle argomentazioni sviluppate nel